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L’Influenza dei Profeti sulla evoluzione dell’Umanità

1
UNA LEGGE UNIVERSALE REGGE LA NATURA

La natura è quella condizione, quella realtà, che esteriormente è sorgente della vita e della morte o, in altre parole, della composizione e della decomposizione di tutte le cose.

La natura è soggetta a una solida organizzazione, a leggi inviolabili, a un ordine perfetto, a un disegno impeccabile, dai quali non si scosta mai, a tal punto che, se osservate con l’occhio dell’intuito e del discernimento tutte le cose, dal più piccolo atomo invisibile ai corpi più grandi del mondo dell’esistenza, come il sole o le altre grandi stelle e sfere luminose, scoprirete che essi sono tutti perfettamente organizzati, quanto a ordine, composizione, forma e moto, e che sono tutti sottoposti a una legge dalla quale non si discostano mai.

Ma se osservate la natura, noterete che essa non ha né consapevolezza né volontà. Per esempio, la natura del fuoco è di ardere ed esso arde senza consapevolezza o volontà. La natura dell’acqua è scorrere ed essa scorre senza consapevolezza o volontà. La natura del sole è irradiare luce ed esso risplende senza consapevolezza o volontà. La natura del vapore è di salire ed esso sale senza consapevolezza o volontà. È evidente dunque che i movimenti naturali di tutte le cose sono coatti e che nulla si muove volontariamente tranne gli animali e, in particolare, l’uomo.

L’uomo è capace di resistere e di opporsi alla natura, perché scopre la natura delle cose e, grazie a questa scoperta, ha il sopravvento su di essa. In verità, tutte le tecniche che l’uomo ha inventato derivano da questa scoperta. Per esempio, egli ha inventato il telegrafo che collega l’Oriente e l’Occidente. È dunque evidente che l’uomo domina la natura.

Ora, è possibile dire che questa organizzazione, questo ordine e queste leggi che si osservano nell’esistenza siano un effetto della natura, quando essa non ha né consapevolezza né comprensione? È dunque evidente che la natura, che non possiede né consapevolezza né comprensione, è assoggettata al Signore onnipotente, Che è il Sovrano del mondo della natura e che gli fa manifestare qualunque cosa Egli voglia.

Alcuni dicono che l’esistenza umana è una delle cose che sono apparse nel mondo dell’essere e che sono dovute alle esigenze della natura. Se ciò fosse vero, l’uomo sarebbe il ramo e la natura la radice. Ma è mai possibile che nel ramo siano presenti la volontà, la consapevolezza e alcune perfezioni che sono assenti nella radice?

Pertanto è chiaro che la natura, nella sua essenza, è soggetta al potere di Dio e che Egli è l’Eterno e l’Onnipotente Che la sottomette a leggi e principi organizzatori ideali e Che la governa.

2
PROVE DELL’ESISTENZA DI DIO

Una delle prove e delle argomentazioni a favore del-l’esistenza di Dio è il fatto che l’uomo non si è creato da se stesso, ma è stato creato e plasmato da qualcun altro. È certo e incontrovertibile che il creatore dell’uomo non è simile all’uomo, perché una creatura impotente non può creare un altro essere e un creatore attivo deve possedere tutte le perfezioni per produrre la sua opera.

È mai possibile che l’opera sia perfetta e l’artefice imperfetto? È possibile che un quadro sia un capolavoro e il pittore imperfetto nell’arte, sebbene ne sia l’artefice. No. Il quadro non può essere come il pittore, altrimenti si sarebbe dipinto da solo. E per quanto perfetto, il quadro, paragonato al pittore, è del tutto inadeguato.

Perciò il mondo contingente è la sorgente delle imperfezioni e Dio è l’origine delle perfezioni. Le imperfezioni del mondo contingente sono di per sé una prova delle perfezioni di Dio. Per esempio, se considerate l’uomo, vedete che egli è debole e che la debolezza della creatura è una prova della forza di Uno Che Eterno e Onnipotente, perché se non esistesse la forza, non si potrebbe immaginare la debolezza. Quindi, la debolezza della creatura è una prova della forza di Dio. Se non esistesse la forza, non esisterebbe nemmeno la debolezza. Perciò la debolezza rende evidente che nel mondo esiste la forza.

Nel mondo contingente esiste anche la povertà. Quindi, deve esistere la ricchezza perché nel mondo possa esistere la povertà. Nel mondo contingente esiste l’ignoranza. Quindi deve esistere il sapere perché possa esistere l’ignoranza. Se non esistesse il sapere, non potrebbe esistere nemmeno l’ignoranza, perché l’ignoranza è l’inesistenza del sapere e, se non esistesse l’inesistenza, non potrebbe esistere nemmeno l’esistenza.

È certo che tutto il mondo contingente è soggetto a un ordine e a una legge ai quali esso non può disobbedire. Anche l’uomo è costretto a sottostare alla morte, al sonno e ad altre condizioni. Vale a dire, in alcuni particolari l’uomo è costretto e questa stessa costrizione implica l’esistenza di Uno Che costringe tutti. Dato che il mondo contingente è caratterizzato dalla dipendenza e dato che la dipendenza è un suo requisito essenziale, pertanto deve esistere Uno Che nella Sua Essenza è indipendente da tutte le cose. Analogamente, l’esistenza di una persona ammalata dimostra che deve esistere una persona sana, perché senza l’esistenza della seconda non si potrebbe dimostrare l’esistenza della prima.

Diventa perciò evidente che esiste Uno Che è Eterno e Onnipotente e Che è la somma di tutte le perfezioni, perché altrimenti sarebbe uguale alle creature. Analogamente nel mondo dell’esistenza la minima cosa creata dimostra l’esistenza di un creatore. Per esempio, questo pezzo di pane dimostra che esiste un panettiere.

O Benevolo Iddio! Il cambiamento che si produce nella forma della minima cosa dimostra l’esistenza di un creatore. Com’è dunque possibile che questo vasto, sconfinato universo si sia creato da sé e sia venuto all’esistenza unicamente per le reciproche interazioni degli elementi? Questa supposizione è chiaramente sbagliata.

Queste sono argomentazioni teoriche addotte per anime deboli. Ma se l’occhio della visione interiore si dischiude, si vedranno centomila prove. Perciò l’uomo che percepisce lo spirito onnipresente non ha bisogno di argomentazioni per dimostrarne l’esistenza. Ma per coloro cui manca la grazia dello spirito, è necessario addurre argomentazioni esteriori.

3
LA NECESSITÀ DI UN EDUCATORE

Quando consideriamo l’esistenza, vediamo che i mondi minerale, vegetale, animale e il regno umano, hanno tutti bisogno di un educatore.

Senza l’agricoltore, la terra diventa una selva di erbacce rigogliose. Ma se arriva un contadino a coltivarla, il raccolto che vi nasce dà sostentamento agli esseri viventi. È dunque evidente che la terra ha bisogno di un contadino che la coltivi. Considerate gli alberi. Incolti non danno frutti e senza frutti non servono a nulla. Ma affidati alle cure di un giardiniere, gli alberi sterili fruttificano e, coltivati, innestati e trapiantati, alberi che producevano frutti amari producono frutti dolci. Queste sono argomentazioni razionali delle quali i popoli del modo hanno oggi bisogno.

Considerate ora gli animali. Un animale addestrato diventa domestico, mentre l’uomo, lasciato senza educazione, diventa un animale. In verità, abbandonato alla legge della natura, egli diventa inferiore a un animale. Ma, educato, diventa come un angelo. Infatti la maggior parte degli animali non divorano i membri della propria specie. Ma gli abitanti del Sudan, nel centro dell’Africa, si sbranano e si mangiano a vicenda.

Riflettete. L’educazione assoggetta l’Oriente e l’Occidente al dominio dell’uomo, produce tutti questi meravigliosi mestieri, promuove arti e scienze grandiose e dà origine a nuove scoperte e imprese. Se non ci fosse un educatore, non si potrebbero acquisire gli strumenti del benessere, la civiltà e le virtù umane. Abbandonato in un luogo deserto, dove non vedesse nessuno dei propri simili, un uomo diverrebbe sicuramente un bruto. È quindi evidente che è necessario avere un educatore.

Ma l’educazione è di tre specie: materiale, umana e spirituale. L’educazione materiale si occupa della crescita e dello sviluppo del corpo e consiste nell’assicurarne il sostentamento e nell’ottenere gli strumenti per sua facilità e comodità. Essa è comune all’uomo e all’animale.

L’educazione umana invece consiste nella civiltà e nel progresso, vale a dire, buon governo, ordine sociale, benessere dell’uomo, commerci e industrie, arti e scienze, importanti scoperte e grandi imprese, che sono le caratteristiche centrali che distinguono gli uomini dagli animali.

Quanto all’educazione divina, è l’educazione del Regno e consiste nell’acquisizione delle perfezioni divine. Essa è la vera educazione, perché grazie ad essa l’uomo diventa il centro focale delle benedizioni divine, la personificazione del versetto: «Facciamo l’uomo alla nostra immagine e secondo la nostra somiglianza».1 Questo è lo scopo finale del mondo dell’umanità.

Ci occorre dunque un educatore che sia al tempo stesso un educatore materiale, umano e spirituale, sì che la sua autorità abbia effetto su tutti i gradi dell’esistenza. E se qualcuno dicesse: «Sono dotato di ragione e comprensione perfette e non ho bisogno di questo educatore» negherebbe l’evidenza. È come se un bambino dicesse: «Non ho bisogno di educazione, ma agirò e cercherò le perfezioni dell’esistenza secondo il mio pensiero e la mia intelligenza», o come se un cieco affermasse: «Non ho alcun bisogno della vista, perché ci sono molti ciechi che ce la fanno».

È dunque chiaro ed evidente che l’uomo ha bisogno di un educatore. Questo educatore deve essere indiscutibilmente perfetto sotto tutti gli aspetti e superiore a tutti gli uomini. Altrimenti, se fosse come gli altri, non potrebbe essere il loro educatore, soprattutto perché dev’essere nello stesso tempo educatore materiale, umano e spirituale. In altre parole, egli deve organizzare e amministrare le loro attività materiali e instaurare un ordine sociale, sì che essi si aiutino e si assistano reciprocamente nel procurarsi i mezzi di sussistenza e i loro affari materiali siano ben ordinati e organizzati sotto ogni aspetto.

Egli deve anche gettare le basi dell’educazione umana, cioè, deve educare la mente e il pensiero degli uomini in modo tale che essi diventino capaci di un progresso sostanziale, sì che la scienza e il sapere si espandano e le realtà delle cose, i misteri dell’universo e le proprietà di tutto ciò che esiste siano rivelati, il sapere, le scoperte e le grandi imprese crescano giorno dopo giorno e i temi dell’intelletto siano dedotti dal sensibile e trasmessi per suo tramite.

Egli deve impartire anche l’educazione spirituale, così che le menti comprendano il mondo metafisico, respirino gli aliti santificati dello Spirito Santo ed entrino in contatto con le Coorti supreme e le realtà umane divengano manifestazioni delle benedizioni divine, caso mai tutti i nomi e gli attributi di Dio si riflettano nello specchio della realtà umana e si realizzi il significato del santo versetto: «Faremo l’uomo a nostra immagine e somiglianza».

È chiaro però che il mero potere umano non è capace di svolgere questo alto ufficio e che i risultati del pensiero umano, da soli, non possono assicurare questi benefici. Come può una persona, da sola, senza aiuto, senza sostegno, costruire le fondamenta di un edificio così eccelso? Occorre dunque un potere divino e spirituale che gli permetta di svolgere questa missione. Guardate! Un’Anima santificata, da sola, rianima il mondo umano, trasforma il volto del globo terrestre, sviluppa le menti, vivifica le anime, inaugura una nuova vita, costruisce nuove fondamenta, organizza il mondo, riunisce le nazioni e le religioni sotto l’ombra di un’unica bandiera, libera l’uomo dal mondo delle meschinità e dei difetti e lo esorta e lo incoraggia a sviluppare le proprie perfezioni innate e acquisite. Indubbiamente, solo un potere divino può compiere un’opera così grande! Dobbiamo esaminare tutto questo con equità, perché questa è un’occasione per essere equi.

Un’Anima santa può, da sola, promulgare senza aiuto né sostegno una Causa che nessun governo e nessun popolo del mondo, con tutto il loro potere e i loro eserciti, possono promuovere e promulgare! È possibile fare una cosa del genere con i soli mezzi umani? No, in nome di Dio! Per esempio, Cristo issò da solo e senza aiuto il vessillo della pace e dell’amicizia, un’opera che le forze congiunte di tutti i potenti governi del mondo non sono in grado di compiere. Considerate quanti sono i vari governi e popoli, l’Italia, la Francia, la Germania, la Russia, l’Inghilterra, eccetera, che sono stati tutti riuniti sotto la stessa tenda! Il punto è che l’avvento di Cristo portò amicizia fra questi popoli diversi. In verità alcuni dei popoli che credettero in Cristo divennero talmente uniti da offrire la loro vita e le loro ricchezze l’uno per l’altro. Così fu fino ai giorni di Costantino, attraverso il quale la Causa di Cristo fu esaltata. Ma dopo qualche tempo, per vari motivi, sorsero fra loro molte divergenze. Ciò che intendiamo dire è che Cristo unificò queste nazioni, ma dopo un certo tempo i loro governi fecero riapparire la discordia.

Il punto principale è che Cristo fece quello che nessuno dei re della terra era riuscito a ottenere. Egli unificò varie nazioni e modificò antichi costumi. Pensate alle grandi divergenze che esistevano fra i romani, i greci, i siriani, gli egizi, i fenici, gli israeliti e gli altri popoli europei. Cristo le eliminò e divenne motivo di concordia fra questi popoli. Anche se dopo molto tempo la loro unità fu distrutta dai governi, pure Cristo aveva svolto questo compito.

Intendiamo dire che l’Educatore universale dev’essere nello stesso tempo un educatore materiale, umano e spirituale e che, sollevandosi al di sopra del mondo della natura, deve essere in possesso di un altro potere, per assumere la posizione di maestro divino. Se non esercitasse questo potere celestiale, non sarebbe capace di educare, perché sarebbe anche Lui imperfetto. Come potrebbe dunque favorire la perfezione? Se fosse ignorante, come potrebbe rendere saggi gli altri? Se fosse ingiusto, come potrebbe rendere giusti gli altri? Se fosse terreno, come potrebbe rendere celestiali gli altri?

Dobbiamo ora valutare con giustizia se queste Manifestazioni divine che sono apparse avessero tutti questi attributi oppure no. Se erano prive di questi attributi e di queste perfezioni, allora non erano veri educatori.

E dunque dobbiamo dimostrare alle menti razionali mediante argomentazioni razionali il rango profetico di Mosè, di Cristo e delle altre Manifestazioni divine. Le prove e le argomentazioni che daremo qui non si basano su argomentazioni tradizionali, ma razionali.

È stato così dimostrato con argomentazioni razionali che il mondo dell’esistenza ha un grandissimo bisogno di un educatore e che la sua educazione dev’essere impartita grazie a un potere celestiale. Non v’è dubbio che questo potere celestiale è la rivelazione divina e che il mondo dev’essere educato da questo potere, che trascende il potere umano.

4
ABRAMO

Fra Coloro Che ebbero questo potere divino e ne furono assistiti vi fu Abramo. La prova è questa. Egli nacque in Mesopotamia, da una famiglia che ignorava l’unicità di Dio. Egli Si mise contro il Suo popolo e il Suo governo e la Sua stessa famiglia. Rinnegò tutti i loro dei e da solo e senza aiuto resistette a una potente nazione. Questa opposizione e questa resistenza non furono né semplici né banali. È come se qualcuno ai nostri giorni rinnegasse Cristo fra nazioni cristiane, che si attengono fermamente alla Bibbia, o come se alla corte papale bestemmiasse – Dio non voglia – contro Cristo e si opponesse a tutti i Suoi seguaci e lo facesse nel modo più violento.

Quei popoli non credevano in un solo Dio, ma a molte divinità, alle quali attribuivano miracoli. Perciò tutti insorsero contro Abramo e nessuno Lo appoggiò, tranne Lot, figlio di Suo fratello, e una o due altre persone di scarsa importanza. Alla fine, l’intensità dell’opposizione dei nemici Lo costrinse a lasciare la Sua patria. In realtà Lo misero al bando, per annientarLo e perché di Lui non rimanesse traccia. Abramo Si recò allora in queste regioni, cioè in Terra Santa.

Il mio punto è che i Suoi nemici pensavano che l’esilio L’avrebbe portato alla distruzione e alla rovina. E in verità se un uomo, fosse pure un re, è esiliato dalla sua terra, è privato dei suoi diritti ed è vessato da ogni parte, è inevitabile che egli sia annientato. Ma Abramo resistette e dette prova di straordinaria fermezza e Dio trasformò quell’esilio in un eterno onore, finché alla fine Egli introdusse l’unicità di Dio, perché in quei tempi la maggior parte del genere umano era idolatra.

Quell’esilio fu la causa del progresso dei discendenti di Abramo. Grazie all’esilio fu data loro la Terra Santa. Questo esilio comportò la diffusione degli insegnamenti di Abramo. Quell’esilio comportò l’apparizione di un Giacobbe dal seme di Abramo e di un Giuseppe, che divenne governatore in Egitto. Quell’esilio comportò l’apparizione di un Mosè dallo stesso seme. Quell’esilio comportò l’apparizione di un essere come Cristo dalla stessa stirpe. Quell’esilio comportò che si trovasse un’Agar, che concepì Ismaele, dal quale a Sua volta discese Muḥammad. Quell’esilio comportò l’apparizione del Báb dalla stirpe di Abramo. Quell’esilio comportò l’apparizione dei Profeti di Israele dalla progenie di Abramo e così continuerà per sempre. Quell’esilio comportò che tutta l’Europa e la maggior parte dell’Asia entrassero sotto l’ombra del Dio d’Israele. Vedete dunque quale potere permise a un emigrante di fondare siffatta famiglia, di creare siffatta nazione e di promulgare siffatti insegnamenti. Ora si può forse dire che tutto questo fu solo fortuito? Dobbiamo essere equi. Fu o non fu quest’Uomo un Educatore?

Dobbiamo soffermarci a pensare che se l’emigrazione di Abramo da Ur ad Aleppo in Siria produsse siffatti risultati, quale sarà l’effetto dell’esilio di Bahá’u’lláh, da Teheran a Baghdad e quindi a Costantinopoli, alla Rumelia e alla Terra Santa?

Vedete dunque quale perfetto Educatore fu Abramo!

5
MOSÈ

Mosè fece a lungo il pastore nel deserto. Esteriormente era un uomo allevato in seno alla tirannide, noto fra la gente come un assassino, Che aveva impugnato il bastone del pastore ed era molto odiato e detestato dal governo e dal popolo del Faraone. Eppure quell’Uomo liberò dalle catene della schiavitù un grande popolo e lo convinse a lasciare l’Egitto e a sistemarsi in Terra Santa.

Quel popolo, precipitato negli abissi della degradazione, fu innalzato fino alle vette della gloria. Era prigioniero e fu liberato. Era il più ignorante dei popoli e divenne il più dotto. Grazie a ciò che Egli istituì, quel popolo progredì a tal punto da emergere fra tutte le nazioni e la sua fama si propagò in ogni terra, a tal punto che quando gli abitanti dei paesi limitrofi volevano lodare una persona, dicevano: «È sicuramente un israelita!». Mosè instaurò leggi e ordinanze che dettero nuova vita al popolo d’Israele e lo portarono al massimo grado della civiltà per quei tempi.

Tale fu il loro progresso, che i filosofi greci venivano ad acquisire il sapere dai dotti d’Israele. Uno di questi fu Socrate, che visitò la Siria e acquisì dai figli d’Israele gli insegnamenti dell’unicità di Dio e dell’immortalità dello spirito. Ritornato in Grecia, egli vi promulgò questi insegnamenti, per cui il popolo di quella terra insorse contro di lui, lo accusò di empietà, lo chiamò a giudizio davanti alla corte e lo condannò a morire avvelenato.

Ora, com’è possibile che un balbuziente, allevato nella casa del Faraone, noto fra gli uomini come un assassino, che per la paura era stato a lungo un fuggiasco e un pastore, abbia instaurato nel mondo una Causa così possente, che i più saggi filosofi della terra non hanno potuto produrne la millesima parte? Questo è chiaramente un fatto straordinario.

Una persona che balbetta può a mala pena sostenere una normale conversazione, tanto meno riuscire a fare quello che Egli fece. No, se non fosse stato assistito da un potere divino, non sarebbe mai riuscito a svolgere questo grande compito. Queste sono argomentazioni che nessuno può negare. I pensatori materialisti, i filosofi greci e i grandi di Roma che divennero famosi nel mondo erano specializzati in un solo ramo del sapere. Così Galeno e Ippocrate erano celebri per la loro perizia nella medicina, Aristotele nella logica e nel ragionamento speculativo e Platone nell’etica e nella filosofia divina. Come potrebbe un pastore gettare le basi di tutti questi rami del sapere? Non c’è alcun dubbio che egli sia stato assistito da una forza straordinaria.

Considerate come le persone siano sottoposte a prove e difficoltà. Per prevenire un atto di oppressione, Mosè uccise un egizio, divenne noto fra gli uomini come un assassino, tanto più che la vittima apparteneva alla nazione dominante, e fu obbligato a fuggire. E dopo tutto questo, fu innalzato al rango di Profeta! Guardate come, malgrado la cattiva fama, Egli sia stato aiutato da un potere straordinario a instaurare sì grandi istituzioni e sì possenti imprese!

6
CRISTO

Poi apparve Cristo Che disse: «Sono nato dallo Spirito Santo». Oggi per i cristiani è facile ammettere che questa Sua affermazione è vera, ma in quel tempo era molto difficile. Perciò secondo il testo del Vangelo i Farisei dissero: «Costui non è egli il figliuol di Giuseppe di Nazaret che noi conosciamo? Come può dunque dire: Io son disceso dal cielo?».2

Ebbene, quest’Uomo Che agli occhi di tutti sembrava di umili origini, Si erse con un potere così grande da abrogare una Dispensazione che durava da mille e cinquecento anni, sebbene la minima deviazione dalle sue leggi esponesse a grave pericolo il trasgressore fino a comportarne la morte e l’annientamento. Inoltre, ai tempi di Cristo la moralità generale e il comportamento degli israeliti erano divenuti totalmente confusi e corrotti e Israele era precipitato in uno stato di estrema degradazione, miseria e asservimento. Essi erano prima caduti prigionieri dei caldei e dei persiani, poi erano stati ridotti sotto il giogo dell’Impero assiro. Poi erano divenuti sudditi e vassalli dei greci e infine erano stati soggiogati e umiliati dai romani.

Grazie a un potere straordinario, questo Giovane, Cristo, abrogò l’antica Legge mosaica e intraprese la riforma della moralità della gente. Egli ricostruì fondamenta di eterno onore per gli israeliti, anzi operò per riabilitare le sorti dell’intera razza umana e divulgò insegnamenti che non erano riservati soltanto a Israele, ma erano la base della felicità universale della società umana.

I primi che cercarono di distruggerLo furono gli israeliti, il Suo popolo, la Sua gente. E apparentemente essi Lo sconfissero e Lo ridussero a totale umiliazione, finché Lo cinsero con una corona di spine e Lo crocefissero. Ma mentre esteriormente versava nella massima afflizione, quest’Uomo proclamò: «Questo Sole sorgerà, questa Luce risplenderà luminosa, la Mia grazia pervaderà il mondo e tutti i Miei nemici saranno confusi». E ciò che Egli disse avvenne, perché nessuno dei re della terra riuscì a resisterGli. Anzi, i loro vessilli furono tutti abbattuti, mentre lo stendardo di quell’Oppresso fu issato sulle più eccelse vette.

È tutto questo possibile secondo le norme della ragione umana? No, in nome di Dio! È dunque chiaro ed evidente che quell’Essere glorioso era un vero Educatore del mondo dell’umanità e che fu aiutato e assistito da un potere divino.

7
MUḤAMMAD

E ora, quanto a Muḥammad, i popoli d’Europa e d’America hanno udito sul conto del Profeta certe storie alle quali hanno dato credito, sebbene coloro che le hanno raccontate, molti dei quali appartenevano ai ranghi del clero cristiano, fossero ignoranti o malintenzionati. Analogamente alcuni musulmani ignoranti raccontarono sul conto di Muḥammad storie infondate che nella loro mente tornavano a Sua gloria. E così alcuni musulmani ottenebrati fecero della Sua poligamia oggetto di altissime lodi e la credettero un segno dei Suoi poteri meravigliosi, perché queste anime ignoranti consideravano la molteplicità delle mogli un segno miracoloso. E la maggior parte dei racconti degli storici europei si basano sui detti di persone così ignoranti.

Per esempio, uno stolto disse una volta a un prete cristiano che prova di vera grandezza sono l’insuperabile audacia e la capacità di uccidere e che in una sola giornata sul campo di battaglia un seguace di Muḥammad aveva decapitato cento uomini! Questo ha indotto il prete a supporre che la capacità di uccidere è la prova della religione di Muḥammad, il che è una vana fantasia. Al contrario, le spedizioni militari di Muḥammad furono sempre azioni difensive. La chiara prova è questa. Per tredici anni Egli e i Suoi compagni sopportarono alla Mecca le più dure persecuzioni e furono costantemente bersagliati da strali di odio. Alcuni dei Suoi compagni furono uccisi e le loro proprietà furono confiscate. Altri abbandonarono il loro paese natale e fuggirono in terre straniere. Anche Muḥammad fu sottoposto alle più spietate persecuzioni e, quando i Suoi nemici decisero di ucciderLo, fu obbligato a fuggire dalla Mecca nel cuore della notte e a emigrare a Medina. Neppure allora i Suoi nemici si placarono e inseguirono i musulmani fino a Medina e in Abissinia.

Queste tribù arabe erano molto barbare e avide e, a confronto, i selvaggi e feroci nativi d’America erano progrediti quanto Platone, perché costoro non seppellivano vivi i figli come gli Arabi facevano con le figlie, proclamando che questo era un atto onorevole e gloriandosene. Così molti dei loro uomini minacciavano le mogli, dicendo: «Se ti nasce una femmina, ti uccido». Ancora oggi, gli Arabi detestano avere figlie.

Inoltre, un uomo poteva prendere mille mogli e la maggior parte dei mariti ne avevano in casa più di dieci. Quando queste tribù scendevano in guerra, il vincitore catturava le donne e i bambini della tribù sconfitta, li trattava come schiavi e li comprava e li vendeva.

Quando un uomo moriva e lasciava dieci mogli, i figli di queste donne si precipitavano sulle madri altrui e non appena uno di loro gettava il mantello sulla testa di una delle matrigne proclamando che essa era sua legittima proprietà, la sventurata donna diventava prigioniera e schiava del figliastro ed egli poteva farne tutto ciò che voleva. Poteva ucciderla, rinchiuderla in un pozzo, picchiarla, insultarla e tormentarla giorno dopo giorno fino alla morte. In tutto questo egli era, secondo le leggi e i costumi degli Arabi, libero di fare come gli pareva. Il rancore e la gelosia, l’odio e l’inimicizia che devono essere esistiti tra le mogli di un uomo e i rispettivi figli sono perfettamente chiari e non occorre parlarne oltre. Pensate come devono essere state la vita e le condizioni di quelle donne oppresse!

Inoltre, queste tribù arabe vivevano di rapine e di saccheggi, cosicché erano perpetuamente impegnate a combattere fra loro lotte e guerre, a uccidersi vicendevolmente, a saccheggiare le reciproche proprietà, a rapire donne e bambini da vendere agli stranieri. Accadeva spesso che le figlie e i figli di un principe trascorressero una giornata nel lusso e negli agi e al calar della notte fossero ridotti a vivere nell’umiliazione, nella miseria e nella cattività! Ieri erano principi, oggi prigionieri, ieri dame onorate, oggi schiave.

Muḥammad fu inviato fra queste tribù. Per tredici anni subì per mano loro ogni genere di tribolazione, finché fuggì dalla città ed emigrò a Medina. Ma quegli individui, lungi dal desistere, strinsero un’alleanza, raccolsero un esercito e Lo attaccarono per sterminare ogni uomo, donna e bambino fra i Suoi seguaci. Fu in quelle circostanze e contro siffatte persone che Muḥammad fu costretto a impugnare le armi. Questa è la pura verità. Non siamo spinti da attaccamenti fanatici, non cerchiamo ciecamente di difenderLo, ma esaminiamo e raccontiamo i fatti con equità. Dovete considerare con equità anche quanto segue. Se Cristo Si fosse trovato in circostanze analoghe, fra tribù così anarchiche e barbare, se per tredici anni Egli e i Suoi discepoli avessero pazientemente sopportato ogni genere di crudeltà per mano loro, se fossero stati costretti a causa di questa oppressione ad abbandonare la patria e a rifugiarsi nel deserto e se quelle tribù di fuorilegge avessero continuato a perseguitarli, per massacrare gli uomini, saccheggiare le proprietà e catturare le donne e i bambini, come Si sarebbe comportato Gesù nei loro riguardi? Se questa oppressione fosse stata diretta contro Lui solo, li avrebbe perdonati e quell’atto di perdono sarebbe stato accettabile ed encomiabile. Ma se avesse visto che quei crudeli e sanguinari assassini intendevano uccidere, saccheggiare e tormentare anime indifese e catturare le donne e i bambini, è certo che Egli avrebbe difeso gli oppressi e fermato la mano degli oppressori.

Quale obiezione si può dunque muovere contro Muḥammad? Forse di non esserSi abbandonato, con i Suoi seguaci e le loro mogli e i loro figli, alla mercé di quelle tribù senza legge? Inoltre, liberare quelle tribù dalla ferocia fu il massimo dono e disciplinarle e frenarle furono pura grazia. È come se un uomo avesse in mano una coppa di veleno e stesse per berlo. Un amico amorevole infrangerebbe sicuramente quella coppa e gli impedirebbe di berla. Se Cristo Si fosse trovato nelle stesse condizioni, indubbiamente avrebbe liberato, grazie a un potere che tutto soggioga, quegli uomini, quelle donne e quei bambini dagli artigli di quei lupi famelici.

Muḥammad non combatté mai contro i cristiani, ma li trattò con considerazione e accordò loro piena libertà. A Najrán viveva una comunità cristiana ed essa era sotto le Sue cure e la Sua protezione. Muḥammad disse: «Se qualcuno viola i loro diritti, Io stesso sarò Suo nemico e lo accuserò davanti a Dio». Negli editti che promulgò, si afferma chiaramente che la vita, le proprietà e l’onore degli ebrei e dei cristiani erano sotto la protezione di Dio, che un marito musulmano non poteva impedire alla moglie cristiana di andare in chiesa né obbligarla a indossare il velo, che in caso di morte doveva affidare i suoi resti alle cure di un prete e che se i cristiani desideravano costruire una chiesa, i musulmani dovevano appoggiarli. Inoltre, in tempi di guerra fra l’Islam e i suoi nemici, i cristiani erano esonerati dall’obbligo di combattere, a meno che, dato che godevano della protezione dell’Islam, non volessero spontaneamente unirsi ai musulmani e aiutarli in battaglia. In cambio di questa esenzione, essi dovevano pagare annualmente una modesta somma. In breve, su questi temi vi sono sette corposi editti, copie dei quali esistono ancora a Gerusalemme.3 Questa è la verità e non una mia affermazione. L’editto del secondo Califfo4 è ancora custodito dal Patriarca ortodosso di Gerusalemme e la cosa è al di là di ogni ombra di dubbio. Ciò nonostante, dopo qualche tempo, a causa di trasgressioni da ambo le parti, fra musulmani e cristiani sorsero rancori e invidie.

A parte questa verità, qualunque cosa i musulmani, i cristiani e altri possano dire è pura invenzione e deriva dal fanatismo, dall’ignoranza o da una profonda inimicizia. Per esempio, i Musulmani affermano che la luna fu spaccata da Muḥammad e cadde sulla montagna della Mecca. Essi pensano che la luna sia un piccolo corpo che Muḥammad divise in due, gettandone una parte su una montagna e l’altra su un’altra! Queste storie sono frutto di puro fanatismo. Anche i racconti citati dal clero cristiano e le accuse che essi muovono sono sempre esagerati e spesso infondati.

In breve, Muḥammad apparve nel deserto dell’Ḥijáz nella penisola araba, una landa spoglia e sterile, sabbiosa e oltremodo desolata. Alcune località, come la Mecca e Medina, sono estremamente calde. Gli abitanti erano nomadi, avevano gli usi e i costumi della gente del deserto ed erano del tutto privi di conoscenza e di istruzione. Muḥammad Stesso era analfabeta e il Corano fu originariamente scritto su scapole di pecora o su foglie di palma. Deducetene le condizioni del popolo al quale Muḥammad fu inviato.

Il primo rimprovero che Egli rivolse loro fu: «Perché ricusate la Torà e il Vangelo e perché vi rifiutate di credere in Cristo e in Mosè?». Questa domanda li mise in difficoltà e perciò obiettarono: «Che dire dunque dei nostri padri e dei nostri avi, i quali non credevano nel Pentateuco e nel Vangelo?». Egli rispose: «Erano fuori strada e voi avete l’obbligo di ripudiare coloro che non credono nella Torà e nel Vangelo, anche se sono i vostri avi».

In siffatto paese e fra tribù così barbare, un analfabeta portò un Libro nel quale gli attributi e le perfezioni di Dio, il rango profetico dei Suoi Messaggeri, i precetti della Sua religione e alcune questioni del sapere umano sono spiegati nel modo più perfetto ed eloquente.

Per esempio, come sapete, prima delle osservazioni di un rinomato astronomo dei tempi moderni,5 cioè dai primi secoli fino al XV dell’era cristiana, tutti i matematici del mondo concordavano nel sostenere la centralità della terra e il movimento del sole. Questo moderno astronomo fu la sorgente della nuova teoria che postulava il movimento della terra e la fissità del sole. Fino ad allora, tutti i matematici e i filosofi del mondo seguivano il sistema tolemaico e chiunque dicesse una parola contro di esso era considerato un ignorante. È vero che Pitagora e Platone, negli ultimi anni della sua vita, pensarono che lo spostamento annuale del sole nello zodiaco non dipenda dal sole, ma dal movimento della terra attorno ad esso. Ma questa teoria fu completamente dimenticata e il sistema tolemaico fu universalmente accettato da tutti i matematici. Ma alcuni versetti rivelati del Corano contraddicono il sistema tolemaico. Uno di questi, «Il sole si muove in un punto fisso»,6 allude alla fissità del sole e al suo movimento attorno a un asse. E in un altro versetto, «E ogni stella si muove nel suo proprio cielo»,7 si specificano i movimenti del sole, della luna, della terra e degli altri corpi celesti. Quando il Corano fu divulgato, tutti i matematici derisero questa opinione e l’attribuirono a ignoranza. Gli stessi teologi musulmani, quando videro che questi versetti contraddicevano il sistema tolemaico, furono costretti a dare loro un’interpretazione figurata, perché il sistema tolemaico era accettato come un fatto incontrovertibile, ma era esplicitamente contraddetto dal Corano.

Solo dopo il XV secolo dell’era cristiana, quasi novecento anni dopo Muḥammad, un famoso matematico8 fece nuove osservazioni, fu inventato il telescopio, furono fatte importanti scoperte, la rotazione della terra e la fissità del sole furono dimostrate e fu scoperto anche il moto del sole attorno a un asse. Allora divenne evidente che il testo esplicito del Corano era in pieno accordo con la realtà e che il sistema tolemaico era pura fantasia.

In breve, molti popoli orientali sono stati educati per tredici secoli all’ombra della Fede di Muḥammad. Nel Medio Evo, quando l’Europa era decaduta nei più profondi abissi della barbarie, gli Arabi erano superiori a tutte le altre nazioni della terra nelle scienze e nelle arti, nella matematica, nella civiltà, nell’arte del governo e in altre arti. L’Educatore e il Primo Motore delle tribù della penisola araba e il Fondatore della civiltà delle perfezioni umane fra questi clan belligeranti, fu un Analfabeta, Muḥammad. Fu quell’illustre Uomo un Educatore universale oppure no? Siamo equi.

8
IL BÁB

Quanto al Báb – possa la mia anima essere sacrificata per Lui! – Egli Si fece avanti a proclamare la Sua Causa nella giovinezza, raggiunto cioè il venticinquesimo anno della Sua vita benedetta. Gli sciiti hanno universalmente ammesso che Egli non aveva frequentato nessuna scuola e non aveva acquisito il sapere da nessun maestro. Ne è testimone tutta la popolazione di Shíráz. Ma, a un tratto, Egli Si presentò al popolo dotato del più perfetto sapere e sebbene fosse solo un mercante, confuse tutti i teologi persiani. Completamente solo, svolse un compito che è difficile concepire, perché i persiani sono noti in tutto il mondo per il loro fanatismo religioso. Questo illustre Essere Si levò con tale forza da scuotere le fondamenta delle leggi, dei costumi, degli usi, della moralità e delle abitudini religiose della Persia, instaurando una nuova legge, una nuova fede e una nuova religione. Sebbene le eminenze dello Stato, la maggioranza del popolo e i capi della religione siano insorti tutti per distruggerLo e annientarLo, Egli resistette da solo e sconvolse tutta la Persia. Quanti teologi, quanti capi e quanti abitanti del paese offrirono la vita con perfetta gioia e letizia sulla Sua via e scesero con ardore nell’arena del martirio.

Il governo, la nazione, il clero e i più alti personaggi tentarono di spegnere la Sua luce senza riuscirvi. Infine la Sua luna si innalzò, la Sua stella brillò, le Sue fondamenta furono saldamente costruite e il Suo orizzonte fu inondato di luce. Egli formò una moltitudine di persone mediante un’educazione divina ed esercitò una meravigliosa influenza sul pensiero, sui costumi, sulla moralità e sulle abitudini dei persiani. Proclamò a tutti i Suoi seguaci la lieta novella della manifestazione del Sole di Bahá e li preparò alla fede e alla certezza.

La manifestazione di questi segni meravigliosi e di queste possenti imprese, l’influenza esercitata sui pensieri e sulla mente della gente, la costruzione delle fondamenta del progresso e l’instaurazione dei requisiti del successo e della prosperità per opera di un giovane mercante sono la più grande prova che Egli fu un Educatore universale, un fatto che nessuna persona equanime esiterebbe a riconoscere.

9
BAHÁ’U’LLÁH

Bahá’u’lláh apparve in un tempo in cui la Persia era precipitata nell’ignoranza più oscura, consumata dal fanatismo più cieco. Avrete senza dubbio letto attentamente i resoconti sulla moralità, sui costumi e sulle idee dei persiani degli ultimi secoli forniti dai libri di storia europei. Non serve ripeterli. Basti dire che la Persia era caduta in così profondi abissi che i viaggiatori stranieri si rammaricavano che un paese, che in passato era giunto all’apice della grandezza e della civiltà, fosse ora decaduto in tale umiliazione, desolazione e rovina e che il suo popolo si fosse ridotto in tale squallore.

Fu allora che apparve Bahá’u’lláh. Suo padre non era un teologo, ma un ministro di corte. In Persia è risaputo che Egli non ha mai studiato in una scuola, né ha mai frequentato i dotti e i teologi. Egli ha trascorso la prima parte della Sua vita fra gli agi e nella massima felicità. I Suoi compagni e i Suoi amici erano persiani d’alto rango, ma non certo dotti.

Non appena il Báb rivelò la Sua Causa, Bahá’u’lláh proclamò: «Questo grand’Uomo è il Signore dei giusti e dobbiamo tutti esserGli fedeli». Così Egli promosse la Causa del Báb, adducendo prove decisive e argomentazioni convincenti della Sua verità. Sebbene i teologi della nazione avessero obbligato il governo persiano a esercitare la più violenta opposizione, sebbene essi avessero emanato decreti che ordinavano di massacrare, depredare, perseguitare e annientare i seguaci del Báb e sebbene in tutto il paese la gente si fosse messa a ucciderli, mandarli al rogo e depredarli e a vessare perfino le loro donne e i loro bambini, malgrado tutto questo, Bahá’u’lláh Si dedicò, con massima costanza e compostezza, a esaltare la parola del Báb. Non cercò mai di nasconderSi, ma Si mescolò apertamente e visibilmente con i Suoi nemici, Si occupò di addurre prove e argomentazioni e divenne famoso perché esaltava la Parola di Dio. Più volte subì intense avversità e per tutta la vita fu in grave pericolo.

Fu messo in catene e gettato in una segreta. Le vaste proprietà che aveva ereditato furono completamente devastate. Per quattro volte fu esiliato da una terra all’altra e infine giunse a dimorare nella Più Grande Prigione.11

Nonostante tutto, l’appello di Dio fu incessantemente lanciato e la fama della Sua Causa promulgata dappertutto. Egli dette prova di sapere, cultura e perfezioni tali che tutti in Persia ne furono stupiti. Tutti i dotti, amici e nemici, che giunsero alla Sua presenza a Teheran, Baghdad, Costantinopoli, Adrianopoli e ‘Akká ricevettero sempre a qualsiasi domanda risposte esaurienti e convincenti. Tutti riconobbero immediatamente che in ogni perfezione Egli era impareggiabile e unico nel mondo.

A Baghdad accadde più volte che teologi musulmani, ebrei e cristiani e dotti europei s’incontrassero alla Sua benedetta presenza. Ciascuno di loro Gli rivolgeva una domanda e, malgrado le diverse credenze, ciascuno di loro riceveva una risposta così esauriente e convincente da esserne completamente soddisfatto. I teologi persiani che abitavano a Karbilá e a Najaf12 scelsero un dotto, che si chiamava Mullá Ḥasan Amú, e lo inviarono come loro rappresentante. Costui giunse alla Sua benedetta presenza e presentò da parte loro vari quesiti, ai quali Bahá’u’lláh rispose. Egli allora disse: «I teologi riconoscono pienamente la misura del tuo sapere e della tua istruzione e tutti ammettono che non hai eguale in ogni branca del sapere. È inoltre evidente che non hai mai studiato o acquisito questo sapere. Ma i teologi dicono che non sono ancora soddisfatti e non possono riconoscere la verità delle tue rivendicazioni in virtù del tuo sapere e della tua istruzione. Perciò ti chiedono di compiere un miracolo per soddisfare e rassicurare i loro cuori».

Bahá’u’lláh rispose: «Sebbene essi non abbiano alcun diritto di chiederlo, poiché sta a Dio mettere alla prova le Sue creature e non alle creature mettere alla prova Iddio, tuttavia in questo caso la loro richiesta è accolta e acconsentita. Ma la Causa di Dio non è un proscenio sul quale si possa offrire un nuovo spettacolo in ogni ora e al quale si possa presentare ogni giorno una nuova petizione. Altrimenti la Causa di Dio diverrebbe un gioco da ragazzi.

«Perciò, i teologi si riuniscano e scelgano di comune accordo un miracolo e mettano per iscritto che dopo l’esecuzione di quel miracolo non avranno più dubbi, ma riconosceranno e confesseranno la verità di questa Causa. Sigillino il documento e Me lo portino. Devono accettare questo come il criterio della verità. Se il miracolo sarà compiuto, non dovranno più avere dubbi, altrimenti saremo giudicati colpevoli di impostura».

Il dotto si alzò e rispose: «Non c’è altro da dire». Poi, sebbene non fosse un credente, baciò il ginocchio di Bahá’u’lláh e andò via. Riuniti i teologi, riferì loro il messaggio di Bahá’u’lláh. Essi si consultarono e dissero: «Costui è un mago. Forse produrrà una magia e non potremo più dire nulla» e così non osarono rispondere.

In seguito Ḥasan ‘Amú raccontò questo fatto in molte riunioni. Lasciò Karbilá e andò a Kirmánsháh e a Teheran dove fornì a tutti un particolareggiato resoconto dell’accaduto e parlò del timore e dell’inerzia dei teologi.

Il nostro punto è che tutti gli avversari di Bahá’u’lláh in Oriente Ne riconobbero la grandezza, la distinzione, il sapere e la dottrina e, malgrado la loro inimicizia, Lo chiamarono sempre il «famoso Bahá’u’lláh».

In breve, questo grandissimo Luminare apparve all’improvviso sull’orizzonte della Persia e tutta la gente del paese, ministri, teologi e la popolazione in generale, si scagliarono contro di Lui con la massima animosità, proclamando che Egli mirava ad annientare e distruggere la religione, le leggi, la nazione e l’impero, come era stato detto di Cristo. Ma Bahá’u’lláh, da solo e senza alcun aiuto, resistette a tutti senza mai minimamente vacillare.

Alla fine dissero: «Finché quest’uomo rimarrà in Persia, non ci sarà né pace né tranquillità. Deve essere esiliato, perché la Persia ritrovi la calma». Perciò Lo sottoposero a dure tribolazioni sì che fosse costretto a chiedere il permesso di lasciare la Persia, pensando così che la lampada della Causa ne sarebbe stata spenta. Ma questa persecuzione produsse l’effetto contrario. La Causa crebbe d’importanza e la sua fiamma divenne più viva. Fino ad allora si era diffusa solo in Persia: tutto questo la propagò in altre regioni. Allora dissero: «L’Iraq è troppo vicino alla Persia. Dobbiamo mandarLo in terre lontane». Per questa ragione il Governo persiano insistette finché Bahá’u’lláh fu esiliato dall’Iraq a Costantinopoli. Ma ancora una volta videro che Egli non vacillava. Dissero: «Costantinopoli è un crocevia di popoli e nazioni diversi e fra loro vi sono molti persiani». Perciò fecero ulteriori passi e lo fecero esiliare ad Adrianopoli. Ma quella fiamma divenne più viva e la Causa più grande. Infine i persiani dissero: «Nessuna di queste collocazioni è stata un luogo di umiliazione. Dobbiamo mandarLo in un posto dove sia disonorato e sottoposto a prove e persecuzioni, dove la Sua famiglia e i Suoi seguaci debbano sottostare alle più dure afflizioni». Scelsero pertanto la città-prigione di ‘Akká, che era riservata ai ribelli, agli assassini, ai ladri e ai banditi e in questo modo Lo fecero stare assieme a quel tipo di persone. Ma il potere di Dio si manifestò, perché questa prigione divenne uno strumento per la promozione della Sua Fede e la glorificazione della Sua Parola. La grandezza di Bahá’u’lláh divenne evidente perché, da quella prigione e in quelle umilianti circostanze, Egli riuscì a trasformare totalmente le condizioni della Persia, a sconfiggere i Suoi nemici e a dimostrare a tutti l’irresistibile potere della Sua Causa. I Suoi sacri insegnamenti penetrarono in tutte le regioni e la Sua Causa si affermò solidamente.

In ogni provincia della Persia i Suoi nemici insorsero con l’odio più profondo, imprigionando e uccidendo, picchiando e bruciando, radendo al suolo migliaia di case e ricorrendo a ogni mezzo violento per schiacciare la Sua Causa. Ma, malgrado tutto, da quella prigione di assassini, ladri e banditi, Egli promosse la Sua Causa e promulgò i Suoi insegnamenti, risvegliando molti dei Suoi più virulenti nemici e trasformandoli in solidi credenti. Tale fu l’influenza delle Sue azioni che lo stesso governo persiano si risvegliò e deplorò quanto era accaduto per mano di teologi malvagi.

Quando Bahá’u’lláh giunse in questa prigione in Terra Santa, alcune anime perspicaci furono ridestate al fatto che le profezie che Dio aveva rivelato per bocca dei Suoi Profeti due o tremila anni prima si erano realizzate e che le Sue promesse erano state mantenute, poiché Egli aveva rivelato ad alcuni Profeti e annunciato alla Terra Santa che il Signore degli Eserciti vi si sarebbe manifestato. Tutte queste promesse si realizzarono e non si vede come Bahá’u’lláh avrebbe potuto lasciare la Persia e piantare la Sua tenda in questa sacra terra, se non fosse stato per l’opposizione dei Suoi nemici, per la Sua espulsione e per il Suo esilio. I Suoi nemici volevano che questa prigionia distruggesse e annientasse completamente la Sua Causa, ma quella prigionia divenne invece la massima confermazione e lo strumento della sua promozione. L’appello di Dio raggiunse l’Oriente e l’Occidente e i raggi del Sole della Verità illuminarono ogni terra. Sia lodato Iddio! Sebbene fosse prigioniero, Egli piantò la Sua tenda sul Monte Carmelo e Si mosse dappertutto con somma maestà. E chiunque giungesse alla Sua presenza – amico o straniero – esclamava: «Costui non è un prigioniero, ma un sovrano».

Non appena fu giunto nella prigione, Egli scrisse un’epistola a Napoleone che inviò tramite l’ambasciatore francese, che in sostanza diceva: «Chiedi quale crimine abbiamo commesso per essere confinati in questa prigione».13 Napoleone non dette risposta. Allora fu inviata una seconda epistola, che è contenuta nella Súriy-i-Haykal e che in sostanza dice: «O Napoleone, poiché non hai dato ascolto e non hai risposto al Mio appello, perderai il tuo regno e sarai annientato». L’epistola fu inviata a Napoleone per posta tramite Cesare Catafago15 e tutti i Suoi compagni d’esilio ne furono informati. Il testo di questo discorso giunse in tutta la Persia, poiché in quel periodo il Kitáb-i-Haykal fu portato in ogni angolo di quella terra e l’epistola vi era inclusa. Ciò accadde nel 1869 e poiché la Súriy-i-Haykal circolava in tutta la Persia e in India, tutti i credenti l’avevano ed erano in attesa di vedere i suoi risultati. Non molto tempo dopo, nel 1870, tra la Germania e la Francia si accese il fuoco della guerra e, sebbene in quel momento nessuno prevedesse il trionfo della Germania, Napoleone fu clamorosamente sconfitto e vide la sua gloria trasformarsi in grande umiliazione.

Altre Tavole furono inviate ad altri sovrani. Fra queste, c’è un’epistola a Sua Maestà Náṣiri’d-Dín Sháh. In quell’epistola Bahá’u’lláh diceva: «ConvocaMi alla tua presenza, riunisci tutti i teologi e chiedi prove e testimonianze, così che la verità sia distinta dall’errore».16 Sua Maestà inviò l’epistola di Bahá’u’lláh ai teologi e assegnò loro questo compito, ma essi non ebbero il coraggio di svolgerlo. Allora egli chiese a sette fra i più celebri di loro di rispondere a questa epistola. Ma, dopo qualche tempo, essi la restituirono dicendo: «Quest’uomo è un oppositore della Fede e un nemico del Re». Molto infastidito, Sua Maestà lo Scià di Persia disse: «È una questione di prove e di testimonianze, di verità o di errore. Che cosa c’entra l’ostilità verso il governo? Peccato che abbiamo mostrato tanto rispetto verso questi teologi, i quali ora non sanno nemmeno rispondere a un’epistola».

In breve, tutto ciò che è scritto nelle Tavole ai sovrani si è avverato. Si deve solo confrontare il loro contenuto con gli eventi accaduti dopo il 1870 per vedere che ogni predizione si è avverata, tranne poche che si manifesteranno in seguito.

Inoltre, molti stranieri e non credenti hanno attribuito a Bahá’u’lláh molti atti prodigiosi. Alcuni Lo reputavano un santo e altri scrissero racconti in questo senso, come Siyyid Dávúdí, un teologo sunnita di Baghdad, il quale scrisse un trattatello nel quale riportava alcuni atti straordinari compiuti da Bahá’u’lláh. Ancora oggi in tutto l’Oriente vi sono persone che, pur non credendo che Bahá’u’lláh sia una Manifestazione di Dio, nondimeno Lo reputano un santo e gli attribuiscono miracoli.

Per riassumere, tutti coloro che, amici o nemici, giunsero alla presenza di Bahá’u’lláh riconobbero e attestarono la Sua grandezza. Pur non diventando credenti in Lui, attestarono invariabilmente la Sua grandezza. Appena giunti davanti a Lui, il Suo incontro produceva un effetto tale che, nella maggior parte dei casi, le persone non riuscivano a dire una parola. Quante volte accadde che un fiero nemico decidesse tra sé e sé di dire una data cosa o di argomentare in un certo modo e poi, entrato alla Sua presenza, si ritrovasse meravigliato, confuso e ridotto al silenzio!

Bahá’u’lláh non studiò mai l’arabo, non ebbe mai un insegnante o un precettore, non entrò mai in una scuola. Eppure la Sua eloquenza e la Sua scioltezza nell’arabo parlato e nelle Tavole in arabo stupirono i più eloquenti e fini uomini di lettere arabi e tutti riconobbero che in questo campo Egli era incomparabile e ineguagliabile.

Se esaminiamo attentamente il testo della Torà, vediamo che nessuna delle Manifestazioni divine ha mai detto a coloro che La negavano: «Sono disposto a fare qualunque miracolo desideriate e Mi sottoporrò a qualunque prova proponiate». Ma nell’Epistola allo Scià Bahá’u’lláh disse chiaramente: «Riunisci i teologi e convocaMi alla tua presenza, affinché la prova e le testimonianze possano essere stabilite».

Per cinquant’anni Bahá’u’lláh resistette ai Suoi nemici come una montagna. Tutti cercarono di annientarLo. Tutti lo assalirono. Mille volte complottarono per crocifiggerLo e distruggerLo e per cinquant’anni Egli fu in grandissimo pericolo.

Quanto alla Persia, che si trova ancora in uno stato di grande decadenza e rovina, tutte le persone sagge, dentro e fuori dai suoi confini, che conoscono le sue vere condizioni, riconoscono che il suo progresso, la sua prosperità e la sua civiltà dipendono totalmente dalla promulgazione degli insegnamenti e dalla disseminazione dei principi di questo glorioso Essere.

Nel Suo giorno benedetto, Cristo in realtà educò soltanto undici anime. Il più grande di loro fu Pietro che, tuttavia, messo alla prova, Lo rinnegò tre volte. Ciò nonostante, guarda come la Causa di Cristo abbia in seguito pervaso tutto il mondo! In questo giorno Bahá’u’lláh ha educato migliaia di anime che, sotto la minaccia della spada, hanno innalzato nel più alto dei cieli il grido di «O Tu, Gloria delle Glorie!»17 e nel crogiolo delle prove i loro visi hanno brillato luminosi come l’oro. Pensate quindi a quel che accadrà in futuro!

Ora, dobbiamo essere giusti e riconoscere quale Educatore dell’umanità sia stato questo Essere illustre, quali segni meravigliosi abbia manifestato, quale forza e quale potenza si sia prodotta nel mondo grazie a Lui.

10
PROVE TRADIZIONALI ILLUSTRATE CON ESEMPI TRATTI DAL LIBRO DI DANIELE

Oggi, a tavola, parliamo un po’ di prove. Se foste venuti in questo luogo benedetto nei giorni della Manifestazione di quella luminosissima Luce, se foste pervenuti alla corte della Sua presenza e aveste visto il Suo fulgido sembiante, avreste compreso che la Sua parola e la Sua bellezza non avevano bisogno di ulteriori prove. Quante anime, non appena giunsero alla Sua presenza, divennero subito credenti confermati, senza bisogno di altre prove! Perfino coloro che erano immersi nell’odio e nella negazione, quando Lo incontrarono, Ne attestarono la grandezza dicendo: «Costui è in verità un uomo illustre. Peccato che avanzi una tale pretesa! Altrimenti, qualunque cosa dicesse sarebbe accettabile».

Ma ora che quel Luminare della verità è tramontato, tutti hanno bisogno di prove, perciò ci siamo impegnati a fornire prove razionali. Menzioniamone un’altra e questa innegabile prova da sola dovrebbe bastare a ogni persona equanime. Essa è che questo illustre Essere presentò la sua Causa dall’interno della Più Grande Prigione, dalla quale la Sua luce ha brillato, la Sua fama ha fatto il giro del mondo e la parola della Sua gloria è giunta in Oriente e in Occidente. Una cosa come questa non si è mai verificata prima, se si guardano i fatti con equità. Ma certe persone, anche se sentissero tutte le prove del mondo, non giudicherebbero equamente! Governi e popoli con tutta la loro potenza non riuscirono a resisterGli, mentre Egli, solo e senza aiuti, oppresso e imprigionato, ha fatto tutto quello che Si era proposto di fare.

Non voglio menzionare i miracoli di Bahá’u’lláh, perché chi ascolta potrebbe dire che sono mere tradizioni, che possono essere vere o false. Così è anche nel caso del Vangelo, i cui racconti dei miracoli di Cristo provengono dagli Apostoli e non da altri osservatori e sono negati dagli ebrei. Ma se volessi menzionare gli atti soprannaturali compiuti da Bahá’u’lláh, essi sono molti e inequivocabilmente riconosciuti in Oriente, perfino dai non credenti. Ma questi racconti non possono essere prove e testimonianze decisive per tutti. L’ascoltatore potrebbe dire che essi non sono realmente veri, poiché anche i seguaci di altre denominazioni raccontano miracoli compiuti dai loro capi. Per esempio, gli induisti raccontano certi miracoli di Brahma. Come possiamo sapere che quei miracoli sono falsi e questi veri? Se quelli sono dicerie, lo sono anche questi. Se gli uni sono ampiamente attestati, la stessa cosa vale anche per gli altri. Di conseguenza, questi racconti non sono una prova soddisfacente. Sì, un miracolo può essere una prova per i testimoni oculari. Ma anche in questo caso essi potrebbero non essere sicuri se quello che hanno visto era un vero miracolo o un’opera di magia. In effetti, fatti straordinari sono stati attribuiti anche a certi maghi.

In breve, intendiamo dire che da Bahá’u’lláh sono apparsi molti portenti, ma non li raccontiamo, perché non solo non costituiscono una prova e una testimonianza per tutta l’umanità, ma non sono una prova decisiva nemmeno per coloro che li hanno visti e che possono averli attribuiti a una magia.

Inoltre, la maggior parte dei miracoli attribuiti ai Profeti hanno un significato interiore. Per esempio nei Vangeli è scritto che quando Cristo fu martirizzato, scesero le tenebre, la terra tremò, la tenda del Tempio si squarciò e i morti uscirono dalle tombe. Se questi eventi fossero realmente accaduti, sarebbero stati una cosa stupefacente. Un simile evento sarebbe stato indubbiamente registrato nelle cronache del tempo e avrebbe colmato di sconcerto il cuore degli uomini. I soldati avrebbero almeno deposto Cristo dalla croce o sarebbero fuggiti. Ma poiché nessuna storia racconta questi eventi, è evidente che non devono essere interpretati alla lettera, ma secondo il loro significato nascosto. Non intendiamo negare tutto questo, vogliamo solo dire che questi racconti non sono una prova decisiva e hanno un significato nascosto, nient’altro.

Di conseguenza, oggi a tavola accenneremo alla spiegazione di argomentazioni tradizionali che si trovano nelle sacre Scritture. Finora abbiamo parlato soltanto di argomentazioni razionali.

Poiché questo è lo stadio della ricerca della verità e della conoscenza del reale, lo stadio in cui l’anima assetata brama l’acqua della vita, in cui il pesce lotta per raggiungere il mare, in cui l’anima sofferente cerca il vero medico e ottiene la guarigione divina, in cui la carovana sperduta trova la strada della verità e la nave alla deriva raggiunge la sponda della salvezza, perciò, il ricercatore dev’essere dotato di certi attributi. Innanzi tutto dev’essere giusto e distaccato da tutto fuorché Dio. Il suo cuore dev’essere interamente rivolto verso l’Orizzonte supremo e libero da schiavitù a desideri vani ed egoistici, perché tutto questo è un ostacolo sulla via. Inoltre, deve sopportare ogni tribolazione, personificare la massima purezza e santità e rinunciare all’amore e all’odio verso tutti gli abitanti della terra, affinché l’amore per qualcosa non gli impedisca di prendere in esame un’altra o l’odio per qualcosa non gli impedisca di vederne la verità. Questo è lo stadio della ricerca e il ricercatore deve possedere queste qualità e questi attributi, cioè finché non sia giunto a questo stadio, non gli sarà possibile ottenere la conoscenza del Sole della Verità.

Ritorniamo ora al nostro tema. Tutti i popoli del mondo attendono due Manifestazioni, Che devono essere contemporanee. Questo è quanto è stato loro promesso. Nella Torà, gli ebrei hanno la promessa del Signore degli Eserciti e del Messia. Nei Vangeli si predice il ritorno di Cristo e di Elia. Nella religione di Muḥammad, c’è la promessa del Mahdi e del Messia. La stessa cosa vale per gli zoroastriani e altri. Ma elaborare tutto questo allungherebbe il nostro discorso. Intendiamo dire che a tutti è stato promesso l’avvento di due Manifestazioni successive. È stato profetizzato che, grazie a queste due Manifestazioni gemelle, la terra diverrà un’altra terra, l’intera esistenza sarà rinnovata, il mondo contingente indosserà il manto di una nuova vita, la giustizia e la rettitudine pervaderanno il globo, l’odio e l’inimicizia spariranno, tutto ciò che è causa di divisione fra i popoli, le razze e le nazioni sarà cancellato e ciò che assicura l’unione, l’armonia e la concordia sarà promosso. Il negligente si scuoterà dal torpore, il cieco vedrà, il sordo udrà, il muto parlerà, l’infermo guarirà, il morto risorgerà e la guerra lascerà il posto alla pace. L’inimicizia sarà trasformata in amore, le cause fondamentali delle contese e delle lotte saranno eliminate, l’umanità conseguirà la vera felicità, questo mondo rispecchierà il Regno celeste e la terra quaggiù diventerà il trono del regno lassù. Tutte le nazioni diverranno una sola nazione, tutte le religioni diventeranno una sola religione, l’intero genere umano diventerà una sola famiglia, una sola stirpe, tutte le regioni della terra si uniranno, i pregiudizi razziali, nazionali, personali, linguistici e politici saranno cancellati e distrutti e tutti gli uomini conseguiranno la vita eterna all’ombra del Signore degli Eserciti.

Dobbiamo ora dimostrare l’avvento di queste due Manifestazioni gemelle facendo riferimento alle sacre Scritture e traendo deduzioni dalle parole dei Profeti, poiché intendiamo ora offrire argomentazioni tratte dalle sacre Scritture, perché le argomentazioni razionali che dimostrano la verità di queste due Manifestazioni gemelle sono state presentate, alcuni giorni fa, a tavola.20

Il Libro di Daniele stabilisce che il periodo fra la ricostruzione di Gerusalemme e il martirio di Cristo è di settanta settimane,21 perché, col martirio di Cristo, il sacrificio è compiuto e l’altare distrutto. Questa profezia si riferisce perciò all’avvento di Cristo.

Queste settanta settimane incominciano dalla restaurazione e dalla ricostruzione di Gerusalemme, per le quali quattro editti sono stati emanati da tre sovrani. Il primo editto, emanato da Ciro nel 536 a.C., è registrato nel primo capitolo del libro di Esdra. Il secondo editto per la ricostruzione di Gerusalemme è quello emanato da Dario di Persia nel 519 a.C., registrato nel sesto capitolo di Esdra. Il terzo è stato emanato da Artaserse, nel settimo anno del suo regno, cioè nel 457 a.C., e registrato nel settimo capitolo di Esdra. Il quarto editto è stato emanato da Artaserse nel 444 a.C. ed è registrato nel secondo capitolo di Neemia.

Daniele intendeva il terzo editto emanato nel 457 a.C. Settanta settimane fanno 490 giorni. Secondo il testo della Bibbia, ogni giorno conta per un anno. Infatti la Torà dice: «Il giorno del Signore è un anno».22 Perciò 490 giorni sono 490 anni. Il terzo editto di Artaserse fu emanato 457 anni prima della nascita di Cristo e Cristo aveva 33 anni, al tempo del Suo martirio e della Sua ascensione. Se aggiungete 33 a 457, il risultato è 490, ossia il tempo annunciato da Daniele per l’avvento di Cristo.

Ma Daniele IX, 25 esprime la stessa cosa in un altro modo, cioè, sette settimane e sessantadue settimane, che apparentemente differisce dalla prima affermazione. Molti non sono riusciti a riconciliare queste due affermazioni. Com’è possibile che in una frase ci si riferisca a settanta settimane e in un’altra a sessantadue settimane e sette settimane? Le due affermazioni non concordano.

In realtà Daniele menziona due date diverse. Una incomincia con l’editto emanato da Artaserse a Esdra di ricostruire Gerusalemme e corrisponde alle settanta settimane che si sono concluse con l’ascensione di Cristo, quando il sacrificio e l’oblazione finirono con il Suo martirio. La seconda comincia dopo il completamento della ricostruzione di Gerusalemme, cioè sessantadue settimane fino all’ascensione di Cristo. La ricostruzione di Gerusalemme ha richiesto sette settimane, cioè quarantanove anni. Sette settimane aggiunte alle sessantadue fanno sessantanove e nell’ultima settimana ebbe luogo l’ascensione di Cristo. Questo completa le settanta settimane e non c’è più contraddizione.

Ora che abbiamo dimostrato l’avvento di Cristo in base alle profezie di Daniele, dimostriamo l’avvento di Bahá’u’lláh e del Báb. Finora abbiamo offerto soltanto prove razionali. Ora parleremo di prove tradizionali.

Daniele VII, 13 dice: «Ed io udii un santo, che parlava; e un altro santo disse a quel tale che parlava: Fino a quando durerà la visione intorno al servigio continuo, e al misfatto desertante? infino a quando saranno il santuario e l’esercito esposti ad esser calpestati? Egli rispose: Fino a duemilatrecento giorni di sera, e mattina; poi il santuario sarà giustificato». Poi dice: «questa visione è per lo tempo della fine». Vale a dire: quanto dureranno questa sventura, questa rovina, questa umiliazione e questa degradazione? Ossia, quando sorgerà l’alba della Rivelazione? Allora egli disse: «Duemila trecento giorni di sera, e mattina; poi il santuario sarà purificato». In breve, il punto è che egli stabilisce un periodo di 2300 anni, poiché secondo il testo della Torà ogni giorno è un anno. Quindi, dalla data dell’editto di Artaserse per la ricostruzione di Gerusalemme fino al giorno della nascita di Cristo corrono 456 anni e dalla nascita di Cristo fino al giorno della manifestazione del Báb vi sono 1844 anni. Se si aggiungono 456 anni a questo numero il risultato è 2300 anni. Cioè, l’adempimento della visione di Daniele avvenne nell’anno 1844 d.C. e questo è l’anno dell’avvento del Báb. Esaminate il testo del libro di Daniele e osservate con quanta chiarezza egli determina l’anno del Suo avvento! Non vi potrebbe essere per una Manifestazione una profezia più evidente di questa.

In Matteo XXIV, 3, Cristo dice chiaramente che con questa profezia Daniele intendeva la data dell’avvento. Ecco il versetto: «Essendosi Egli posto a sedere sopra il monte degli Ulivi, i discepoli Gli si accostarono da parte dicendo: Dicci, quando avverranno queste cose? e quale sarà il segno della Tua venuta, e della fine del mondo?». Fra le parole che Egli proferì in risposta ci sono le seguenti: «Quando adunque avrete veduta l’abominazione della desolazione, della quale ha parlato il Profeta Daniele, posta nel luogo santo (chi legge intenda)». Così Egli li indirizzò all’ottavo capitolo del Libro di Daniele, dicendo che chiunque lo legga può comprendere quando sarà quel tempo. Considerate con quanta chiarezza l’avvento del Báb è stato specificato nel Vecchio Testamento e nei Vangeli!

Stabiliamo ora la data dell’avvento di Bahá’u’lláh secondo la Torà. Questa data è calcolata in anni lunari a partire dalla missione e dall’emigrazione di Muḥammad, perché nella religione musulmana si segue l’anno lunare e tutte le prescrizioni relative alle osservanze religiose sono espresse nei termini di quel calendario.

Daniele XII, 6 dice: «E l’uno d’essi disse all’uomo vestito di panni lini, il quale era sopra le acque del fiume: Quando sarà infine il compimento di queste meraviglie? Ed io udii l’uomo vestito di panni lini, ch’era sopra le acque del fiume, il quale, levata la man destra, e la sinistra, al cielo, giurò per Colui che vive in eterno, che tutte queste cose sarebbero compiute infra un tempo, de’ tempi, e la metà di un tempo; e allora, che colui avrebbe finito di dissipar le forze del popolo santo».

Avendo già spiegato il significato di «un giorno», non è necessario dare ulteriori spiegazioni. Lasciatemi solo dire brevemente che ogni giorno del Padre conta per un anno e che ogni anno consiste di dodici mesi. Pertanto tre anni e mezzo fanno quarantadue mesi e quarantadue mesi sono 1260 giorni e ogni giorno nella Bibbia equivale a un anno. E il Báb, l’Araldo di Bahá’u’lláh, ha rivelato la Sua missione nell’anno 1260 dall’emigrazione di Muḥammad, secondo il calendario musulmano.

Poco oltre, nei versetti 11 e 12, è detto: «Ora, dal tempo che sarà stato tolto il sacrificio continuo, e sarà stata posta l’abominazione desertante, vi saranno mille dugennovanta giorni. Beato chi aspetterà pazientemente, e giungerà a mille trecentotrentacinque giorni!».

L’inizio di questo computo lunare va dal giorno della proclamazione dello stato profetico di Muḥammad nel-l’Ḥijáz, avvenuta tre anni dopo la rivelazione della Sua missione, perché lo stato profetico di Muḥammad fu inizialmente tenuto segreto e nessuno ne sapeva nulla tranne Khadíjah e Ibn-Nawfal.23 Esso fu annunciato dopo tre anni. E Bahá’u’lláh rese nota la Sua Rivelazione nell’anno 1290 dalla proclamazione della missione di Muḥammad.

11
COMMENTO ALL’UNDICESIMO CAPITOLO DELLA RIVELAZIONE DI S. GIOVANNI

Nell’Apocalisse XI, 1-2, è detto: «Poi mi fu data una canna, simile ad una verga. E l’angelo si presentò a me, dicendo: Levati, e misura il tempio di Dio, e l’altare, e quelli che adorano in quello. Ma tralascia il cortile di fuori del tempio, e non misurarlo; perciocché egli è stato dato a’ Gentili, ed essi calcheranno la santa città lo spazio di quarantadue mesi».

Questa canna è l’Uomo Perfetto e la ragione per cui Egli è paragonato a una canna è che una canna, quando sia completamente libera e svuotata dal midollo, diventa capace di produrre melodie meravigliose. Inoltre i canti e le melodie non provengono dalla canna ma dal suonatore che vi soffia dentro. Nello stesso modo il cuore santificato di quell’Essere benedetto è libero e vuoto di tutto eccetto Dio, è contrario ad attaccamenti a inclinazioni egoistiche e libero da esse e intimamente consapevole dell’alito dello Spirito divino. Ciò che Egli dice non proviene da Lui ma dal Suonatore ideale e dalla rivelazione divina. Ecco perché è paragonato a una canna e la canna è come un bastone, cioè è l’aiuto del debole e il sostegno di ogni anima mortale. È il bastone del vero Pastore con il quale Egli pasce il Suo gregge e lo guida nei pascoli del Regno.

Poi è detto che l’angelo si rivolse a lui, dicendo: «Levati e misura il tempio di Dio, e l’altare, e quelli che adorano in quello», cioè paragona e misura. Misurare significa determinare la quantità di una cosa. Così l’angelo disse: misura il Santo dei Santi, e l’altare, e coloro che vi pregano, cioè, cerca quale sia la loro vera condizione, scopri il loro rango e il loro stadio, le loro conquiste, le loro perfezioni, la loro condotta e i loro attributi e informati dei misteri delle anime sante che dimorano nello stadio della purezza e della santità nel Santo dei Santi.

«Ma tralascia il cortile di fuori del tempio, e non misurarlo; perciocché egli è stato dato a’ Gentili». Al principio del VII secolo dell’era cristiana, quando Gerusalemme fu conquistata, il Santo dei Santi, cioè l’edificio edificato da Salomone, fu esteriormente risparmiato. Ma la sua corte esterna fu presa e data ai gentili.

«Ed essi calcheranno la santa città lo spazio di quarantadue mesi», vale a dire i gentili conquisteranno e soggiogheranno Gerusalemme per quarantadue mesi, o 1260 giorni, o, essendo ogni giorno equivalente a un anno, 1260 anni, che è la durata della Dispensazione coranica. Poiché secondo il testo della Bibbia ogni giorno equivale a un anno, come è detto in Ezechiele IV, 6: «porterai l’iniquità della casa di Giuda per quaranta giorni; io ti ordino un giorno per un anno».

Questa profezia riguarda la durata della Dispensazione islamica, quando Gerusalemme fu calpestata, cioè fu disonorata, mentre il Santo dei Santi fu preservato, protetto e onorato. Questo stato di cose proseguì fino all’anno 1260. Questi 1260 anni sono una profezia sull’avvento del Báb, la «Porta» che conduce a Bahá’u’lláh, che ebbe luogo nel 1260 dell’Egira. Essendo terminato il periodo di 1260 anni, la Città santa di Gerusalemme incomincia a prosperare e a rifiorire. Chiunque abbia visto Gerusalemme sessant’anni fa e la veda ora riconosce che è ritornata a prosperare e fiorire e che ha riconquistato il proprio onore.

Questo è il significato esteriore di questi versetti dell’Apocalisse di san Giovanni. Ma essi hanno anche un’interpretazione interiore e un significato simbolico, come segue. La religione di Dio consiste di due parti. Una è la base fondamentale e appartiene al regno spirituale. Vale a dire, essa si riferisce alle virtù spirituali e alle qualità divine. Questa parte non cambia e non si modifica. È il Santo dei Santi, che costituisce l’essenza della religione di Adamo, Noè, Abramo, Mosè, Cristo, Muḥammad, il Báb e Bahá’u’lláh e durerà per tutte le Dispensazioni profetiche. Essa non sarà mai abrogata, poiché non è una verità materiale, ma spirituale. Essa è fede, conoscenza, certezza, giustizia, pietà, nobiltà d’animo, fidatezza, amore di Dio e carità. È misericordia verso i poveri, protezione degli oppressi, generosità verso i bisognosi e soccorso verso chi è decaduto. Queste sono qualità divine. Questi comandamenti non saranno mai abrogati. Dureranno e rimarranno in vigore per tutta l’eternità. Queste virtù umane sono rinnovate in ogni Dispensazione, perché alla fine di ogni Dispensazione, lo spirito della legge di Dio, che consiste nelle virtù umane, scompare nella sostanza e sussiste soltanto nella forma.

Così, alla fine della Dispensazione di Mosè, che coincide con l’avvento di Cristo, la vera religione di Dio scomparve fra gli ebrei, lasciandosi alle spalle soltanto una forma senza spirito. Il Santo dei Santi non esisteva più, ma la corte esterna del Tempio – che significa la forma esteriore della religione – cadde nelle mani dei gentili. Allo stesso modo il cuore della religione di Cristo, che consiste nelle massime virtù umane, non esiste più, ma la sua forma esteriore è rimasta nelle mani dei preti e dei monaci. Così, anche i fondamenti della religione di Muḥammad non esistono più, ma la sua forma esteriore resta nelle mani dei teologi musulmani.

Ma questi fondamenti della religione di Dio, che sono spirituali e che sono le virtù umane, non sono mai soggetti ad abrogazione. Sono eterni e imperituri e si rinnovano in ogni Dispensazione profetica.

La seconda parte della religione di Dio, che riguarda il mondo materiale e comprende cose come il digiuno, la preghiera, le pratiche del culto, il matrimonio, il divorzio, l’affrancamento degli schiavi, i procedimenti legali, le transazioni, le pene e le punizioni per omicidi, violenze, furti e lesioni personali, cambia e si modifica in ogni Dispensazione profetica e può essere abrogata, perché le politiche, le transazioni, le pene e altre leggi possono cambiare a seconda delle esigenze dei tempi.

In breve, ciò che s’intende col termine «Santo dei Santi» è la legge spirituale che non potrà mai essere modificata o abrogata e ciò che s’intende col termine «Città santa» è la legge materiale che può essere abrogata. E questa legge materiale, la Città santa, sarebbe stata calpestata per 1260 anni.

«E io darò a’ miei due testimoni di profetizzare; e profetizzeranno milleduecentosessanta giorni, vestiti di sacchi».25 Questi due testimoni sono Muhammad, il Messaggero di Dio, e ‘Alí, figlio di Abú Ṭálib. Nel Corano è detto che Dio, rivolgendoSi a Muḥammad, disse: «Noi t’abbiamo inviato come testimone e nunzio di buone novelle e monito»,26 cioè, abbiamo fatto di Te uno che fa testimonianza, che impartisce la lieta novella di ciò che verrà e ammonisce della collera di Dio. «Testimone» significa colui in base alla cui affermazione le cose sono accertate. I comandamenti di questi due testimoni dovevano essere seguiti per 1260 giorni, un giorno per un anno. Ora Muḥammad era la radice e ‘Alí il ramo, come Mosè e Giosuè. È detto che essi sarebbero stati «vestiti di sacchi» per indicare che essi sarebbero apparsi senza indossare una nuova veste, ma con addosso quella vecchia. In altre parole, al principio sarebbero sembrati di poco conto agli occhi degli altri popoli e la loro Causa non sarebbe apparsa nuova. E infatti i principi spirituali della religione di Muḥammad corrispondono a quelli di Cristo nel Vangelo e la maggior parte dei Suoi comandamenti materiali corrisponde a quelli della Torà. Questo è il significato degli abiti vecchi.

«Questi sono i due ulivi, e i due candelieri che stanno nel cospetto del Dio della terra».27 Queste due Anime sono state paragonate a due ulivi, perché in quel tempo tutte le lampade accese la notte erano alimentate con olio d’oliva. In altre parole, queste sono due Anime dalle quali apparirà l’olio della saggezza divina, che è la causa dell’illuminazione del mondo grazie alle quali le luci di Dio brilleranno fulgide e splendenti. Perciò esse sono state paragonate anche a due candelieri. Il candeliere è la sede della luce e il luogo dal quale essa irradia. Allo stesso modo la luce della guida doveva risplendere luminosa da questi due luminosi Sembianti.

Essi «stanno nel cospetto di Dio», ossia si sono posti al Suo servizio ed educano le Sue creature. Per esempio essi educarono le barbare tribù che abitavano nei deserti della penisola araba, a tal punto da sollevarle alle più alte vette della civiltà umana del loro tempo e da diffondere la loro fama e la loro rinomanza in tutto il mondo.

«E se alcuno li vuole offendere, fuoco esce della bocca loro, e divora i lor nemici».28 Questo significa che nessuno potrà resistere alla loro possanza. Cioè, chi vorrà cercare di sovvertire i loro insegnamenti o la loro legge sarà vinto e sconfitto in virtù di quella stessa legge che procede, in forma breve o in modo completo, dalle loro bocche. In altre parole, essi emaneranno un comando che distruggerà qualunque nemico tenti di danneggiarli, o di opporsi a loro. E così avvenne. Tutti i loro oppositori furono sconfitti, volti in fuga e distrutti e questi due testimoni furono visibilmente assistiti dal potere di Dio.

«Costoro hanno podestà di chiudere il cielo, che non cada alcuna pioggia nei giorni della lor profezia».29 Ciò significa che in quel ciclo essi avrebbero governato come sovrani. In altre parole la legge e gli insegnamenti di Muḥammad e le spiegazioni e i commenti di ‘Alí sono un dono celeste. Se essi desiderano elargire questo dono, hanno il potere di farlo. E se desiderano altrimenti, la pioggia non cadrà. In questo caso «pioggia» sta per effusione di grazia.

«Hanno parimenti podestà sopra le acque, per convertirle in sangue».30 Questo significa che il potere profetico di Muḥammad era simile a quello di Mosè e il potere di ‘Alí simile a quello di Giosuè. Cioè, se volevano, potevano trasformare le acque del Nilo in sangue per gli egizi e per coloro che li rinnegavano. In altre parole, ciò che per loro era causa di vita poteva – per ignoranza o per orgoglio – diventare causa di morte. Così la sovranità, la ricchezza e il potere del Faraone e del suo popolo, che erano la sorgente della vita della nazione, divennero, in seguito alla loro opposizione, al loro rifiuto e al loro orgoglio, causa di morte, rovina, distruzione, degradazione e miseria. Perciò questi due testimoni hanno il potere di distruggere le nazioni.

«E di percuoter la terra di qualunque piaga, ogni volta che vorranno».31 Questo significa che essi avrebbero avuto anche il potere e l’influenza esteriori necessari per educare gli operatori di iniquità e le personificazioni dell’oppressione e della tirannia. Infatti Dio aveva concesso a questi due testimoni il potere esteriore e la forza interiore e perciò essi corressero ed educarono i malvagi, sanguinari e iniqui arabi del deserto, che erano come lupi e bestie fameliche.

«E quando avranno finita la loro testimonianza»,32 cioè quando avranno fatto ciò che è stato loro comandato e trasmesso il messaggio divino, e promosso la religione di Dio, e divulgato gli insegnamenti celesti, sì che i segni della vita spirituale si manifestino nelle anime degli uomini, la luce delle virtù umane risplenda e queste tribù del deserto compiano un sostanziale progresso.

«La bestia che sale dall’abisso farà guerra con loro, e li vincerà, e li ucciderà».33 Questa bestia indica gli Omayyadi, che assalirono i due testimoni dall’abisso dell’errore. E in verità accadde che gli Omayyadi aggredissero la religione di Muḥammad e la verità di ‘Alí, che consistono nell’amore di Dio.

«La bestia fece guerra con questi due testimoni».34 Con ciò si intende una guerra spirituale, per dire che la bestia avrebbe agito assolutamente contro gli insegnamenti, il comportamento e il carattere di questi due testimoni, a tal punto che le virtù e le perfezioni che erano state diffuse fra i popoli e le nazioni grazie al loro potere sarebbero totalmente svanite e le qualità animali e i desideri carnali avrebbero prevalso. Perciò, questa bestia li avrebbe combattuti e avrebbe vinto, per dire che le tenebre dell’errore propagate da questa bestia sarebbero prevalse in tutto il mondo e avrebbero ucciso i due testimoni. In altre parole, essa avrebbe distrutto la loro vita spirituale fra la gente, soppresso le loro leggi e i loro insegnamenti divini e calpestato la religione di Dio, lasciandosi alle spalle soltanto un corpo senza vita e senza spirito.

«E i lor corpi morti giaceranno in su la piazza della gran città, la quale spiritualmente si chiama Sodoma ed Egitto; dove ancora è stato crocifisso il Signor nostro».35 «I lor corpi» significa la religione di Dio e «la piazza» significa sotto gli occhi di tutti. Il significato di «Sodoma ed Egitto, dove ancora è stato crocifisso il Signor nostro» si riferisce alla terra di Siria e specialmente a Gerusalemme che fu sede del potere degli Omayyadi. Fu qui che la religione di Dio e gli insegnamenti divini incominciarono a scomparire, lasciandosi dietro un corpo senza spirito. «I lor corpi» sono la religione di Dio, che rimase come un corpo morto e senza spirito.

«E gli uomini d’infra i popoli, e tribù, e lingue, e nazioni, vedranno i lor corpi morti lo spazio di tre giorni e mezzo; e non lasceranno che i lor corpi morti sieno posti in monumenti».36 Com’è già stato spiegato, nella terminologia delle sacre Scritture tre giorni e mezzo equivalgono a tre anni e mezzo, tre anni e mezzo sono pari a quarantadue mesi e quarantadue mesi corrispondono a 1260 giorni. Poiché secondo il testo esplicito della Bibbia ogni giorno equivale a un anno, ciò significa che per 1260 anni, che è la durata della Dispensazione coranica, le nazioni, le tribù e i popoli avrebbero veduto i loro corpi, cioè, avrebbero tenuto la religione di Dio davanti agli occhi, ma non avrebbero agito secondo i suoi dettami. Tuttavia non avrebbero permesso che questi corpi, cioè la religione di Dio, fossero posti a riposare nella tomba. Cioè essi si sarebbero attenuti alla sua forma esteriore e non l’avrebbero lasciata scomparire fra loro e non avrebbero permesso che il suo corpo fosse interamente distrutto e annientato. Ma ne avrebbero dimenticato la realtà, mentre esteriormente ne avrebbero preservato il nome e il ricordo.

Ciò che si intende qui sono quelle tribù, quei popoli e quelle nazioni che si riunirono sotto l’ombra del Corano. Essi sono coloro che non permettono che la Causa e la religione di Dio siano esteriormente distrutte e annientate. Così fra loro si praticava un certo tipo di preghiera e di digiuno, ma le fondamenta della religione di Dio, che sono il buon carattere, la buona condotta e la conoscenza dei misteri divini, erano scomparsi, la luce delle virtù umane, che procede dall’amore e dalla conoscenza di Dio, si era spenta, le tenebre dell’oppressione e la tirannia dei desideri carnali e degli attributi satanici erano prevalse e il corpo della religione di Dio è stato esposto al pubblico come una salma.

Per 1260 giorni, ogni giorno equivalente a un anno, ossia per la durata della Dispensazione islamica, tutto ciò che queste due persone avevano stabilito come fondamenta della religione di Dio fu abbandonato dai loro seguaci. A tal punto le tracce delle virtù umane, che sono i doni di Dio e costituiscono lo spirito della religione, sono state cancellate che la sincerità, la giustizia, l’amore, l’unione, la purezza, la santità, il distacco e tutte le virtù celesti scomparvero fra loro. Della religione restarono soltanto la preghiera e il digiuno. Questo stato di cose proseguì per 1260 anni, che corrispondono alla durata della Dispensazione del Corano Era come se queste due persone fossero morte e i loro corpi fossero rimasti senza spirito.

«E gli abitanti della terra si rallegreranno di loro, e ne faranno festa, e si manderanno presenti gli uni agli altri; perciocché questi due profeti avranno tormentati gli abitanti della terra».37 Per «abitanti della terra» si intendono gli altri popoli e le altre nazioni, come quelli dell’Europa e delle lontane terre asiatiche, i quali, visto che il carattere dell’Islam era completamente cambiato, che la religione di Dio era stata dimenticata, che le virtù, la decenza e l’onore erano svaniti e che i caratteri erano stati sovvertiti, si rallegrarono per il fatto che la moralità dei musulmani si fosse corrotta e che, di conseguenza, essi fossero pronti a essere vinti da altre nazioni. E così è avvenuto molto palesemente. Guardate quanto questo popolo che un tempo deteneva un potere supremo sia stato degradato e soggiogato!

Le altre nazioni «si manderanno presenti gli uni agli altri» significa che si aiuteranno reciprocamente, «perciocché questi due profeti avranno tormentati gli abitanti della terra», cioè avevano sottomesso e soggiogato gli altri popoli e le altre nazioni della terra.

«E in capo di tre giorni e mezzo, lo spirito della vita, procedente da Dio, entrò in loro, e si rizzarono in piè, e grande spavento cadde sopra quelli che li videro».38 Tre giorni e mezzo, come abbiamo già spiegato, corrispondono a 1260 anni. Queste due Persone, i cui corpi giacevano privi di spirito, cioè gli insegnamenti e la religione che Muḥammad aveva istituito e ‘Alí promulgato, la cui realtà era scomparsa, rimanendone soltanto una forma vuota, erano nuovamente dotati di spirito. Cioè, la spiritualità della Religione di Dio che era diventata materialismo e le virtù che erano divenuti vizi, l’amore di Dio che era divenuto odio, la luce che era divenuta tenebra, le qualità divine che erano divenute attributi satanici, la giustizia che era divenuta tirannide, la misericordia che era divenuta malvagità, la sincerità che era divenuta ipocrisia, la guida che era divenuta errore, la purezza che era divenuta sensualità, tutti quegli insegnamenti divini, quelle virtù e quelle perfezioni celestiali e quei doni spirituali furono rinnovati, dopo tre giorni e mezzo (che secondo la terminologia delle sacre Scritture significa 1260 anni), dall’avvento del Báb e dalla lealtà di Quddús.

Le brezze della santità soffiarono, la luce della verità rifulse, la primavera vivificatrice giunse e il mattino della guida albeggiò. Questi due corpi esanimi furono ricondotti in vita e questi due grandi personaggi – uno, il Fondatore, l’altro il promulgatore – si presentarono come due candelieri, poiché illuminarono il mondo intero con la luce della verità.

«Ed essi udirono una gran voce dal cielo che disse loro: Salite qua. Ed essi salirono al cielo»,39 cioè, dal cielo invisibile essi udirono la voce di Dio che diceva: Avete fatto tutto ciò che occorreva per educare i popoli e propagare la lieta novella di ciò che verrà. Avete trasmesso alla gente il Mio messaggio, lanciato l’appello della Verità e avete adempiuto a ogni vostro obbligo. Adesso, come Cristo, dovete sacrificare la vita sulla via del Benamato e affrontare il martirio. E quel Sole della Verità e quella Luna di Guida,40 tutti e due come Cristo, tramontarono sull’orizzonte del sacrificio supremo e ascesero al Regno dei Cieli.

«E i lor nemici li videro»,41 cioè molti dei loro nemici compresero dopo il loro martirio la sublimità del loro stadio e l’eccellenza della loro virtù e ne attestarono la grandezza e le perfezioni.

«E in quell’ora si fece un gran tremoto, e la decima parte della città cadde, e settemila persone furono uccise in quel tremoto».42 Quel terremoto avvenne a Shíráz dopo il martirio del Báb. La città fu in subbuglio e molti furono uccisi. Vi fu poi una grande agitazione a causa di malattie, colera, carestia, miseria, mancanza di viveri e afflizioni tali che mai prima si erano avute.

«E il rimanente fu spaventato, e diede gloria all’Iddio del cielo».43 Quando vi fu il terremoto nel Fárs, i superstiti gemettero e piansero giorno e notte, intenti solo a glorificare e implorare Iddio. Erano così spaventati e agitati che la notte non riuscivano a dormire o riposare.

«Il secondo guaio è passato; ed ecco, tosto verrà il terzo guaio».44 Il primo guaio fu l’avvento dell’Apostolo di Dio, Muḥammad, figlio di ‘Abdu’lláh, la pace sia con Lui. Il secondo guaio fu quello del Báb, gloria e lode a Lui. Il terzo guaio è il gran giorno dell’avvento del Signore degli Eserciti e la rivelazione della Bellezza promessa. La spiegazione di questo tema si trova nel capitolo XXX di Ezechiele, dove è detto: «La parola del Signore mi fu ancora indirizzata, dicendo: Figliuol d’uomo, profetizza, e di’: Così ha detto il Signore Iddio: Urlate, e dite: Ohimè lasso! qual giorno è questo! Perciocché vicino è il giorno, vicino è il giorno del Signore!».45 È dunque evidente che il giorno del guaio è il giorno del Signore, poiché quel giorno sarà un guaio per i negligenti, i peccatori e gli ignoranti. «Il secondo guaio è passato; ed ecco, tosto verrà il terzo guaio». Questo terzo guaio è il giorno della manifestazione di Bahá’u’lláh, il Giorno di Dio ed è vicino al giorno dell’apparizione del Báb.

«Poi il settimo angelo sonò, e si fecero gran voci nel cielo, che dicevano: Il regno del mondo è venuto ad esser del Signor nostro, e del suo Cristo, ed egli regnerà ne’ secoli de’ secoli».46 Quell’angelo si riferisce ad anime umane dotate di attributi celestiali e investite di una natura e una disposizione angelica. Si leveranno voci e l’apparizione della Manifestazione divina sarà proclamata e divulgata. Si annuncerà che questo giorno è il giorno dell’avvento del Signore degli Eserciti e che questa Dispensazione è la Dispensazione misericordiosa della divina Provvidenza. È stato promesso e registrato in tutti i Libri e le sacre Scritture che in questo giorno di Dio la Sua sovranità divina e spirituale sarà insediata, il mondo sarà rinnovato, un nuovo spirito sarà alitato nel corpo della creazione, la stagione della primavera divina arriverà, dalle nubi della misericordia cadrà la pioggia, il Sole della verità risplenderà, le brezze vivificanti spireranno. Il mondo umano indosserà una nuova veste, il volto della terra diverrà come il sommo paradiso, l’umanità sarà educata, le guerre, i dissensi, le lotte e le contese scompariranno e appariranno la sincerità, la rettitudine, la pace e la devozione, l’amore, la concordia e l’unione riempiranno il mondo e Dio regnerà per sempre, cioè, sarà fondata una sovranità spirituale ed eterna. Questo è il Giorno di Dio. I giorni venuti e passati erano i giorni di Abramo, di Mosè, di Cristo o di altri Profeti, ma questo giorno è il Giorno di Dio, poiché il Sole della verità vi brillerà in tutta la sua intensità e il suo splendore.

«E i ventiquattro vecchi, che sedevano nel cospetto di Dio in sui lor troni, si gettarono giù sopra le lor facce, e adorarono Iddio, Dicendo: Noi Ti ringraziamo, o Signore Iddio Onnipotente, Che sei, Che eri, e Che hai da venire; che hai presa in mano la Tua gran potenza, e Ti sei messo a regnare».47 In ogni Dispensazione ci sono stati dodici eletti. Al tempo di Giuseppe ci furono dodici fratelli. Al tempo di Mosè vi furono dodici condottieri o capi tribù. Al tempo di Cristo ci furono dodici Apostoli. E al tempo di Muḥammad vi furono dodici Imam. Ma in questa gloriosa Manifestazione ce ne sono ventiquattro, il doppio rispetto a tutti gli altri, perché la grandezza di questa Manifestazione lo esige.48 Queste sante anime sono alla presenza di Dio, assise sui loro troni; per dire che regnano in eterno.

Queste ventiquattro anime gloriose, sebbene siano assise sul trono dell’eterna sovranità, nondimeno si inchinano adoranti alla Manifestazione universale di Dio, umili e sottomesse, dicendo: «Ti ringraziamo, o Signore Iddio Onnipotente, Che sei, Che eri, e Che hai da venire, poiché hai avocato a Te la Tua gran potenza e hai regnato». Cioè, Tu promulgherai tutti i Tuoi insegnamenti, riunirai tutti i popoli della terra sotto la Tua ombra e porterai tutti gli uomini sotto un solo tabernacolo. E sebbene la sovranità sia sempre appartenuta a Dio ed Egli sia sempre stato il supremo Sovrano e continuerà per sempre a esserlo, in questo caso ci si riferisce alla sovranità della Manifestazione del Suo Essere, Che promulgherà leggi e insegnamenti che sono lo spirito del mondo dell’umanità e la causa della vita eterna. Quella Manifestazione universale non assoggetterà il mondo con guerre e battaglie, ma con il potere dello spirito. Non adornerà il mondo con spade e lance, ma con la pace e l’armonia. Non instaurerà la Sua sovranità divina con il potere militare, ma con il vero amore. Non diffonderà questi insegnamenti divini con le armi e la violenza, ma con la gentilezza e l’amicizia. Anche se queste nazioni e questi popoli, per la divergenza delle condizioni, la disparità dei costumi e dei caratteri e la diversità delle religioni e delle razze, sono come il lupo e l’agnello, il leopardo e il capretto, il lattante e il serpente, Egli li educherà a tal segno che essi si abbracceranno, si assoceranno e confideranno l’uno nell’altro. Le antipatie razziali, le animosità religiose e le rivalità nazionali saranno completamente abolite e tutti conseguiranno un perfetto cameratismo e completa armonia all’ombra dell’Albero benedetto.

«E le nazioni si sono adirate», poiché i Tuoi insegnamenti erano contrari ai desideri egoistici delle altre nazioni, e «l’ira Tua è venuta»,49 cioè, tutti sono stati colpiti da grave rovina, per non aver seguito i Tuoi consigli, i Tuoi ammonimenti e i Tuoi insegnamenti, e sono stati velati alla luce del Sole della Verità.

«E il tempo de’ morti nel quale conviene ch’essi sieno giudicati»50 significa che è arrivato il tempo in cui i morti, cioè, coloro che sono privi dello spirito dell’amore di Dio e della vita che è eterna e santificata, sarebbero stati giudicati con giustizia, intendendo con ciò che ciascuno sarebbe stato suscitato secondo i propri meriti e le proprie capacità e che la verità sarebbe stata pienamente divulgata quanto agli abissi di degradazione che essi avrebbero occupato in questo mondo dell’esistenza e al fatto che in realtà essi dovevano essere annoverati fra i morti.

«Che Tu dii il premio a’ Tuoi servitori profeti, ed a’ santi, ed a coloro che temono il Tuo nome, piccoli e grandi».51 Cioè, Tu sceglierai i giusti per la Tua sconfinata grazia, li farai risplendere, come le stelle del cielo, sull’orizzonte dell’antica gloria e li aiuterai a mostrare una condotta e un carattere che illumineranno il mondo dell’umanità e diverranno strumenti di guida e fonti di vita eterna nel Regno divino.

«E che Tu distrugga coloro che distruggon la terra».52 Cioè, Tu priverai completamente i negligenti, perché la cecità dei ciechi sarà esposta e la vista di coloro che vedono diverrà evidente, l’ignoranza e la follia degli esponenti dell’errore saranno riconosciute e la sapienza e la saggezza di coloro che sono ben guidati saranno palesi e così i distruttori saranno distrutti.

«E il tempio di Dio fu aperto nel cielo».53 Ciò significa che la divina Gerusalemme è apparsa e che il Santo dei Santi è divenuto visibile. Fra la gente della vera conoscenza, il Santo dei Santi si riferisce all’essenza della religione di Dio e ai Suoi veri insegnamenti, che sono rimasti immutati in tutte le Dispensazioni profetiche, come è già stato spiegato, mentre Gerusalemme comprende la realtà della religione di Dio, che è il Santo dei Santi, nonché tutte le leggi, le reciproche relazioni, i riti e gli ordinamenti materiali, che formano la città. Per questo la chiamano la Gerusalemme celeste. In breve, nel corso della Dispensazione del Sole della Verità, le luci di Dio brilleranno nel massimo splendore e così l’essenza degli insegnamenti divini si realizzerà nel mondo dell’essere, le tenebre dell’ignoranza e della follia saranno dissipate, il mondo diventerà un altro mondo, la luce spirituale pervaderà tutto e quindi il Santo dei Santi apparirà.

«E il tempio di Dio fu aperto nel cielo».54 Ciò significa anche che, grazie alla diffusione di questi insegnamenti divini, allo svelamento di questi misteri celestiali e al sorgere del Sole della verità, le porte del progresso e dell’avanzamento si apriranno dappertutto e i segni delle benedizioni e delle largizioni celesti diverranno manifesti.

«E apparve l’arca del Suo Testamento nel Suo tempio».55 Ciò significa che il Libro del suo Patto apparirà nella sua Gerusalemme, che la Tavola del Testamento sarà redatta e il significato del Patto e del Testamento diverrà evidente. L’appello di Dio risuonerà in Oriente e in Occidente e la terra si riempirà della fama della Causa di Dio. I violatori del Patto saranno umiliati e degradati e i fedeli otterranno onore e gloria, perché si attengono al Libro del Patto e sono saldi e incrollabili sulla via del Testamento.

«E si fecero folgori, e suoni, e tuoni, e tremoto, e gragnuola grande».56 Ciò significa che, dopo l’apparizione del Libro del Patto, vi sarà una gran tempesta, esploderanno i fulmini dell’ira e della collera divina, risuonerà il tuono della violazione del Patto, il tremore del dubbio scuoterà la terra, la grandine dei tormenti si abbatterà sui violatori del Patto e coloro che proclamano di credere incorreranno in prove e difficoltà.

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COMMENTO ALL’XI CAPITOLO DI ISAIA

In Isaia XI, 1-9 è detto: «Ed uscirà un Rampollo dal tronco di Isai [Jesse], ed un Ramo spunterà dalle sue radici. E lo spirito del Signore riposerà sopra esso; lo spirito di sapienza e d’intendimento; lo spirito di consiglio e di fortezza; lo spirito di conoscimento e di timor del Signore. E lo farà di veloce intendimento nel timor del Signore, ed egli non giudicherà secondo la veduta de’ suoi occhi, e non renderà ragione secondo l’udita de’ suoi orecchi. Anzi giudicherà i poveri in giustizia, e renderà ragione in dirittura a’ mansueti della terra; e percoterà la terra con la verga della sua bocca, ed ucciderà l’empio col fiato delle sue labbra. E la giustizia sarà la cintura de’ suoi lombi, e la verità la cintura de’ suoi fianchi. E il lupo dimorerà con l’agnello, e il pardo giacerà col capretto; e il vitello, e il leoncello, e la bestia ingrassata staranno insieme; ed un piccol fanciullo li guiderà. E la vacca e l’orsa pasceranno insieme; e i lor figli giaceranno insieme; e il leone mangerà lo strame come il bue. E il bambino di poppa si trastullerà sopra la buca dell’aspido, e lo spoppato stenderà la mano sopra la tana del basilisco. Queste bestie, in tutto il Mio santo monte, non faran danno, né guasto; perciocché la terra sarà ripiena della conoscenza del Signore, a guisa che le acque coprono il mare».

Questo «rampollo del tronco di Jesse» sembrerebbe applicarsi a Cristo, perché Giuseppe era discendente di Jesse, padre di Davide. Ma poiché Cristo era venuto all’esistenza per opera dello Spirito divino, Egli Si disse Figlio di Dio. Se così non fosse, questo passo si riferirebbe a Lui. Inoltre gli eventi che si dice sarebbero accaduti nei giorni di quel rampollo, interpretati figurativamente, si verificarono solo in parte e, presi alla lettera, non si sono assolutamente verificati nei giorni di Cristo.

Per esempio, potremmo dire che il leopardo e l’agnello, il leone e il vitello, il poppante e l’aspide sono le varie nazioni, i popoli ostili e le tribù antagoniste della terra, che nella loro opposizione e nella loro inimicizia erano come il lupo e l’agnello e che, grazie alle brezze dello Spirito messianico, furono pervasi dallo spirito dell’unità e del cameratismo, furono vivificati e si associarono intimamente fra loro. Ma la condizione menzionata nella frase, «in tutto il Mio santo monte, non faran danno, né guasto; perciocché la terra sarà ripiena della conoscenza del Signore, a guisa che le acque coprono il mare», non si è verificata nella Dispensazione di Cristo. Infatti ancora oggi esistono nel mondo varie nazioni rivali e ostili: pochi riconoscono il Dio d’Israele e la maggioranza è priva della conoscenza di Dio. Allo stesso modo, la pace universale non si affermò con l’avvento di Cristo, vale a dire, non vi fu né pace né benessere fra le nazioni ostili e contendenti, le dispute e i conflitti non si risolsero e non si conseguirono l’armonia e la sincerità. Così ancora oggi profonde inimicizie, odi e conflitti prevalgono fra i popoli cristiani.

Ma questi versetti si applicano parola per parola a Bahá’u’lláh. Inoltre, in questa meravigliosa Dispensazione la terra diverrà un’altra terra e il mondo dell’umanità sarà ordinato in perfetta compostezza e ornamento. Dispute, contese e stragi cederanno il posto alla pace, alla sincerità e all’armonia. Fra le nazioni, i popoli, le tribù e i governi prevarranno l’amore e l’amicizia e s’instaureranno solidamente cooperazione e stretti rapporti. Infine la guerra sarà completamente messa al bando e quando le leggi del Più Santo Libro saranno applicate, le argomentazioni e le dispute saranno composte con perfetta giustizia davanti a un tribunale universale di governi e di popoli e qualunque difficoltà sorga sarà risolta. I cinque continenti del mondo diverranno uno solo, le sue varie nazioni diverranno una sola, la terra diverrà un’unica patria e l’umanità un unico popolo. I paesi saranno così intimamente collegati e i popoli e le nazioni saranno talmente mescolati e uniti che la razza umana diverrà come un’unica famiglia e una sola tribù. La luce dell’amore celestiale risplenderà e le cupe tenebre dell’odio e dell’inimicizia scompariranno totalmente. La pace universale pianterà le tende nel centro del creato e il benedetto Albero della Vita crescerà e fiorirà tanto da protendere la sua ombra protettrice sull’Oriente e sull’Occidente. Forti e deboli, ricchi e poveri, tribù contendenti e nazioni ostili, che sono come il lupo e l’agnello, il leopardo e il capretto, il leone e il vitello, si tratteranno reciprocamente con massimo amore, unità, giustizia ed equità. Il mondo sarà pieno di scienza, di sapere, di realtà dei misteri del creato e di conoscenza di Dio.

Ora, in questa gloriosa era, che è il secolo di Bahá’u’lláh, considerate quanto siano progrediti la scienza e il sapere, quanti misteri del creato siano stati completamente scoperti, quante grandi imprese siano state compiute e si moltiplichino giorno dopo giorno. Fra non molto, la scienza e il sapere materiali, nonché la conoscenza spirituale, compiranno un tale progresso e mostreranno tali meraviglie da abbagliare ogni occhio e da rivelare il pieno significato del versetto di Isaia: «perciocché la terra sarà ripiena della conoscenza del Signore».

Riflettete inoltre come nel breve periodo di tempo trascorso dall’avvento di Bahá’u’lláh, popoli di tutte le nazioni, le tribù e le razze siano entrati sotto l’ombra di questa Causa. Cristiani, ebrei, zoroastriani, induisti, buddhisti e persiani si associano tutti in perfetto amore e amicizia, come se per migliaia d’anni fossero appartenuti alla medesima tribù e alla medesima famiglia, in verità come se fossero padre e figlio, madre e figlia, sorella e fratello. Questo è uno dei significati dell’amicizia fra il lupo e l’agnello, fra il leopardo e il capretto e fra il leone e il vitello.

Uno dei grandi eventi che deve compiersi nel Giorno della manifestazione di quell’incomparabile Ramo è l’issarsi dello Stendardo di Dio in mezzo alle nazioni, cioè tutte le nazioni e le razze si raccoglieranno all’ombra di questo divino Vessillo che altro non è che il Ramo stesso del Signore e diverranno un solo popolo. Gli antagonismi religiosi e settari, l’ostilità fra razze e popoli e le divergenze fra le nazioni saranno eliminati. Tutti gli uomini aderiranno a una fede comune, si fonderanno in una sola razza e diverranno un unico popolo. Dimoreranno tutti in una patria comune, cioè il pianeta stesso.57 Fra le nazioni vi saranno pace e concordia universali. Quel Ramo incomparabile riunirà tutto Israele. Cioè, nella Sua Dispensazione Israele sarà riunito in Terra Santa e il popolo ebraico, ora disperso in Oriente e in Occidente, nel Sud e nel Nord, sarà riunito assieme.

Vedete, ora, questi eventi non ebbero luogo nella Dispensazione cristiana, perché le nazioni non si riunirono sotto quello stendardo, sotto quel Ramo divino, ma in questa Dispensazione del Signore degli Eserciti, tutte le nazioni e tutti i popoli si porranno sotto la Sua ombra. Similmente, Israele, che era stato disperso in tutto il mondo, non si radunò in Terra Santa durante la Dispensazione cristiana, ma con l’inizio della Dispensazione di Bahá’u’lláh questa promessa divina, chiaramente affermata in tutti i Libri dei Profeti, ha incominciato a materializzarsi. Osservate come gruppi di ebrei stiano arrivando in Terra Santa da tutti gli angoli del mondo, acquistino villaggi e terre per abitarvi e, di giorno in giorno, aumentino a tal punto che la Palestina sta diventando la loro patria.

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COMMENTO AL XII CAPITOLO DELLA RIVELAZIONE DI S. GIOVANNI

Abbiamo spiegato prima che ciò che più spesso le sacre Scritture intendono per Città Santa o Gerusalemme divina è la religione di Dio, che a volte è stata paragonata a una sposa, altre volte chiamata «Gerusalemme» e altre volte ancora descritta come il nuovo cielo e la nuova terra. Così nel capitolo XXI dell’Apocalisse è detto: «Poi vidi nuovo cielo e nuova terra; perciocché il primo cielo, e la prima terra erano passati, e il mare non era più. Ed io, Giovanni, vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, che scendeva dal cielo, d’appresso a Dio, acconcia come una sposa, adorna per il suo sposo. Ed io udii una gran voce dal cielo, che diceva: Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini, ed Egli abiterà con loro; ed essi saranno il Suo popolo, e Iddio Stesso sarà con essi, Iddio loro».58

Considerate con quanta chiarezza «il primo cielo» e «la prima terra» si riferiscano agli aspetti esteriori della precedente religione. Infatti è detto che «il primo cielo e la prima terra erano passati e il mare non era più». Cioè, la terra è il luogo del giudizio finale e in questo luogo non ci sarà più mare, per dire che la legge e gli insegnamenti di Dio si diffonderanno su tutta la terra, che tutti gli uomini abbracceranno la Sua Causa e che la terra sarà tutta abitata da fedeli. Perciò non vi sarà più mare, perché l’uomo non abita nel mare, ma sulla terra ferma. In altre parole, in quella Dispensazione la sfera d’influenza di quella religione comprenderà ogni terra che l’uomo abbia calpestato e sarà instaurata su terreno solido nel quale il piede non inciampa.

Similmente, la religione di Dio è descritta anche come la Città santa oppure la nuova Gerusalemme. Chiaramente la nuova Gerusalemme che discende dal cielo non è una città di pietra e di calce, di mattoni e di malta, ma è la religione di Dio che discende dal cielo ed è chiamata nuova. Infatti è ovvio che la Gerusalemme fatta di pietre e di malta non discende dal cielo e non si rinnova, mentre ciò che si rinnova è la religione di Dio.

Inoltre, la religione di Dio è paragonata a una sposa abbigliata che appare in massima grazia, com’è stato detto nel XXI capitolo dell’Apocalisse di san Giovanni: «Ed io, Giovanni, vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, che scendeva dal cielo, d’appresso a Dio, acconcia come una sposa, adorna per il suo sposo».59 E nel XII capitolo, è detto: «Poi apparve un gran segno nel cielo: una donna intorniata del sole, di sotto a’ cui piedi era la luna, e sopra la cui testa era una corona di dodici stelle». Questa donna è quella sposa, la religione di Dio, che discese su Muḥammad. Il sole di cui era vestita e la luna sotto i suoi piedi sono i due governi che si trovano all’ombra di questa religione, i regni persiano e turco, poiché l’emblema della Persia è il sole e quello dell’Impero Ottomano la mezzaluna. Così il sole e la luna alludono ai due governi sotto l’ombra della religione di Dio. Poi è detto: «Sopra la sua testa c’è una corona di dodici stelle». Queste dodici stelle sono i dodici Imam, che furono i promotori della religione di Muḥammad e gli educatori della nazione, che brillarono come stelle nel cielo della guida.

Poi è detto: «Ed essendo gravida , gridava, sentendo i dolori del parto, e travagliava da partorire»,60 il che significa che questa religione si troverà in gravi difficoltà e sopporterà grandi tribolazioni e afflizioni finché non se ne produrrà una progenie perfetta, cioè fino alla successiva Manifestazione promessa, che è la progenie perfetta, allevata nel seno di questa religione, che è come una madre. Questa progenie è il Báb, il Punto Primo, Che in verità nacque dalla religione di Muḥammad. In altre parole, quella sacra Realtà, Che era figlia e risultato della religione di Dio, Sua madre, e Che era il suo Promesso, è venuta all’esistenza nel regno celeste di quella religione, ma fu innalzata a Dio per eludere il potere del drago. Dopo 1260 giorni il drago fu distrutto e il figlio della religione di Dio, il Promesso, divenne manifesto.

«Apparve ancora un altro segno nel cielo: Ed ecco un gran dragone rosso, che avea sette teste e dieci corna; e in su le sue teste v’erano sette diademi. E la sua coda strascinava dietro a sé la terza parte delle stelle del cielo, ed egli le gettò in terra».61 Questo drago rappresenta gli Omayyadi, che presero le redini della religione di Muḥammad. Sette teste e sette diademi rappresentano i sette domini e regni sui quali essi governarono: i possedimenti romani in Siria, i possedimenti persiani, arabi ed egizi, i possedimenti dell’Africa, cioè, la Tunisia, il Marocco e l’Algeria, i possedimenti dell’Andalusia, che è ora la Spagna, e i possedimenti delle tribù turche della Transoxania. Gli Omayyadi conquistarono il potere su questi possedimenti. Le dieci corna rappresentano i nomi dei sovrani omayyadi, perché, saltando le ripetizioni, ci sono dieci sovrani omayyadi, o dieci nomi di capi e comandanti. Il primo è Abú Sufyán e l’ultimo è Marván. Alcuni dei loro nomi si sono ripetuti. Così vi furono due Mu‘ávíyih, tre Yazíd, due Valíd e due Marván. Ma se si contano questi nomi una volta sola, essi sono dieci. Gli Omayyadi, il primo dei quali fu Abú Sufyán, già capo della Mecca e fondatore della dinastia degli Omayyadi e l’ultimo dei quali fu Marván, distrussero un terzo della santa e benedetta discendenza del puro lignaggio di Muḥammad, che erano come stelle del cielo.

«E il dragone si fermò davanti alla donna che avea da partorire, acciocché, quando avesse partorito, egli divorasse il suo figliuolo».62 Come abbiamo già spiegato, questa donna è la religione di Dio. Il drago vicino a lei significa che esso vigilava per divorarne suo figlio non appena fosse stato partorito. Questo figlio era la Manifestazione promessa, che è progenie della religione di Muḥammad. Gli Omayyadi furono sempre ansiosi d’impossessarsi del Promesso Che doveva apparire dal lignaggio di Muḥammad, per distruggerLo e annientarLo, poiché essi Ne temevano molto l’avvento. E così ogni qual volta trovarono un discendente di Muḥammad che fosse rispettato agli occhi del popolo lo uccisero.

«Ed ella partorì un figliuol maschio, Il Quale ha da reggere tutte le nazioni con verga di ferro».63 Questo figlio glorioso è la Manifestazione promessa, nata dalla religione di Dio ed educata nel seno degli insegnamenti divini. La verga di ferro non è una spada, ma un simbolo di possanza e di potere e significa che Egli pascerà tutte le nazioni della terra in virtù del Suo divino potere. Questo figlio è il Báb.

«E il figliuolo d’essa fu rapito, e portato appresso Dio, ed appresso al Suo trono».64 Questa profezia riguarda il Báb Che ascese al Regno, al Trono di Dio e al Seggio della Sua sovranità. Considerate come tutto corrisponda a quanto è accaduto.

«E la donna fuggì nel deserto»,65 cioè, la religione di Dio si rifugiò nel deserto, per indicare il vasto deserto dell’Ḥijáz e della penisola araba.

«Dove aveva un luogo apparecchiato da Dio».66 Cioè, la penisola araba divenne la dimora e l’abitazione e il centro focale della religione di Dio.

«Acciocché sia quivi nudrita milledugensessanta giorni».67 Secondo la terminologia della Bibbia, questi 1260 giorni significano 1260 anni, come è già stato spiegato. Così per 1260 anni la religione di Dio fu curata nel vasto deserto dell’Arabia, finché non è venuto il Promesso. Dopo questi 1260 anni, quella religione smise di avere effetto, poiché i frutti di quell’albero erano stati manifestati e i suoi risultati erano stati prodotti.

Considerate la grande reciproca corrispondenza delle profezie. Il Libro dell’Apocalisse fissa l’avvento del Promesso dopo quarantadue mesi. Il profeta Daniele specifica tre tempi e mezzo, che è anche quarantadue mesi o 1260 giorni. Un altro passo dell’Apocalisse di san Giovanni parla direttamente di 1260 giorni e nella Bibbia è indicato esplicitamente che un giorno significa un anno. Nulla potrebbe essere più chiaro della concordanza fra queste profezie. Il Báb apparve nell’anno 1260 dell’Egira secondo il calendario seguito da tutti i musulmani. Nessuna Manifestazione dispone nella Bibbia di profezie più chiare di questa. Per chi è equo, la concordanza fra i tempi indicati da queste Anime gloriose è la prova più conclusiva e non può avere nessun altra interpretazione. Benedette le anime giuste che cercano la verità.

Ma venendo meno la giustizia, la gente contesta, disputa e nega l’evidenza. Si comportano come i Farisei nel tempo di Cristo, che negarono ostinatamente le interpretazioni e le parole Sue e dei Suoi discepoli e che deliberatamente oscurarono la verità davanti alle masse ignoranti, dicendo: «Queste Profezie non riguardano Gesù ma il Promesso Che verrà in futuro, secondo le condizioni menzionate nella Torà». Alcune di queste condizioni erano che Egli sarebbe stato un re, si sarebbe insediato sul trono di Davide, avrebbe applicato la legge della Torà, avrebbe inaugurato la massima giustizia e avrebbe portato il lupo e l’agnello a incontrarsi presso la stessa sorgente. E così essi impedirono al popolo di conoscere Cristo.

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PROVE SPIRITUALI

In questo mondo materiale, il tempo ha cicli cangianti e i luoghi sono soggetti a condizioni variabili. Le stagioni si susseguono e le persone progrediscono, regrediscono e si sviluppano. Una volta è primavera, un’altra autunno. Una volta è estate, un’altra è inverno.

La stagione primaverile ha nubi gravide di pioggia preziosa e brezze muschiate, zefiri vivificanti e un clima mite. Piove, il sole risplende, il vento fecondatore soffia, il mondo si rinnova e il soffio della vita si rivela nelle piante, negli animali e negli uomini. Gli esseri terreni passano da una condizione a un’altra. Tutte le cose indossano abiti nuovi, la terra nera si ricopre d’erba copiosa, montagne e pianure indossano un manto verde smeraldo, gli alberi si rivestono di foglie e di gemme, i giardini producono fiori ed erbe soavi, il mondo cambia e tutto il creato s’impregna di una nuova vita. La terra, che era come un corpo esanime, trova un nuovo spirito e mostra bellezza, grazia e fascino infiniti. Così la primavera produce nuova vita e infonde un nuovo spirito.

Poi arriva l’estate, quando il calore aumenta e la crescita e lo sviluppo manifestano il massimo potere. La forza vitale raggiunge la pienezza nel regno vegetale. Appaiono frutti e messi, arriva il tempo del raccolto, il seme diventa covone e si mette da parte il cibo per i mesi invernali.

Poi arriva il tumultuoso autunno quando si scatenano insalubri tempeste, soffiano venti sterili e arriva la stagione della carestia e della penuria. Tutto appassisce, l’aria gradevole diviene rigida e fredda, le brezze della primavera si trasformano nelle sferzate dell’autunno, gli alberi, prima verdi e fiorenti, appassiscono e si spogliano, i fiori e le erbe scompaiono intristiti e i bei giardini diventano tetri mucchi di polvere.

Poi sopravviene la stagione invernale, con il freddo e le bufere. Nevica e il tempo imperversa, grandina e piove, tuona e lampeggia e il letargo e il torpore hanno il sopravvento. Le piante diventano come morte e gli animali languono e sono prostrati.

Giunti a questo stadio, ritorna la vivificante primavera e si apre un nuovo ciclo. La stagione primaverile con le sue schiere di vitalità e di grazia e in tutta la sua grandezza e la sua maestà spiega le tende sulle montagne e sulle pianure. I templi delle creature riprendono vita e la creazione degli esseri contingenti si rinnova. I corpi viventi crescono e si sviluppano, i campi e le pianure diventano verdi e fiorenti, gli alberi gemmano e la primavera dell’anno precedente ritorna nel pieno della maestà e della gloria. L’esistenza delle cose dipenderà sempre da questi cicli e da queste successioni e ne sarà sempre perpetuata. Così sono i cicli e le rivoluzioni del mondo materiale.

I cicli spirituali associati ai Profeti di Dio procedono in modo analogo. Cioè, il giorno dell’avvento delle sante Manifestazioni è la primavera spirituale. È lo splendore divino e la grazia celestiale, è la brezza della vita e l’alba del Sole della Verità. Gli spiriti ne sono vivificati, i cuori rinfrescati, le anime raffinate, tutta l’esistenza si mette in moto e le realtà umane si rallegrano e crescono producendo conquiste e perfezioni. Si ha un progresso universale, le anime sono riunite e i morti sono riportati in vita, perché è il giorno della resurrezione, una stagione di eccitamento e di fermento, l’ora della gioia e della felicità e un tempo di rapimento e di abbandono.

Poi la primavera vivificante dà origine a una feconda estate. La Parola di Dio è proclamata, la Sua Legge promulgata e tutto giunge a perfezione. La mensa celeste è imbandita, le brezze della santità profumano l’Oriente e l’Occidente, gli insegnamenti di Dio conquistano tutta la terra, le anime sono educate, si ottengono risultati lodevoli, nel regno umano appare un progresso universale, i doni divini pervadono ogni cosa e il Sole della Verità sorge all’orizzonte del Regno celeste in massimo potere e intensità.

Giunto allo zenit, quel Sole incomincia a declinare e la stagione estiva dello spirito è seguita dall’autunno. La crescita e lo sviluppo si arrestano, le dolci brezze si trasformano in venti devastanti e la stagione della carestia e del bisogno cancella la vitalità e la bellezza dei giardini, dei campi e dei pergolati. Cioè, le attrazioni spirituali svaniscono, le qualità divine declinano, la radiosità dei cuori si offusca, la spiritualità delle anime si ottunde, le virtù diventano vizi e la santità e la purezza scompaiono. Della legge di Dio non rimane altro che il nome e degli insegnamenti divini non resta altro che una forma esteriore. Le fondamenta della religione di Dio sono distrutte e annientate, mere forme e usanze ne prendono il posto, appaiono divisioni e la fermezza si trasforma in perplessità. Gli spiriti muoiono, i cuori si inaridiscono e le anime languono.

Arriva l’inverno, cioè il gelo dell’ignoranza e dell’in-coscienza avvolge il mondo e prevale l’oscurità di desideri traviati ed egoistici. Sopraggiungono l’apatia e la provocazione, l’indolenza e la follia, la bassezza e le qualità animali, il freddo e il duro torpore, come d’inverno quando il globo terrestre è privato dell’influenza dei raggi del sole e diventa tetro e desolato. Quando il regno della mente e del pensiero arriva a questo stadio, non restano altro che morte perpetua e sconfinata inesistenza.

Ma quando la stagione invernale ha fatto il suo corso, ritorna la primavera spirituale e un nuovo ciclo rivela il suo splendore. Le brezze dello spirito soffiano, il radioso mattino albeggia, dalle nuvole del Misericorde scende la pioggia, i raggi del Sole della verità risplendono e il mondo contingente riceve nuova vita e indossa un abito meraviglioso. Tutti i segni e i doni della trascorsa primavera, e forse di una ancor più grande, ricompaiono in questa nuova stagione.

I cicli spirituali del Sole della Verità, come i cicli del sole materiale, sono in uno stato di perpetuo moto e rinnovamento. Il Sole della Verità può essere paragonato al sole materiale, che sorge da molti punti diversi. Un giorno sorge sotto il segno del Cancro e un altro sotto quello della Bilancia. Un giorno sparge i suoi raggi sotto il segno dell’Acquario, un altro in quello dell’Ariete. Ma il sole è un unico sole e un’unica realtà. Coloro che detengono il vero sapere sono amanti del sole e non sono attaccati ai luoghi dai quali esso sorge. Coloro che sono dotati di percezione sono ricercatori della verità e non dei suoi esponenti e delle sue manifestazioni. Perciò si inchinano adoranti davanti al sole, sotto qualunque segno e su qualunque orizzonte esso appaia e cercano la verità, qualunque anima santificata la riveli. Queste persone scoprono inevitabilmente la verità e non si lasciano separare come con un velo dal Sole del firmamento divino. Così l’amante dei raggi e il ricercatore della luce si rivolge sempre verso il sole, brilli sotto il segno dell’Ariete, o dispensi la sua grazia sotto il segno del Cancro, o sparga i suoi raggi sotto il segno dei Gemelli.

Ma gli stolti e gli ignoranti sono innamorati dei segni zodiacali e infatuati e affascinati dai punti da cui il sole sorge e non del sole. Quando esso fu nel segno del Cancro, essi si volsero verso di esso, ma quando il sole passò nel segno della Bilancia, attaccati come erano al segno precedente, continuarono a fissare lo sguardo su di esso e ad aggrapparsi a esso, privandosi così dei raggi del sole quando esso si mosse. Così il Sole della Verità una volta ha sparso i suoi raggi dal segno di Abramo, poi è albeggiato dal segno di Mosè e ha illuminato l’orizzonte e poi ha brillato con massimo potere, calore e luminosità dal segno di Cristo. Coloro che stavano cercando la verità la adorarono ovunque la vedessero, ma coloro che erano attaccati ad Abramo, quando quel Sole sparse i suoi raggi sul Sinai e illuminò la realtà di Mosè, se ne privarono. E coloro che si aggrapparono a Mosè, quando il Sole della Verità sparse il suo splendore celestiale nel pieno della sua radiosità dal punto di Cristo, anche loro furono avvolti da un velo e così via.

Si deve quindi essere ricercatori della verità, essere affascinati ed estasiati da quell’anima santificata nella quale la si trova e lasciarsi attrarre totalmente dall’effusione della grazia di Dio. Come una falena, si deve essere amanti della luce, da qualunque lampada essa brilli e, come l’usignolo, si deve essere innamorati della rosa in qualunque pergola fiorisca.

Se il sole nascesse a Occidente, sarebbe sempre il sole. In verità, da qualunque punto sorga, il sole è sempre il sole. Non bisogna pensare che esso appaia da un unico punto e che gli altri punti ne siano privi. Non si deve permettere che il fatto che esso sorga in Oriente ci ostacoli come con un velo e non si deve pensare che l’Occidente sia il luogo del suo tramonto e del suo declino. Bisogna cercare la multiforme grazia di Dio, cercare i fulgori divini e lasciarsi rapire e affascinare da ogni realtà nella quale essi si trovano chiaramente e apertamente. Considerate che se non si fossero aggrappati all’orizzonte di Mosè, ma avessero fissato lo sguardo sul Sole della Verità, gli ebrei avrebbero senza dubbio visto il Sole risplendere nel pieno del suo divino fulgore in quel vero Oriente che fu Cristo. Ma, ahimè, mille volte ahimè! Essi si aggrapparono al nome di Mosè e si privarono di quella grazia superna e di quel celestiale splendore

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LA VERA RICCHEZZA

L’onore e l’esaltazione di ogni cosa esistente dipende da circostanze e condizioni.

L’eccellenza, l’ornamento e la perfezione della terra consistono in questo, che diventi verde e fiorente grazie alle effusioni degli scrosci primaverili, che le piante crescano, che fiori ed erbe sboccino, che alberi carichi di gemme producano un abbondante raccolto e frutta fresca e succulenta, che i giardini diventino belli, che i prati si adornino, che le pianure e le montagne indossino un mantello color smeraldo e che i campi, le pergole, i villaggi e le città si abbiglino. Questa è la felicità68 del mondo minerale.

Il culmine dell’esaltazione e della perfezione del mondo vegetale consiste in questo, che un albero si erga in tutta la sua altezza sulle rive di un corso d’acqua fresca, che vi soffi una brezza gentile e che il sole gli doni calore, che un giardiniere se ne prenda cura e che esso cresca e produca frutti giorno dopo giorno. Ma la sua vera felicità è che progredisca nel mondo animale e in quello umano e sostituisca ciò che si è consumato nel corpo degli animali e degli uomini.

L’eccellenza del mondo animale consiste nell’avere membra, organi e facoltà perfette e tutti i propri bisogni soddisfatti. Questo è l’apice della sua gloria, del suo onore e della sua esaltazione. Così la suprema felicità di un animale consiste nell’avere un prato verde e fiorente, un rivo scorrente, acqua dolce e una foresta traboccante di vita. Se dispone di queste cose, non si può immaginare per un animale felicità maggiore. Per esempio, se un uccello costruisce il nido in una foresta verde e fiorente, in un bel posto elevato, su un albero robusto e in cima a un alto ramo e ha a disposizione tutti i semi e tutta l’acqua di cui ha bisogno, questa è la sua perfetta felicità.

Ma per un animale la vera felicità consiste nel passare dal mondo animale a quello umano, come gli esseri microscopici che, attraverso l’aria e l’acqua, penetrano nel corpo dell’uomo, sono assimilati e sostituiscono ciò che si è consumato nel suo corpo. Questo è il massimo onore e la massima felicità per il mondo animale e non si può concepire un onore più grande.

Perciò, è chiaro ed evidente che gli agi, le comodità e l’abbondanza materiali sono l’apice della felicità per i minerali, per le piante e per gli animali. E in verità non v’è ricchezza, prosperità, agio o comodità nel nostro mondo materiale che sia pari alla ricchezza di un uccello, perché sua dimora sono tutti gli spazi dei campi e dei monti, sua ricchezza e sostentamento tutti i semi e i raccolti, suoi possedimenti tutte le terre, i villaggi, i prati, i pascoli, le foreste e le lande selvagge. Ora, chi è più ricco, quest’uccello o l’uomo più facoltoso? Infatti, per quanti semi l’uccello raccolga o dispensi, la sua ricchezza non diminuisce.

È quindi chiaro che l’onore e l’esaltazione dell’uomo non possono essere soltanto le delizie materiali e i benefici terreni. Questa felicità materiale è secondaria, mentre l’esaltazione dell’uomo si trova principalmente nelle virtù e nelle conquiste che sono l’ornamento della realtà umana. Esse sono le benedizioni divine, i doni celestiali, le emozioni sincere, l’amore e la conoscenza di Dio, l’educazione dei popoli, le percezioni della mente e le scoperte della scienza. Esse sono la giustizia e l’equità, la sincerità e la benevolenza, il coraggio interiore e l’umanità innata, la protezione dei diritti degli altri e il rispetto dei patti e degli accordi. Esse sono la rettitudine del comportamento in ogni circostanza, l’amore della verità in ogni condizione, l’abnegazione per il bene altrui, la gentilezza e la compassione verso tutte le nazioni, l’obbedienza agli insegnamenti di Dio, il servizio al Regno dei cieli, la guida di tutte le genti e l’educazione di tutte le razze e le nazioni. Questa è la felicità del mondo umano! Questa l’esaltazione dell’uomo nel mondo contingente! Questa la vita eterna e l’onore celestiale!

Questi doni, però, non appaiono nella realtà dell’uomo se non grazie a un potere celestiale e divino e agli insegnamenti celestiali, poiché essi hanno bisogno di una forza sovrannaturale. Può essere che nel mondo della natura appaiano tracce di queste perfezioni, ma sono fuggevoli ed effimere, come raggi di sole su una parete.

Poiché Iddio compassionevole ha posto sul capo dell’uomo un diadema così fulgido, noi dobbiamo fare in modo che le sue luminose gemme spargano la loro, luce in tutto il mondo.

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LA GRANDEZZA DEL CRISTO È DOVUTA ALLE SUE PERFEZIONI

Domanda. Quali sono la virtù e il beneficio di essere senza padre?

Risposta. Un grand’uomo è grande, sia egli nato da un padre terreno o no. Se essere senza padre fosse una virtù, Adamo sarebbe più grande di tutti i Profeti e i Messaggeri e Li sorpasserebbe, poiché non ebbe né padre né madre. Ciò che comporta grandezza e gloria sono gli splendori e le effusioni delle perfezioni divine. Il sole nasce dalla materia e dalla forma, che si possono paragonare al padre e alla madre ed è perfezione assoluta. Il buio non ha né materia, né forma, né padre né madre ma è pura imperfezione. La materia della vita fisica di Adamo era terra, ma la materia fisica di Abramo era un seme puro. È certo che il seme puro e casto è superiore alla terra e alla pietra.

Inoltre, in Giovanni I, 12 e 13, è detto: «Ma a tutti coloro che l’hanno ricevuto, i quali credono nel Suo nome, Egli ha dato questo potere, d’esser fatti figliuoli di Dio; i quali non di sangue, né di volontà di carne, né di volontà d’uomo, ma son nati da Dio».76 Da questi versetti di Giovanni consegue chiaramente che l’esistenza degli Apostoli non procede da una forza materiale , ma da una realtà spirituale. L’onore e la grandezza di Cristo non sono dovuti al fatto ch’Egli non avesse un padre, ma alle Sue perfezioni, alle sue effusioni e ai suoi splendori divini. Se la grandezza di Cristo consistesse nel non avere un padre, allora Adamo sarebbe ancora più grande, perché non aveva né padre né madre.

Nel Vecchio Testamento è detto: «E il Signore Iddio formò l’uomo della polvere della terra, e gli alitò nelle nari un fiato vitale; e l’uomo fu fatto anima vivente».77 Si osservi che è detto che Adamo venne all’esistenza dallo spirito della vita. Inoltre le parole che Giovanni usa a proposito degli Apostoli dimostrano che anche loro provennero da un Padre celeste. È dunque chiaro ed evidente che la sacra realtà, la vera esistenza, di ogni grande uomo procede da Dio e deve l’esistenza al soffio dello Spirito Santo.

Il significato è questo: se essere senza padre fosse la massima conquista umana, allora Adamo sorpasserebbe tutti, perché non ebbe né padre né madre. È meglio per un uomo essere creato a partire da una sostanza vivente o dalla polvere? Certamente è meglio essere creato a partire da una sostanza vivente. Ma Cristo nacque e venne all’esistenza per opera dello Spirito Santo.

In breve, l’onore e la gloria di quelle Anime santificate, le Manifestazioni di Dio, sono dovuti alle Loro perfezioni, alle Loro effusioni e ai Loro splendori celesti e a null’altro.

Alcuni argomenti Cristiani

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FORME ESTERIORI E SIMBOLI DEBBONO ESSERE USATI PER ESPRIMERE I CONCETTI INTELLETTUALI

Un punto di importanza essenziale per cogliere l’essenza degli altri temi di cui abbiamo discusso o discuteremo, affinché si possa comprendere l’essenza dei problemi, è questo: la conoscenza umana è di due specie.

Una è la conoscenza acquisita attraverso i sensi. Ciò che l’occhio, l’orecchio, o i sensi dell’olfatto, del gusto o del tatto possono percepire si chiama «sensibile». Per esempio il sole è sensibile, perché si può vedere. Allo stesso modo, i suoni sono sensibili, perché si possono udire, gli odori, perché si possono annusare e percepire mediante il senso dell’olfatto, i cibi, perché il palato ne può assaporare la dolcezza, l’acidità, l’amarezza o la salinità, il caldo e il freddo, perché il senso del tatto li può percepire. Queste sono chiamate realtà sensibili.

L’altra specie di conoscenza umana è quella delle cose intellegibili, cioè essa consiste di realtà intellegibili, che non hanno una forma esteriore o una collocazione e che non sono sensibili. Per esempio, il potere della mente non è sensibile, né lo sono gli attributi umani. Essi sono realtà intellegibili. Anche l’amore è una realtà intellegibile e non sensibile. Infatti l’orecchio non ode queste realtà, l’occhio non le vede, l’olfatto non le percepisce, il gusto non le discerne e il tatto non le avverte. Anche l’etere, le cui forze secondo la filosofia naturale sono il calore, la luce, l’elettricità e il magnetismo, non è una realtà sensibile, ma intellegibile. Allo stesso modo, anche la natura è una realtà intellegibile e non sensibile, lo spirito non è una realtà sensibile, ma intellegibile.

Ma quando volete esprimere queste realtà intellegibili non potete fare altro che proiettarle nelle forme di ciò che è sensibile, perché nel mondo esteriore non esiste nulla tranne il sensibile. Così, quando volete esprimere la realtà dello spirito, le sue condizioni e i suoi gradi, siete costretti a descriverli in termini di cose sensibili, perché nel mondo esteriore non esiste nulla tranne il sensibile. Per esempio, il dolore e la felicità sono cose intellegibili, ma quando volete esprimere queste condizioni spirituali, dite: «Ho il cuore pesante», oppure: «Ho il cuore leggero», benché il cuore dell’uomo non diventi alla lettera pesante o leggero. È invece una condizione spirituale o intellegibile, la cui espressione richiede l’uso di termini sensibili. Un altro esempio è quando dite: «Il tale ha fatto grandi progressi», benché quegli sia rimasto nello stesso posto. Oppure dite: «Il tale occupa una posizione altolocata», sebbene costui continui a camminare sulla terra, come chiunque altro. Questa elevazione e questo progresso sono condizioni spirituali e realtà intellegibili, ma per esprimerle dovete usare termini sensibili, perché nel mondo esteriore non esiste nulla tranne il sensibile.

Per citare un altro esempio, descriviamo figurativamente la conoscenza come luce e l’ignoranza come oscurità. Ma, riflettete. Il sapere è forse luce sensibile o l’ignoranza oscurità percepibile? No di certo. Esse sono soltanto condizioni intellegibili, ma quando volete esprimerle esteriormente, chiamate luce il sapere e oscurità l’ignoranza e dite: «Il mio cuore era oscuro e si è illuminato». Ora, la luce del sapere e l’oscurità dell’ignoranza non sono realtà sensibili, ma intellegibili, ma quando cerchiamo di esprimerle esteriormente siamo costretti a dar loro una forma sensibile.

È dunque evidente che la colomba che scese su Cristo69 non era una colomba materiale, ma una condizione spirituale, espressa, per renderla comprensibile, per mezzo di una figura sensibile. Per esempio il Vecchio Testamento dice che Dio apparve come una colonna di fuoco.70 Ora, ciò che si intende non è una forma sensibile, ma una realtà intellegibile che è stata espressa sotto questa forma.

Cristo disse: «Il Padre è nel Figlio e il Figlio è nel Padre».71 Ora, era Cristo in Dio o Dio in Cristo? No, in nome di Dio! Questa è una condizione intellegibile che è stata espressa in una figura sensibile.

Veniamo ora alla spiegazione delle parole di Bahá’u’lláh quando dice: «O Re! Non ero che un uomo come gli altri addormentato sul Mio giaciglio, quand’ecco, le brezze del Gloriosissimo furono alitate su di Me e Mi insegnarono la sapienza di tutto ciò che è stato. Questo non procede da Me, ma da Uno Che è Onnipotente e Onnisciente».72 Questo è lo stadio della rivelazione divina. Non è una realtà sensibile, ma intellegibile. Essa è santificata dal passato, dal presente e dal futuro e li trascende. È un paragone e un’analogia, una metafora. Non è una verità letterale. Non è la condizione che la mente umana abitualmente comprende quando si dice che una persona era addormentata e poi si è svegliata, ma significa un passaggio da uno stato all’altro. Per esempio, il sonno è lo stato del riposo e la veglia lo stato del moto. Il sonno è lo stato del silenzio e la veglia lo stato del discorso. Il sonno è lo stato dell’occultamento e la veglia quello della manifestazione.

Per esempio in persiano e in arabo si dice che la terra dormiva, che la primavera è venuta a risvegliarla, oppure che la terra era morta e la primavera è venuta a ridarle la vita. Queste espressioni sono paragoni, analogie, similitudini e interpretazioni figurative nel mondo del significato interiore.

In breve, le sante Manifestazioni sono sempre state e sempre saranno Realtà luminose e nella loro essenza non si producono cambiamenti o alterazioni. Tutt’al più, prima della Loro rivelazione, erano quiete e silenti, come una persona addormentata, e dopo la Loro rivelazione esse sono eloquenti e fulgide, come una persona sveglia.

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LA NASCITA DI CRISTO

Domanda. Come fece Cristo a nascere dallo Spirito Santo?

Risposta. Su questo punto, i filosofi divini e quelli materiali non sono d’accordo. I filosofi divini credono che Cristo sia nato dallo Spirito Santo, i filosofi materiali credono che ciò sia impossibile e insostenibile e che Egli abbia avuto necessariamente un padre umano.

Nel Corano è detto: «E noi le inviammo il Nostro Spirito che apparve a lei sotto forma d’uomo perfetto»,73 volendo significare che lo Spirito Santo assunse sembianze umane, come un’immagine che appare in uno specchio, e conversò con Maria.

I filosofi materiali credono che vi debba essere stato un connubio e affermano che un corpo vivente non può venire all’esistenza da un corpo inanimato e materializzarsi senza l’unione di un maschio e di una femmina. Essi credono che ciò sia impossibile non soltanto nell’uomo, ma anche negli animali e oltre che negli animali sia impossibile anche nelle piante, poiché l’accoppiamento del maschio e della femmina esiste in tutti gli animali e in tutte le piante. Essi osservano che anche il Corano sostiene questo accoppiamento di tutte le cose: «Sia gloria a Colui che ha creato tutte le coppie, di quel che produce la terra, e loro stessi; e quel che non sanno»,74 cioè, uomini, animali e piante si trovano tutti in coppia: «e di ogni cosa abbiamo creato due forme»,75 vale a dire abbiamo creato tutte le cose in coppie.

In breve, essi dicono che è impossibile immaginare un uomo senza un padre umano. Ma i filosofi divini rispondono: «Questa cosa non è impossibile, anche se non è stata osservata. E c’è una bella differenza fra ciò che è impossibile e ciò che semplicemente non è stato osservato. Per esempio, nei giorni precedenti il telegrafo, la comunicazione istantanea fra l’Oriente e l’Occidente non era stata osservata, ma non era impossibile. Analogamente, nessuno aveva visto una fotografia e un fonografo, ma essi non erano impossibili».

I filosofi materiali insistono nello loro convinzione e i filosofi divini rispondono: «Questo globo terrestre è eterno o ha avuto un’origine?». I filosofi materiali rispondono che, secondo importanti scoperte scientifiche ben fondate, è stabilito che esso ha avuto un’origine, che al principio era un globo liquefatto e che gradualmente è divenuto temperato, che attorno ad esso si è formata una crosta e su questa crosta sono venuti all’esistenza le piante, poi gli animali e infine l’uomo.

I filosofi divini dicono: «Dalla vostra affermazione consegue chiaramente che la specie umana sul globo terrestre non è eterna, ma ha avuto un’origine. Dunque sicuramente il primo uomo non ebbe né padre né madre, perché l’esistenza dell’uomo ha un’origine nel tempo. Ora, che cosa è più problematico, che l’uomo sia venuto all’esistenza sia pur gradualmente senza un padre e una madre, o che sia venuto all’esistenza senza padre? Poiché ammettete che il primo uomo è venuto all’esistenza senza padre e senza madre – sia ciò accaduto gradualmente o in un breve periodo di tempo – non può esservi alcun dubbio che un uomo senza padre umano sia altrettanto possibile e logicamente ammissibile. Non potete semplicemente considerarlo impossibile e se lo faceste tradireste una mancanza di equità. Per esempio, se dite che questa lampada si è accesa una volta senza stoppino e senza olio e poi dite che è impossibile accenderla senza stoppino, questo tradirebbe una mancanza di equità». Cristo ebbe una madre, ma il primo uomo, secondo i filosofi materialisti, non ebbe né padre né madre.

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IL BATTESIMO DI CRISTO

In Matteo III, 13, 14, 15, è detto: «Allora venne Gesù di Galilea al Giordano a Giovanni, per essere da lui battezzato. Ma Giovanni lo divietava forte, dicendo: Io ho bisogno di esser battezzato da Te; e Tu vieni a me! E Gesù, rispondendo, gli disse: Lascia al presente; perciocché così ci conviene adempire ogni giustizia. Allora Giovanni Lo lasciò fare».

Domanda. Data la Sua innata perfezione, che bisogno aveva Cisto del battesimo e quale è la sua saggezza?

Risposta. L’essenza del battesimo è la purificazione attraverso il pentimento. Giovanni ammoniva ed esortava il popolo, lo induceva a pentirsi e poi lo battezzava. Perciò è evidente che il battesimo è il simbolo del pentimento da ogni peccato, come se uno dicesse: «O Dio! Come il mio corpo si è purificato e deterso dalle impurità materiali, così monda e purifica il mio spirito dalle impurità del mondo della natura, che non sono degne della Tua Soglia divina». Il pentimento è il ritorno dalla ribellione all’obbedienza. È dopo aver sperimentato la lontananza e la privazione di Dio, che l’uomo si pente e si purifica. Perciò, questa purificazione è un simbolo che dice: «O Dio! Fa’ che il mio cuore sia buono e puro e liberalo e santificalo da tutto tranne il Tuo amore».

Poiché Cristo desiderava che questa usanza istituita da Giovanni fosse praticata da tutti in quel tempo, vi si sottomise anche Lui, affinché le anime fossero risvegliate e quella legge scaturita dalla religione precedente fosse rispettata. Infatti, sebbene fosse stata istituita da Giovanni, questa usanza era, in realtà, la purificazione del pentimento praticata in tutte e religioni divine.

Cristo non aveva bisogno del battesimo, ma vi Si sottomise perché in quel tempo questa azione era lodevole e accettabile davanti a Dio e presagiva le liete novelle del Regno. Ma in seguito Egli disse che il vero battesimo non è con l’acqua materiale, bensì con lo spirito e con l’acqua e, altrove, con lo spirito e con il fuoco.78 Ciò che si intende qui per «acqua», non è l’acqua materiale, poiché altrove è detto esplicitamente che il battesimo deve essere con lo spirito e con il fuoco e ciò chiarisce che non si intendono il fuoco e l’acqua materiali, perché il battesimo con il fuoco è impossibile.

Perciò per «spirito» si intende la grazia divina, per «acqua» si intende la conoscenza e la vita e per «fuoco» l’amore di Dio. L’acqua materiale, infatti, non purifica il cuore dell’uomo, ma il suo corpo. Ma l’acqua celestiale e lo spirito, che sono conoscenza e vita, mondano e purificano il cuore dell’uomo. In altre parole, il cuore che riceve una parte della grazia effusa dallo Spirito Santo e si santifica diventa buono e puro. Lo scopo è che la realtà dell’uomo si purifichi e si santifichi dalle impurità del mondo della natura, che sono attributi ignobili come la collera, la lussuria, la mondanità, l’orgoglio, la disonestà, l’ipocrisia, la frode, l’egoismo, eccetera.

L’uomo non può liberarsi dall’assalto dei desideri vani ed egoistici se non con la grazia confermatrice dello Spirito Santo. Ecco perché si dice che il battesimo deve essere con lo spirito, con l’acqua e con il fuoco, cioè, con lo spirito della grazia divina, con l’acqua della conoscenza e della vita e con il fuoco dell’amore di Dio. L’uomo dev’essere battezzato con questo spirito, con quest’acqua e con questo fuoco, per essere colmato della grazia eterna. Altrimenti, a che serve essere battezzati con l’acqua materiale? No, quel battesimo con l’acqua era un simbolo di pentimento e di ricerca della remissione dei peccati.

Ma nella Dispensazione di Bahá’u’lláh non c’è più bisogno di questo simbolo, perché la sua realtà, cioè essere battezzati con lo spirito e con l’amore di Dio, è stata stabilita e realizzata.

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NECESSITÀ DEL BATTESIMO

Domanda. La purificazione del battesimo è utile e necessaria, oppure inutile e superflua? Nel primo caso, se è utile, perché fu abrogata? E nel secondo caso, se è inutile, perché Giovanni la praticò?

Risposta. Il cambiamento e la trasformazione delle condizioni e la successione e la rivoluzione delle ere sono fra i requisiti essenziali del mondo contingente e i requisiti essenziali non possono essere separati dalla realtà delle cose. Così è impossibile separare il calore dal fuoco, o la dolcezza dall’acqua, o i raggi dal sole, perché questi sono requisiti essenziali. E poiché il cambiamento e la trasformazione sono tra i requisiti di tutte le cose contingenti, anche i comandamenti di Dio cambiano secondo i cambiamenti dei tempi. Per esempio, nei giorni di Mosè, ciò che era richiesto dalle condizioni prevalenti in quel tempo e consono con esse era la legge di Mosè. Ma nei giorni di Cristo le condizioni erano cambiate a tal punto da rendere la Legge mosaica inadatta alle necessità dell’umanità e perciò essa fu abrogata. Così Cristo violò il Sabato e proibì il divorzio. Dopo di Lui, quattro discepoli, fra i quali Pietro e Paolo, permisero l’uso di cibi animali che erano stati proibiti nella Torà, tranne il consumo di sangue oppure di animali che fossero stati strangolati, o sacrificati agli idoli. Essi proibirono anche la fornicazione.79 Mantennero questi quattro comandamenti. In seguito Paolo permise di mangiare gli animali strangolati, quelli sacrificati agli idoli e il sangue, ma mantenne la proibizione della fornicazione. Così in Romani XIV, 14, egli scrive: «Io so, e son persuaso nel Signor Gesù, che non niuna cosa per se stessa è immonda; ma, a chi stima alcuna cosa essere immonda, ad esso è immonda». Inoltre in Tito I, 15 è scritto: «Ogni cosa è pura per i puri; ma per i contaminati e gli infedeli, niente è puro; anzi e la mente e la coscienza loro è contaminata».

Ora, questo cambiamento, questa modificazione e questa abrogazione sono dovuti al fatto che il tempo di Cristo non poteva essere paragonato a quello di Mosè. Le condizioni e i requisiti erano completamente cambiate e modificate e i precedenti comandamenti furono perciò abrogati.

Il corpo del mondo può essere paragonato a quello di un uomo e i Profeti e i Messaggeri di Dio ad abili medici. Un essere umano non resta sempre nelle stesse condizioni. Si possono presentare varie malattie e ciascuna richiede un proprio rimedio. Perciò l’abile medico non tratta tutte le malattie nello stesso modo, ma cambia i trattamenti e i rimedi a seconda dei requisiti delle differenti malattie e delle varie condizioni. Una persona può avere una grave malattia causata da un eccesso di caldo. Il bravo medico gli somministra necessariamente cure rinfrescanti.80 In un altro momento, quando la costituzione di questa persona cambia e al calore subentra un eccesso di freddo, il dottore scarta necessariamente le medicine rinfrescanti e prescrive farmaci che riscaldano. Il cambiamento e la modificazione sono imposti dalle condizioni del paziente e sono una prova evidente della bravura del medico.

Considerate, per esempio: la legge della Torà potrebbe essere applicata in questo giorno e in questa era? No, in nome di Dio! Sarebbe assolutamente impossibile ed è per questa ragione che al tempo di Cristo Dio abrogò la Legge della Torà. Considerate inoltre che nei giorni di Giovanni Battista il battesimo serviva per risvegliare e ammonire la gente e farla pentire da tutti i peccati e vegliare in attesa dell’avvento del Regno di Cristo. Ma oggi, in Asia, i cattolici e gli ortodossi immergono i neonati in acqua mescolata a olio d’oliva, tanto che molti si ammalano per il trauma e al momento del battesimo si agitano e si divincolano. Altrove il sacerdote spruzza l’acqua battesimale sulla fronte. Ma in nessuno dei due casi questi bambini provano sentimenti spirituali. Quale bene dunque può fare? Gli altri popoli si meravigliano e si chiedono perché l’infante sia immerso nell’acqua, dal momento che ciò non è causa di consapevolezza spirituale, o di fede, o di risveglio, ma è soltanto un’usanza seguita dalla gente. Ma al tempo di Giovanni Battista non era così. Prima Giovanni ammoniva le persone, le faceva pentire dai suoi peccati e le esortava ad attendere l’avvento di Cristo. Poi, chiunque ricevesse la purificazione del battesimo si pentiva dei peccati in assoluta mansuetudine e umiltà, mondava e purificava il proprio corpo anche da impurità esteriori e con perfetto desiderio, notte e giorno e da un momento all’altro, aspettava l’avvento di Cristo e l’ingresso nel Suo Regno.

In breve, intendiamo dire che il cambiamento e la trasformazione delle condizioni e delle esigenze dei tempi sono la causa dell’abrogazione delle leggi religiose, poiché viene un momento in cui i precedenti comandamenti non sono più confacenti alle condizioni prevalenti. Considerate quanto differenti siano le esigenze dei tempi moderni da quelle del Medio Evo! Sarebbe possibile applicare oggi le leggi di quei primi secoli? È chiaro ed evidente che sarebbe del tutto impossibile. Allo stesso modo, trascorsi molti secoli, ciò che si richiede nel tempo presente non sarà più adatto ai bisogni di quell’era futura e saranno inevitabili cambiamenti e trasformazioni.

In Europa le leggi mutano e cambiano continuamente. Quante leggi che un tempo esistevano nei sistemi e nei canoni europei sono state successivamente abrogate! Questi cambiamenti sono dovuti alla trasformazione del pensiero, dei costumi e delle condizioni e senza di essi, il benessere del mondo umano andrebbe distrutto.

Per esempio, la Torà prescrive la condanna a morte per chiunque violi il Sabato. Nella Torà vi sono dieci condanne a morte. Sarebbe possibile applicare questi comandamenti nei nostri tempi? È evidente che sarebbe assolutamente impossibile. Di conseguenza essi sono stati modificati e trasformati e questi cambiamenti e queste trasformazioni costituiscono una prova sufficiente della suprema saggezza di Dio.

Questo tema richiede un profondo esame e la ragione è chiara ed evidente. Benedetti coloro che riflettono.

21
IL SIMBOLISMO DEL PANE E DEL VINO

Domanda. Cristo disse: «Io sono il vivo pane, ch’è disceso dal cielo, acciocché chi ne avrà mangiato non muoia».81 Qual è il significato di queste parole?

Risposta. Questo pane indica il sostentamento celeste e le perfezioni divine. In altre parole, chi mangia di questo pane, cioè chi acquisisce le effusioni della grazia di Dio, riceve illuminazione dalla Sua luce e ottiene la propria parte della perfezione di Cristo, consegue la vita eterna. Il sangue significa anche lo spirito della vita, che è fatto di perfezioni divine, splendori celesti ed eterna grazia. Infatti tutte le membra del corpo ricevono la sostanza della vita dalla circolazione del sangue.

In Giovanni VI, 26 è detto: «Voi mi cercate, non perciocché avete veduti miracoli; ma perciocché avete mangiato di que’ pani, e siete stati saziati». È evidente che il pane che i discepoli mangiarono e dal quale furono saziati era la grazia celeste, poiché, nel versetto 33 del medesimo capitolo, è detto: «Perciocché il pan di Dio è Colui che scende dal cielo, e dà vita al mondo». È chiaro che il corpo di Cristo non discese dal cielo, ma venne dal grembo di Maria. Ciò che discese dal cielo di Dio fu lo spirito di Cristo. Gli ebrei, pensando che Cristo parlasse del Suo corpo, obiettarono, come è detto nel versetto 42 del medesimo capitolo: «E dicevano: Costui non è egli Gesù, figliuol di Giuseppe, di cui noi conosciamo il padre e la madre? come adunque dice costui: Io son sceso dal cielo?»

Riflettete quanto sia evidente che ciò che Cristo intendeva per pane celeste era il Suo spirito, la Sua molteplice grazia, le Sue perfezioni e i Suoi insegnamenti; poiché è detto nel versetto 63: «Lo spirito è quel che vivifica, la carne non giova nulla».

È stato dunque chiarito che lo spirito di Cristo era un dono celeste che scese dal cielo e che chiunque riceva le effusioni di quello spirito, cioè ne abbracci gli insegnamenti celestiali, ottiene la vita eterna. Ecco perché è detto nel versetto 35: «E Gesù disse loro: Io sono il pan della vita; chi viene a Me non avrà fame, e chi crede in Me non avrà giammai sete».

Notate che Egli dice mangiare per dire «venire a Lui» e bere per dire «credere in Lui». È quindi chiaramente dimostrato che per sostentamento celeste si intendono i doni divini, gli splendori spirituali, gli insegnamenti celestiali, le verità universali del Cristo e che per mangiare si intende avvicinarsi a Lui e che bere significa credere in Lui. Poiché Cristo aveva un corpo composto di elementi e un corpo celeste. Il corpo costituito da elementi fu crocifisso, ma quello celeste è vivo ed eterno ed è sorgente di vita eterna. Il corpo costituito da elementi era la Sua natura umana e il corpo celeste era la Sua natura divina. Benevolo Iddio! Alcuni credono che il pane dell’Eucaristia sia la realtà di Cristo e che la Divinità e lo Spirito Santo vi discendano e vi siano presenti, mentre, l’Eucaristia, una volta assunta, dopo pochi momenti è totalmente disintegrata e completamente trasformata. Come si può concepire un simile errore? Chiedo perdono a Dio per questa grande illusione!

Il senso di queste parole è che, grazie alla manifestazione di Cristo, i sacri insegnamenti, che sono una grazia eterna, si diffusero dappertutto, le luci della guida brillarono e lo spirito della vita fu conferito alle realtà umane. Chiunque fu rettamente guidato trovò la vita e chiunque rimase fuorviato fu colto dalla morte eterna. Quel pane che discese dal cielo era il corpo celeste di Cristo, i Suoi elementi spirituali, che i discepoli mangiarono, conseguendo così la vita eterna.

I discepoli avevano preso molti pasti dalle mani di Cristo, perché l’ultima cena si distinse dalle altre? È dunque evidente che per pane celeste non si intende il pane materiale, ma il sostentamento divino del corpo spirituale di Cristo, cioè, la grazia divina e le perfezioni celestiali che i discepoli condivisero e delle quale furono riempiti.

Ugualmente, riflettete sul fatto che, quando Cristo benedì il pane e lo diede ai discepoli dicendo: «Quest’è il Mio corpo»,82 Egli era visibilmente e distintamente presente fra loro nella persona e nel corpo. Non fu trasformato in pane e vino. Se fosse stato trasformato in pane e in vino, non sarebbe rimasto presente davanti a loro nel corpo e nella persona.

È chiaro quindi che il pane e il vino erano simboli che significavano: vi ho dato la Mia grazia e le Mie perfezioni e, avendo ricevuto questo dono, voi avete conseguito la vita eterna e ricevuto la vostra parte di sostentamento divino.

22
I MIRACOLI

Domanda. A Cristo sono stati attributi alcuni miracoli. I racconti di questi miracoli devono essere accettati alla lettera, oppure hanno altri significati? Infatti è stato dimostrato da accurate indagini che la natura intrinseca delle cose non cambia, che tutte le cose create soggiacciono a una legge e a un’organizzazione universali dalle quali non possono allontanarsi e che dunque nulla può violare questa legge universale.

Risposta. Le Manifestazioni di Dio sono sorgenti di atti miracolosi e di segni portentosi. Ogni cosa difficile o impossibile è per loro possibile e permessa. Infatti Esse mostrano fatti straordinari grazie a un potere straordinario e influenzano il mondo della natura grazie a un potere che la trascende. Cose meravigliose sono apparse da tutte le Manifestazioni.

Ma nelle sacre Scritture si usa una terminologia speciale e agli occhi delle Manifestazioni di Dio queste meraviglie e questi miracoli non hanno alcuna importanza, tanto che esse non vogliono neppure che essi siano menzionati. Infatti, se consideriamo i miracoli come la massima prova, in realtà essi sono una chiara prova soltanto per coloro che erano presenti al momento in cui furono compiuti e non per gli assenti.

Per esempio, se raccontassimo a un ricercatore non credente i miracoli di Mosè e di Cristo, egli li negherebbe dicendo: «La testimonianza di una moltitudine di persone attribuisce miracoli a certi idoli e i libri li riportano. I bramini hanno scritto un intero libro sui miracoli di Brahma». Il ricercatore poi direbbe: «Come possiamo sapere che gli ebrei e i cristiani dicono la verità e i bramini mentono? Infatti, queste sono entrambe tradizioni, generalmente ammesse e registrate in un libro, delle quale si può pensare che siano verosimili o inverosimili, come qualsiasi altro racconto. Se una tradizione è vera, entrambe devono essere vere. Se ne accettiamo una, bisogna accettarle tutte». Perciò i miracoli non possono essere una prova conclusiva, poiché se sono prove per i presentì, non convincono gli assenti.

Ma nel giorno della Manifestazione di Dio coloro che sono dotati d’intuito trovano che tutte le cose riguardanti la Manifestazione sono miracolose. Infatti queste cose sono superiori a tutte le altre e questa distinzione è, di per sé, un miracolo assoluto. Rammenta che Cristo, da solo, senza nessuno che Lo aiutasse o Lo proteggesse, senza legioni o eserciti e in perfetta mansuetudine, innalzò il vessillo di Dio davanti a tutti i popoli del mondo, resistette loro e alla fine li sconfisse tutti, sebbene, esteriormente, sia stato crocefisso. Ora questo è un miracolo assoluto che non potrà mai essere negato. In effetti la verità di Cristo non ha bisogno di altra prova.

Questi miracoli esteriori non hanno importanza per i seguaci della verità. Per esempio, se un cieco riacquista la vista, alla fine la riperderà, perché morirà e sarà privato di tutti i sensi e di tutte le facoltà. E perciò, ridare la vista a un cieco non ha un’importanza duratura, perché alla fine la facoltà della vista andrà nuovamente perduta. E se una salma è resuscitata, che cosa ci si guadagna, se quel corpo morirà nuovamente? Ma è invece importante dare la vera percezione e la vita eterna, cioè la vita spirituale e divina, perché questa vita materiale non dura e la sua esistenza equivale all’inesistenza. Come Cristo disse a uno dei Suoi discepoli: «Lascia i morti seppellire i loro morti», poiché «ciò che è nato della carne è carne; ma ciò che è nato dello Spirito è spirito».83

Osservate: Cristo considerò morti coloro che erano esteriormente e fisicamente vivi, poiché la vera vita è la vita eterna e la vera esistenza è quella spirituale. Così quando le sacre Scritture parlano di resuscitare i morti, il significato è che i morti ricevettero la vita eterna. Quando dicono che ai ciechi fu restituita la vista, vista significa la vera percezione. Se dicono che a un sordo fu ridato l’udito, il significato è che egli acquisì un orecchio interiore e l’udito spirituale. Questo è dimostrato dal testo del Vangelo, là dove Cristo dice che essi sono come coloro di cui Isaia dice: «Hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, e io li guarisco».84

Non intendiamo dire che le Manifestazioni siano incapaci di compiere miracoli, poiché ciò è in loro potere. Ma ai Loro occhi ciò che ha maggiore importanza sono la visione interiore, l’udito spirituale e la vita eterna. Di conseguenza, quando nelle sacre Scritture si narra che un tale era cieco e riebbe la vista, il significato è che era interiormente cieco e ottenne la vista spirituale, o che era ignorante e trovò la saggezza, o che era negligente e divenne consapevole, o che era terreno e divenne celestiale.

Essendo eterne, la vista, l’udito, la vita e la guarigione interiori sono veramente importanti. In confronto, quale importanza, quale pregio e quale valore ha questa vita animale con i suoi poteri? Essa svanisce in pochi giorni come una vana fantasia. Per esempio, se si riaccende una lampada spenta, essa ben presto si rispegnerà. Ma la luce del sole continua a risplendere e questo è l’importante.

23
LA RESURREZIONE DI CRISTO

Domanda. Qual è il significato della resurrezione di Cristo dopo tre giorni?

Risposta. La resurrezione delle Manifestazioni di Dio non è del corpo. Tutto ciò che Le riguarda, i Loro stati, le Loro condizioni, tutto ciò che fanno, che fondano, insegnano, interpretano, illustrano e istituiscono ha un significato mistico, spirituale e divino e non appartiene al regno materiale.

Così è nel caso della venuta di Cristo dal cielo. In numerosi passi del Vangelo si afferma esplicitamente che il Figlio dell’Uomo venne dal cielo, oppure Si trova nel cielo oppure salirà al cielo. Così, in Giovanni VI, 38 è detto: «Perciocché Io son disceso dal cielo», e in Giovanni VI, 42 è scritto: «E dicevano: Costui non è egli Gesù figliuol di Giuseppe, di cui noi conosciamo il padre e la madre? come dunque dice costui: Io son disceso dal cielo?», e in Giovanni III, 13 si afferma: «Or niuno è salito in cielo, se non Colui ch’è disceso dal cielo, cioè: il Figliuol dell’uomo, ch’è nel cielo».

Osserva: il Vangelo dice che il Figliuol dell’uomo è in cielo, mentre in quel tempo Cristo si trovava sulla terra. Nota pure che esso dice esplicitamente che Cristo venne dal cielo, sebbene Egli sia venuto dal grembo di Maria e il Suo corpo sia nato da lei. È evidente, dunque, che l’affermazione che il Figliuol dell’Uomo venne dal cielo non ha un significato letterale, ma mistico e che non è un evento materiale, ma spirituale. Il significato è che, sebbene apparentemente Cristo fosse nato dal grembo di Maria, in verità Egli era venuto dal cielo, la sede del Sole della Verità, che risplende nel reame divino del Regno superno. E siccome è evidente che Cristo venne dal cielo spirituale del Regno divino, la Sua scomparsa sotto terra per tre giorni deve avere un significato mistico e non letterale. Allo stesso modo, anche la Sua resurrezione dal seno della terra è una questione mistica e non esprime un fatto materiale, ma spirituale. E così anche la Sua ascensione al cielo non è un fatto materiale, ma spirituale.

A parte questo, la scienza ha stabilito che il cielo materiale è uno spazio illimitato, vacuo e vuoto, nel quale ruotano innumerevoli stelle e pianeti.

Spieghiamo quindi il significato della resurrezione di Cristo come segue: dopo il martirio di Cristo i discepoli erano confusi e smarriti. La realtà di Cristo, che consiste nei Suoi insegnamenti, nei Suoi doni, nelle Sue perfezioni e nei Suoi poteri spirituali, rimase occultata e nascosta per due o tre giorni dopo il Suo martirio e non aveva apparizione o manifestazione esteriore. Anzi, era come se fosse del tutto perduta. Infatti coloro che credevano veramente erano pochi e quei pochi erano confusi e smarriti. La Causa di Cristo era come un corpo senza vita. Dopo tre giorni, i discepoli divennero saldi e incrollabili, incominciarono ad aiutare la Causa di Cristo, decisero di diffondere gli insegnamenti divini e di mettere in pratica gli ammonimenti del loro Signore e si sforzarono di servirLo. Allora la Realtà di Cristo risplendette, la Sua grazia rifulse, la Sua religione ebbe nuova vita e i Suoi insegnamenti e i Suoi ammonimenti divennero evidenti e visibili. In altri termini, la Causa di Cristo, che era come un corpo senza vita, fu riportata alla vita e circondata dalla grazia dello Spirito Santo.

Questo è il significato della resurrezione di Cristo e questa fu una vera resurrezione. Ma siccome il clero non comprese né il significato dei Vangeli né questo mistero, è stato detto che la religione è in contrasto con la scienza, perché fra le altre cose l’ascensione di Cristo in un corpo fisico nel cielo materiale è contraria alle scienze matematiche. Ma quando la verità di questo argomento è chiarita e ne è spiegato il simbolo, esso non è in alcun modo contraddetto dalla scienza, anzi è affermato sia dalla scienza sia dalla ragione.

24
LA DISCESA DELLO SPIRITO SANTO SUGLI APOSTOLI

Domanda. Nei Vangeli è scritto che lo Spirito Santo discese sugli Apostoli. Quali sono il modo e il significato di questa discesa?

Risposta. La discesa dello Spirito Santo non è come la penetrazione dell’aria nel corpo umano. È una metafora e una similitudine piuttosto che un’immagine letterale o un racconto. Ciò che si intende è come la discesa del sole in uno specchio, cioè, quando il suo splendore si rispecchia in esso.

Dopo la morte di Cristo, gli Apostoli erano angosciati e le loro idee e i loro pensieri erano discordanti, ma poi divennero saldi e uniti. In occasione della Pentecoste essi si riunirono, si distaccarono dal mondo. Dimenticarono i propri desideri, rinunziarono al benessere e alla felicità del mondo, sacrificarono anima e corpo per il loro Amato, abbandonarono la propria casa, si distaccarono da ogni occupazione e possedimento e dimenticarono la loro stessa esistenza. Allora l’aiuto di Dio fu elargito e il potere dello Spirito Santo si manifestò. La spiritualità di Cristo trionfò e l’amore di Dio ebbe la meglio. Quel giorno essi ricevettero le confermazioni divine e ciascuno di loro partì per una destinazione diversa per insegnare la Causa di Dio e sciolse la lingua per esporre prove e testimonianze.

Così la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli significa che essi furono attratti dallo spirito messianico, conseguirono costanza e saldezza, ottennero una nuova vita grazie allo spirito dell’amor di Dio e videro in Cristo il loro aiutante e protettore sempre vivente. Erano piccole gocce e divennero oceani, erano deboli falene e divennero aquile maestose, erano fragili e divennero forti. Erano come specchi rivolti verso il sole, è certo che i raggi e il fulgore del sole vi si rispecchiano.

25
LO SPIRITO SANTO

Domanda. Che cosa significa «Spirito Santo»?

Risposta. Per «Spirito Santo» si intende l’effusione della grazia di Dio e i fulgidi raggi che emanano dalla Sua Manifestazione. Così Cristo fu il centro focale dei raggi del Sole della Verità e da questo centro possente, la Realtà di Cristo, la grazia di Dio si riverberò sugli altri specchi che erano le realtà degli Apostoli.

La discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli significa che la grazia gloriosa e divina gettò la sua luce e il suo splendore sulle loro realtà. Infatti, egresso e regresso, discesa e intrinsecità non sono caratteristiche dello spirito, ma dei corpi. Cioè, egresso e intrinsecità appartengono solo alle realtà sensibili e non a quelle intellegibili e le realtà intellegibili, come la ragione, l’amore, la conoscenza, l’immaginazione e il pensiero non entrano, non escono, non ineriscono, ma denotano una relazione.

Per esempio, la conoscenza, che è una forma conseguita dalla mente, è una cosa intellegibile ed è assurdo parlare di entrare nella mente o di uscirne. Ma è rapporto di acquisizione, come un’immagine riflessa in uno specchio.

Quindi, siccome è chiaro ed evidente che le realtà intellegibili non entrano e non ineriscono, ne consegue che è assolutamente impossibile che lo Spirito Santo salga, scenda, entri, esca, si mescoli o inerisca. Tutt’al più appare, come il sole appare in uno specchio.

Inoltre, in alcuni passi delle sacre Scritture nelle quali si parla dello Spirito si intende una determinata persona, così come correntemente si dice, parlando e conversando, che un tale è spirito personificato o è la personificazione della misericordia e della generosità. In questo caso ci si concentra sulla luce e non sulla lampada.

Per esempio in Giovanni XVI, 12 e 13 si dice parlando del Promesso che sarebbe venuto dopo Cristo: «Io ho ancora cose assai a dirvi, ma voi non le potete ora portare. Ma, quando Colui sarà venuto, cioè lo Spirito di Verità, Egli vi guiderà in ogni verità; perciocché Egli non parlerà da Se Stesso, ma dirà tutte le cose che avrà udite».

Considerate ora attentamente che le parole «perciocché egli non parlerà da se stesso, ma dirà tutte le cose che avrà udite, e vi annunzierà le cose da venire», implicano chiaramente che lo Spirito della Verità è personificato in un Uomo Che ha un’anima, Che ha orecchie per udire e una lingua per parlare. Alla stessa stregua, Cristo è chiamato «Spirito di Dio», così come parliamo della luce, ma intendiamo tanto la luce quanto la lampada.

26
LA SECONDA VENUTA DI CRISTO E IL GIORNO DEL GIUDIZIO

Nelle sacre Scritture si afferma che Cristo ritornerà e che il Suo ritorno dipende dalla realizzazione di alcuni segni: quando verrà, Egli sarà accompagnato da questi segni. Per esempio: «Il sole scurerà, e la luna non darà il suo splendore, e le stelle caderanno dal cielo». In quel tempo «tutte le nazioni della terra faran cordoglio» e si lamenteranno e il segno del Figliol dell’uomo apparirà nel cielo ed esse «vedranno il Figliuol dell’uomo venir sopra le nuvole del cielo, con potenza e grande gloria».85 Bahá’u’lláh ha spiegato dettagliatamente questi versetti nel Kitáb-i-Íqán. Non occorre ripetersi qui. Consultatelo e ne comprenderete il significato.

Ora vorrei dirvi qualcos’altro su questo argomento. Anche nella prima venuta Cristo venne dal cielo, come è esplicitamente dichiarato nei Vangeli. Cristo dice che il Figlio dell’uomo è disceso dal cielo e che il Figlio dell’uomo è in cielo e che nessuno è salito al cielo, tranne colui che ne è disceso.87 Ora tutti ammettono che Cristo discese dal cielo, sebbene apparentemente venisse dal grembo di Maria.

Ora come alla Sua prima venuta Egli venne dal cielo, sebbene apparentemente venisse dal grembo umano, allo stesso modo anche nella seconda venuta verrà dal cielo, anche se apparentemente verrà dal grembo umano. Le condizioni registrate nel Vangelo per la seconda venuta di Cristo sono le stesse che sono state specificate per la prima venuta, come è già stato spiegato.

Il Libro di Isaia annuncia che il Messia conquisterà l’Oriente e l’Occidente, che tutte le nazioni del mondo si porranno sotto la Sua ombra, che il Suo Regno sarà fondato, che Egli verrà da un luogo sconosciuto, che i peccatori saranno giudicati e che la giustizia prevarrà, a tal punto che il lupo e l’agnello, il leopardo e il capretto, il lattante e l’aspide si riuniranno tutti presso la stessa sorgente, in un solo prato, in un’unica dimora. Anche la prima venuta si verificò in queste circostanze, sebbene esteriormente nessuna di esse sembrò realizzarsi. Perciò gli ebrei respinsero Cristo e, Dio non voglia, chiamarono il Messia un mostro,88 Lo considerarono un distruttore dell’edificio di Dio, un violatore del Sabato e della Legge e Lo condannarono a morte. Ora, ciascuna di queste condizioni aveva un significato interiore, ma gli Ebrei non lo capirono e perciò non riuscirono a riconoscerLo.

Anche la seconda venuta di Cristo segue lo stesso modello. Tutti i segni e le condizioni che sono stati indicati hanno un significato interiore e non devono essere interpretati letteralmente. Altrimenti, è detto fra le altre cose che le stelle cadranno sulla terra. Ma le stelle sono infinite e innumerevoli e i matematici moderni hanno stabilito e dimostrato che la massa del sole è circa un milione e mezzo di volte più grande di quella della terra e ciascuna delle stelle fisse è mille volte più grande del sole. Se le stelle dovessero cadere sulla superficie della terra, come potrebbero trovarvi posto? Sarebbe come se mille milioni di montagne grandi quanto l’Himalaya cadessero sopra un granello di senape. Secondo la ragione e la scienza (e anche secondo il buon senso) questo è assolutamente impossibile. Quello che è ancora più strano è che Cristo disse: Forse Io verrò mentre sarete addormentati, perché la venuta del Figlio dell’uomo è come la venuta di un ladro.89 Può darsi che il ladro sia in casa e che il padrone non lo sappia.

È dunque chiaro ed evidente che questi segni hanno un significato interiore e non devono essere presi alla lettera. Essi sono pienamente spiegati nel Kitáb-i-Íqán. Consultatelo.

27
LA TRINITÀ

Domanda. Qual è il significato della Trinità e delle sue tre Persone?

Risposta. La realtà della Divinità è santificata ed esaltata al di là della comprensione di tutte le cose create, non potrà mai essere immaginata dalla mente e dalla comprensione degli uomini e trascende ogni concezione umana. La realtà non ammette divisioni, poiché la divisione e la molteplicità sono fra le caratteristiche delle creature che sono esistenze contingenti e non sono accidenti che incidano sull’Essere necessario.

La realtà della Divinità è santificata dalla singolarità e quindi tanto più dalla pluralità. La discesa di quella realtà divina in gradi e stadi equivarrebbe a un’imperfezione, contraria alla perfezione e perciò assolutamente impossibile. Essa è sempre stata e sempre resterà negli eccelsi stadi della santità e della purezza. Tutto ciò che si dice della manifestazione e della rivelazione di Dio riguarda il fulgore della Sua luce e non una discesa nei gradi dell’esistenza.

Dio è pura perfezione e la creazione è imperfezione assoluta. Discendere nelle condizioni dell’esistenza, sarebbe per Dio la massima imperfezione. Al contrario la Sua manifestazione, il Suo scintillio e il Suo fulgore sono come l’apparizione del sole in uno specchio chiaro, luminoso e levigato.

Tutte le creature sono fulgidi segni di Dio. Per esempio i raggi del sole risplendono su tutte le cose terrene, ma la luce che cade sulle pianure, sulle montagne, sugli alberi e sui frutti lo fa solo quel tanto da renderle visibili, da assicurarne la crescita e da consentire loro di conseguire lo scopo della loro esistenza. Ma l’Uomo Perfetto è come uno specchio terso, nel quale il Sole della Verità si rivela e si manifesta con tutti i suoi attributi e le sue perfezioni. Così la realtà di Cristo era uno specchio fulgido e levigato della massima purezza e limpidità. Il Sole della Verità, l’Essenza della Divinità, apparve in quello specchio e vi manifestò la propria luce e il proprio calore, ma non discese dalle vette della santità e dal cielo della sacralità a dimorare in esso. No, esso continua a dimorare nella sua eccellenza e nella sua sublimità, ma si è rivelato e si è manifestato nello specchio in tutta la sua bellezza e la sua perfezione.

Adesso, se diciamo di aver visto il Sole in due specchi – uno, Cristo e l’altro, lo Spirito Santo – o in altre parole che abbiamo visto tre Soli, uno in cielo e gli altri due sulla terra, diciamo il vero. E se diciamo che c’è un unico Sole e che esso è assoluta singolarità e che non ha né compagni né pari, diciamo ancora il vero.

Il succo delle nostre parole è che la realtà di Cristo era uno specchio terso e il Sole della Verità, cioè l’Essenza divina, apparve e brillò in esso con le Sue infinite perfezioni e attributi. Ciò non significa che il Sole, che è l’Essenza della Divinità, si sia mai suddiviso o moltiplicato, essendo uno solo, ma che esso apparve nello specchio. Ecco perché Cristo disse: «Il Padre è nel Figlio», volendo dire che il Sole è visibile e manifesto in quello specchio.

Lo Spirito Santo è l’effusione della grazia di Dio che si rivelò e si manifestò nella realtà di Cristo. Lo Stadio profetico è lo stadio del cuore di Cristo e lo Spirito Santo è lo stadio del Suo spirito. Con ciò è accertato e dimostrato che l’Essenza della Divinità è assoluta unicità e che non ha né pari, né eguali, né simili.

Questo è il vero significato delle tre Persone della Trinità. Altrimenti, le fondamenta della religione di Dio poggerebbero su una proposizione illogica che nessuna mente potrebbe concepire. E come si può chiedere che la mente creda una cosa che non può concepire? Una cosa di questo genere non può essere colta dalla ragione umana, né tato meno essere espressa in forma intellegibile, ma rimarrebbe una pura fantasia.

Ora, questa spiegazione chiarisce il significato delle tre Persone della Trinità e nello stesso tempo dimostra l’unità di Dio.

28
LA PREESISTENZA DI CRISTO

Domanda. Qual è il significato del versetto del Vangelo secondo Giovanni: «Ora dunque, Tu Padre, glorificami presso Te Stesso, della gloria che ho avuto presso di Te, avanti che il mondo fosse».90

Risposta. Vi sono due generi di preesistenza. Una è essenziale e non è preceduta da alcuna causa, tranne ciò che esiste di per sé. Per esempio, il sole brilla di per sé e non dipende dall’irradiazione di altre stelle. Questa si chiama luce essenziale. Ma la luce della luna deriva dal sole, in quanto la luna ha bisogno del sole per irradiare luce. Perciò, per quanto riguarda la luce, il sole è la causa e la luna è l’effetto. Il primo è antico, precedente e anteriore, la seconda è preceduta da qualcos’altro.

Il secondo genere di preesistenza è la preesistenza temporale che non ha principio. La Parola trascendente di Dio è santificata dal tempo. In relazione a Dio, passato, presente e futuro sono tutti uguali. Ieri, oggi e domani non esistono nel sole.

Allo stesso modo c’è una priorità nei riguardi dell’onore e della distinzione, cioè, ciò che è più distinto precede ciò che è distinto. Perciò la realtà di Cristo, Che è la Parola di Dio, precede certamente tutte le cose create per quanto riguarda l’essenza, gli attributi e la distinzione. Prima di apparire in forma umana, la Parola di Dio esisteva in uno stato di massima santità e gloria, dimorava in perfetta bellezza e splendore, nell’alto della sua maestà. Quando, grazie alla saggezza dell’Altissimo, effuse la sua luce dal pinnacolo della gloria nel mondo corporeo, quella Parola fu aggredita in quel corpo. Pertanto cadde nelle mani degli ebrei, divenne prigioniera degli ignoranti e degli iniqui e alla fine fu crocefissa. Ecco perché Si rivolse a Dio dicendo: Liberami dai legami del regno corporale, liberami da questa gabbia, così che Io possa ascendere alle vette della grandezza e della maestà, recuperare l’antica santità e gloria di cui godevo prima di abitare nel mondo della carne, gioire nel dominio eterno e spiccare il volo verso la Mia vera dimora, il mondo oltre lo spazio, il Regno dell’invisibile.

Come avete visto, dopo la Sua ascensione la grandezza e la gloria di Cristo si affermarono nel regno dei cuori e negli spazi della terra, perfino nella polvere. Finché visse nel mondo corporale, Egli fu disprezzato e vituperato dalla più debole nazione del mondo, gli ebrei, i quali pensarono bene di porre una corona di spine sulla Sua santa fronte. Ma dopo la Sua ascensione le corone ingioiellate di tutti i re divennero umili e sottomesse davanti a quella corona di spine.

Guardate quale gloria la Parola di Dio ha raggiunto anche in questo mondo!

29
SPIEGAZIONE DEL VERSETTO 22, CAPITOLO XV, DELLA 1 EPISTOLA DI S. PAOLO AI CORINZI

Domanda. In I Corinzi XV, 22 è scritto: «Imperocché, siccome in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti saranno vivificati». Qual è il significato di queste parole?

Risposta. Sappiate che nell’uomo vi sono due nature: la natura materiale e quella spirituale. La natura materiale è ereditata da Adamo e quella spirituale è ereditata dalla realtà della Parola di Dio, che è la spiritualità di Cristo. La natura materiale nasce da Adamo, ma quella spirituale nasce dalla grazia dello Spirito Santo. La natura materiale è fonte di ogni imperfezione, quella spirituale è fonte di ogni perfezione.

Cristo Si sacrificò affinché l’umanità fosse liberata dalle imperfezioni della natura materiale e dotata delle virtù della natura spirituale. Questa natura spirituale, che è venuta all’esistenza per grazia della realtà divina, è il compendio di tutte le perfezioni e procede dal soffio dello Spirito Santo. È perfezioni divine, luce, spiritualità, guida, esaltazione, alte aspirazioni, giustizia, amore, generosità, gentilezza verso tutti, azioni caritatevoli, è vita su vita. La natura spirituale è un fulgore degli splendori del Sole della Verità.

Cristo è il punto centrale dello Spirito Santo. Egli è nato dallo Spirito Santo, è stato accudito dallo Spirito Santo, è il discendente dello Spirito Santo. Cioè, la Sua Realtà non discende da Adamo, ma nasce dallo Spirito Santo. Il significato di I Corinzi 22, che dice: «siccome in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti saranno vivificati» è dunque come segue: Adamo è comunemente definito «padre dell’uomo», cioè, Egli è la causa della vita materiale dell’umanità e occupa la posizione della paternità materiale. Egli è un’anima vivente, ma non conferisce vita spirituale, mentre Cristo è la causa della vita spirituale dell’uomo e, nei riguardi dello spirito, occupa la posizione della paternità spirituale. Adamo è un’anima vivente, Cristo è uno spirito vivificatore.

In questo mondo materiale, l’uomo è soggetto alla forza dei desideri degli istinti, di cui il peccato è una conseguenza inevitabile, perché questi desideri non sono soggetti alle leggi della giustizia e della rettitudine. Il corpo dell’uomo è prigioniero della natura e agisce in conformità con qualunque cosa la natura ordini. Ne consegue che nel mondo materiale devono esistere peccati come l’ira, l’invidia, l’aggressività, l’avidità, l’avarizia, l’ignoranza, il rancore, la corruzione, l’orgoglio e la crudeltà. Tutti questi attributi animaleschi esistono nella natura dell’uomo. Un uomo che sia stato privato dell’educazione spirituale è come un animale, come gli abitanti dell’Africa, le cui azioni, le cui abitudini e la cui moralità sono puramente istintive e che agiscono secondo i dettami della natura a un punto tale che si sbranano e si divorano reciprocamente. È quindi evidente che il mondo materiale dell’uomo è un mondo di peccato e che su questo piano l’uomo non si distingue dall’animale.

Ogni peccato proviene dai dettami della natura. Questi dettami, che sono fra le caratteristiche dell’esistenza corporea, non sono peccati per gli animali, ma lo sono per l’uomo. L’animale è fonte di imperfezioni come la collera, la libidine, l’invidia, la cupidigia, la crudeltà e l’orgoglio. Tutte queste qualità biasimevoli si trovano nella natura degli animali e non costituiscono un peccato per gli animali. Ma nell’uomo sono un peccato.

Adamo è la causa della vita materiale dell’uomo, ma la realtà di Cristo, cioè la Parola di Dio, è la causa della sua vita spirituale. Essa è uno spirito vivificatore, il che significa che tutte le imperfezioni imposte dalla vita materiale dell’uomo sono trasformate in perfezioni umane, grazie alle istruzioni e alla guida di quell’Essenza del distacco. Cristo fu quindi uno spirito vivificatore e causa di vita spirituale per tutta l’umanità.

Adamo fu la causa della vita materiale e poiché il mondo materiale dell’uomo è un mondo di imperfezioni e le imperfezioni sono un equivalente della morte, così Paolo paragona le imperfezioni materiali alla morte.

Ma la massa dei cristiani crede che Adamo, avendo mangiato dall’albero proibito, abbia peccato e disobbedito e che le disastrose conseguenze di questa disobbedienza siano state ereditate per sempre dai Suoi discendenti e che Adamo sia pertanto divenuto la causa della morte dell’uomo. Questa spiegazione è irrazionale ed evidentemente sbagliata, perché implica che tutti gli uomini, anche i Profeti e i Messaggeri di Dio, senza aver commesso colpa o peccato, ma semplicemente in quanto discendenti di Adamo, siano diventati senza altra ragione peccatori colpevoli e abbiano sofferto i tormenti dell’inferno fino al giorno del sacrificio di Cristo. Tutto ciò è contrario alla giustizia di Dio. Se Adamo era un peccatore, qual è il peccato di Abramo? Quale la colpa d’Isacco e di Giuseppe? Qual è la trasgressione di Mosè?

Ma Cristo, Che era la Parola di Dio, Si sacrificò. Questo ha due significati: un significato esteriore e uno interiore. Il significato esteriore è questo: poiché Cristo intendeva promuovere una Causa che doveva educare l’intera razza umana, vivificare i figli degli uomini e illuminare tutta l’umanità e poiché la promozione di una Causa così grande, una Causa che era in antagonismo con tutti i popoli della terra e in opposizione con tutte le nazioni e tutti i governi, avrebbe comportato che il Suo sangue sarebbe stato versato ed Egli ucciso e crocefisso, perciò nel momento in cui rivelò la Sua missione Cristo offrì la vita, accettò la croce come se fosse stata un trono, ogni ferita come se fosse stata un balsamo, ogni veleno come se fosse stato il miele più dolce, Si levò per ammaestrare e guidare la gente e Si sacrificò per offrire lo spirito della vita e perì nel corpo per vivificare gli altri nello spirito.

Il secondo significato del sacrificio è questo: Cristo era come un seme e il seme sacrificò la propria forma, affinché l’albero potesse crescere e svilupparsi. Sebbene la forma del seme sia andata distrutta, la sua realtà si è manifestata in perfetta maestà e bellezza nella forma dell’albero.

Lo stadio di Cristo era quella della perfezione assoluta. Quelle perfezioni divine brillarono su tutte le anime credenti come il sole e le effusioni di quella luce si manifestarono e brillarono nelle loro realtà. Ecco perché Egli dice: «Io sono il pane ch’è disceso dal cielo; chi mangerà di questo pane non morrà».91 Ciò significa che chiunque mangi questo divino alimento giungerà alla vita eterna. Così chi condivise questa grazia e ricevette una parte di queste perfezioni trovò la vita eterna e chiunque cercò l’illuminazione di questa antica grazia fu liberato dal buio dell’errore e illuminato dalla luce della guida.

La forma del seme fu sacrificata per l’albero, ma, grazie a questo sacrificio, le sue perfezioni si rivelarono e si manifestarono. Infatti l’albero, i rami, le foglie e i germogli erano latenti e nascosti nel seme, ma quando la forma del seme fu sacrificata, le sue perfezioni apparvero pienamente nelle foglie, nei germogli e nei frutti.

30
ADAMO ED EVA

Domanda. Qual’è la verità della storia di Adamo che mangiò il frutto dell’albero?

Risposta. Nella Torà è scritto che Dio pose Adamo nel Giardino dell’Eden, affinché lo coltivasse e ne avesse cura, e gli disse: «Mangia pur d’ogni albero del giardino. Ma non mangiar dell’albero del bene e del male, perché se ne mangerai morrai».92 Poi è detto che Dio addormentò Adamo, prese una delle Sue costole e creò una donna, perché fosse la Sua compagna. Dopo di ciò è detto che il serpente indusse la donna a mangiare dall’albero, dicendo: «Dio ti ha proibito di mangiare il frutto di quest’albero, affinché i tuoi occhi non siano aperti e tu non possa distinguere il bene dal male».93 Allora Eva mangiò dall’albero e ne dette ad Adamo che pure ne mangiò. Al che i loro occhi si aprirono ed essi scoprirono di essere nudi e si coprirono le nudità di foglie. Dio dunque li rimproverò, dicendo ad Adamo: «Hai mangiato dall’albero proibito?». Adamo rispose: «Eva Mi ha tentato». Dio allora rimproverò Eva, che disse: «Il serpente mi ha tentata e io ne ho mangiato». Per questo il serpente fu maledetto e vi fu discordia fra il serpente ed Eva e fra i loro discendenti. Dio disse: «L’uomo è divenuto simile a Noi, avendo conoscenza del bene e del male, e forse mangerà dall’albero della vita e vivrà in perpetuo». Così Dio custodì l’albero della vita.96

Se prendiamo questa storia nel significato letterale delle parole, indicato dall’uso comune, essa è molto strana e la mente umana potrebbe giustificatamente non accettarla, né confermarla, né immaginarla. Infatti quelle disposizioni e quei dettagli elaborati, quei discorsi e quei rimproveri sarebbero inverosimili anche se provenissero da una persona intelligente, tanto meno da una Divinità, che ha organizzato questo infinito universo nella forma più perfetta e ha disposto i suoi innumerevoli abitanti in un modo così ordinato, sano e perfetto.

Dobbiamo soffermarci a riflettere. Se il significato letterale di questa storia fosse attribuito a un saggio, tutti i sapienti la smentirebbero sicuramente, argomentando che questa trama e questa invenzione possano provenire da siffatta persona. Perciò la storia di Adamo ed Eva che mangiarono dell’albero e furono espulsi dal Paradiso è un simbolo e un mistero divino. Essa ha significati universali e meravigliose spiegazioni, ma solo coloro che conoscono bene i misteri divini e coloro che sono i favoriti del Signore Che a tutto basta sono consci del vero significato di questi simboli.

Questi versetti della Torà hanno quindi numerosi significati. Ne spiegheremo uno dicendo: «Adamo» significa lo spirito di Adamo ed Eva significa il suo ego. Infatti in alcuni passi delle sacre Scritture dove si accenna alla donna, si intende l’ego dell’uomo. L’«albero del bene e del male» significa il mondo materiale, poiché il regno celeste dello spirito è pura bontà e assoluta luminosità, ma nel mondo materiale si trovano la luce e l’oscurità, il bene e il male e ogni altra forma di realtà opposte.

Il significato del serpente è l’attaccamento al mondo materiale. Questo attaccamento dello spirito al mondo materiale fu causa dell’esilio dell’ego e dello spirito di Adamo dal mondo della libertà a quello dell’asservimento e Lo fece volgere dal regno dell’Unità divina verso il mondo dell’esistenza umana. Quando l’ego e lo spirito di Adamo entrarono nel mondo umano, Egli uscì dal paradiso della libertà e cadde nel regno dell’asservimento. Prima abitava sulle vette della santità e della perfetta bontà, poi entrò nel mondo del bene e del male.

L’«albero della vita» è il grado supremo del mondo dell’esistenza, cioè lo stadio della Parola di Dio e della Manifestazione universale. Questo stadio è stato preservato, finché non è apparso e non ha brillato nella suprema rivelazione della Sua Manifestazione universale. Infatti lo stadio di Adamo, nei riguardi dell’apparizione e della manifestazione delle perfezioni divine, era quello dell’embrione, lo stadio di Cristo era quello della maturità e della maturazione e la nascita del Più Grande Astro95 era lo stadio della perfezione dell’essenza e degli attributi. Ecco perché nel supremo Paradiso l’albero della vita allude al centro focale della santità e della purezza assolute, cioè, la Manifestazione universale di Dio. Infatti dai giorni di Adamo fino ai giorni di Cristo, le Manifestazioni parlarono poco della vita eterna e delle perfezioni universali del Regno superno. L’albero della vita allude allo stadio della realtà di Cristo. Esso fu piantato nella Sua Dispensazione e adornato di frutti imperituri.

Considerate ora quanto questa interpretazione sia conforme alla realtà. Infatti quando si attaccarono al mondo umano, lo spirito e l’ego di Adamo passarono dal regno della libertà a quello dell’asservimento. Questa condizione fu perpetuata da ogni successiva generazione e questo attaccamento dello spirito e dell’ego al mondo materiale, cioè il peccato, fu ereditato dai discendenti di Adamo. Questo attaccamento è il serpente che sarà sempre fra gli spiriti dei discendenti di Adamo e il loro nemico, perché l’attac-camento al mondo è divenuto la causa dell’asservimento degli spiriti. Questo asservimento è il peccato, che è stato trasmesso da Adamo alla Sua posterità, poiché esso ha impedito agli uomini di riconoscere la loro spiritualità essenziale e di conseguire eccelse posizioni.

Quando le sante brezze di Cristo e le luci santificate del Sommo Astro si diffusero dappertutto, le realtà umane, cioè coloro che si volsero verso la Parola di Dio e ricevettero la Sua multiforme grazia, furono salvate dall’attaccamento e dal peccato, ottennero la vita eterna, furono liberati dalle catene dell’asservimento e giunsero al regno della libertà. Essi furono purificati dai vizi terreni e dotati di virtù celestiali. Questo è il significato delle parole di Cristo: Ho dato il mio sangue per la vita del mondo.96 Il che vuoi dire: ho scelto tutte queste tribolazioni, queste sofferenze e queste calamità, perfino il martirio supremo, per raggiungere questo scopo finale e assicurare la remissione dei peccati, cioè il distacco degli spiriti dal mondo materiale e la loro attrazione verso il regno divino, affinché sorgano anime che siano l’essenza della guida e manifestazioni delle perfezioni del Regno supremo.

Osservate: se queste parole fossero prese alla lettera, come la gente del Libro97 s’immagina, ciò sarebbe pura ingiustizia e assoluta predestinazione. Se Adamo peccò nell’accostarsi all’albero proibito, quale fu il peccato del glorioso Abramo, l’Amico di Dio, e quale l’errore di Mosè, Che conversò con Dio? Quale fu il crimine di Noè, il Profeta e la trasgressione di Giuseppe il sincero? Quale fu la colpa dei Profeti di Dio e quali i torti del casto Giovanni? Potrebbe la giustizia di Dio aver permesso che a causa del peccato di Adamo queste luminose Manifestazioni soffrissero i tormenti dell’inferno, finché non fosse giunto Cristo a salvarli dal fuoco dell’inferno con il Suo sacrificio? Quest’idea è al di là di ogni regola e di ogni principio e nessuna persona razionale può accettarla.

No, il significato è quello già chiarito: Adamo è lo spirito di Adamo ed Eva il Suo ego. L’albero è il mondo materiale e il serpente l’attaccamento ad esso. Questo attaccamento, che è il peccato, è stato trasmesso ai discendenti di Adamo. Cristo salvò gli uomini da questo attaccamento e li liberò da questo peccato con le brezze della santità.

Inoltre questo peccato in Adamo è relativo al Suo stadio. Sebbene abbia portato risultati sostanziali, tuttavia, paragonato all’attaccamento al regno spirituale, questo attaccamento mondano è considerato un peccato e la verità del detto «Le buone opere dei probi sono i peccati degli eletti» è dimostrata. Inoltre è come la forza del corpo, che è imperfetta nei confronti della forza dello spirito, anzi paragonata ad essa è pura debolezza. Allo stesso modo, paragonata alla vita eterna e alla vita nel Regno, la vita materiale è come la morte. Così Cristo chiamò morte la vita materiale e disse: «Lascia i morti seppellire i loro morti».98 Sebbene quelle anime avessero la vita materiale, ai Suoi occhi quella vita era come la morte.

Questo è solo uno dei significati della storia biblica di Adamo. Riflettete fino a scoprirne altri.

31
SPIEGAZIONE DELLA BESTEMMIA CONTRO LO SPIRITO SANTO

Domanda. «Perciò, io vi dico: Ogni peccato e bestemmia sarà rimessa agli uomini; ma la bestemmia contro allo Spirito non sarà loro rimessa. E a chiunque avrà detta alcuna parola contro il Figliuol dell’uomo, sarà perdonato; ma a niuno che l’abbia detta contro allo Spirito Santo, sarà perdonato, né in questo mondo, né nel futuro».99

Risposta. Le realtà santificate delle Manifestazioni di Dio hanno due stadi spirituali. Uno è quello dello stato della manifestazione divina, che può essere paragonato al globo del sole, l’altro è quello dello splendore e della rivelazione, che può essere paragonato alla luce e alle perfezioni divine, lo Spirito Santo. Infatti lo Spirito Santo è la multiforme grazia e le molteplici perfezioni di Dio e queste perfezioni divine sono simili ai raggi e al calore del sole. Ora il sole è il sole in virtù dei suoi fulgidi raggi e senza di essi esso non sarebbe il sole. Se le perfezioni di Dio non si rivelassero e non si manifestassero in Gesù, Egli non sarebbe Cristo. Egli è una Manifestazione di Dio proprio perché in Lui si rivelano le perfezioni divine. I Profeti di Dio sono Manifestazioni e le perfezioni divine, cioè lo Spirito Santo, sono ciò che si manifesta in Loro.

Se un’anima rimane lontana dalla Manifestazione, può, ciò malgrado, risvegliarsi, perché può non averLo conosciuto e non averLo riconosciuto come Personificazione delle perfezioni divine. Ma se odia le perfezioni divine, che sono lo Spirito Santo, questo dimostra che è come un pipistrello che odia la luce.

L’odio della luce non ha rimedio e non può essere perdonato, cioè, è impossibile che un’anima siffatta si avvicini a Dio. Questa lampada qui è una lampada a causa della luce, senza la luce non sarebbe una lampada. Un’anima che aborrisca la luce della lampada è come se fosse cieca e non potesse percepire la luce e la sua cecità è causa di eterna privazione.

È evidente che le anime ricevono la grazia dalle effusioni dello Spirito Santo che appaiono nelle Manifestazioni di Dio e non dalla personalità delle Manifestazioni. Ne consegue che l’anima che non riceva una parte delle effusioni dello Spirito Santo rimane priva della grazia di Dio e questa privazione equivale alla negazione del perdono divino.

Ecco perché molte anime si sono opposte alle Manifestazioni di Dio, perché non capivano che Esse erano Manifestazioni, ma una volta che Le ebbero riconosciute, divennero Loro amiche. Cosi l’inimicizia verso la Manifestazione di Dio non fu causa di eterna privazione, perché essi erano nemici del portacandele e non sapevano che esso era il sito della scintillante luce di Dio. Essi non erano nemici della luce e quando capirono che il portacandele era anche la sede della luce, ne divennero sinceri amici.

Intendiamo dire che la lontananza dal portacandele non è causa di eterna privazione, perché si può essere ridestati e guidati rettamente, ma l’inimicizia verso la luce è causa di eterna privazione e non ha rimedio.

32
SPIEGAZIONE DEL VERSETTO: POICHÉ MOLTI SONO I CHIAMATI MA POCHI GLI ELETTI

Domanda. Nel Vangelo Cristo dice: «Molti son chiamati, ma pochi eletti»100 e nel Corano è scritto: «Egli conferirà particolare misericordia a chi gli piacerà».101 Quale saggezza c’è in tutto questo?

Risposta. Sappiate che l’ordine e la perfezione dell’universo richiedono che l’esistenza appaia sotto innumerevoli forme. Le cose create non possono perciò incarnarsi in un unico grado, in un unico stadio, in una sola maniera, in un solo genere o in un’unica specie. Le differenze di grado, le distinzioni di forma e le varietà di genere e di specie sono inevitabili. Cioè devono necessariamente esistere i regni minerale, vegetale, animale e umano, perché il mondo non potrebbe essere adeguatamente ordinato, adornato, organizzato e perfezionato con l’uomo soltanto. Allo stesso modo, con i soli animali o le sole piante o i minerali soltanto, questo mondo non avrebbe il suo meraviglioso aspetto, la sua perfetta organizzazione e i suoi squisiti ornamenti. Perché l’esistenza possa risplendere nella massima perfezione, devono esistere differenze di grado e di stadio, di genere e di specie.

Per esempio, se quest’albero diventasse tutto frutta, le perfezioni del regno vegetale non potrebbero essere conseguite, perché le foglie, le gemme e i frutti sono tutti necessari, affinché l’albero appaia in perfetta bellezza e perfezione.

Allo stesso modo, considerate il corpo dell’uomo. Dev’essere necessariamente composto da diverse parti, membra e organi. La bellezza e la perfezione del corpo umano richiedono l’esistenza delle orecchie, degli occhi, del cervello e anche quella delle unghie e dei capelli. Se l’uomo fosse tutto cervello, tutto occhi o orecchie, sarebbe imperfetto. Così l’assenza dei capelli, delle ciglia, dei denti e delle unghie sarebbe pura imperfezione, perché sebbene, paragonati agli occhi, essi non abbiano sensibilità e rassomiglino ai minerali e alle piante, tuttavia la loro assenza dal corpo dell’uomo sarebbe spiacevole e sgradevole.

Ora, se i gradi delle cose create sono diversi, alcuni esseri sono naturalmente più in alto di altri nella scala. Perciò dato che l’elezione di alcune creature, come l’uomo, per il grado supremo, il mantenimento di altre, come le piante, nel grado intermedio e il confinamento di altre, come i minerali, al grado più basso sono dovuti alla volontà e al desiderio di Dio, ne consegue che l’elezione dell’uomo al livello più alto è per grazia di Dio e che anche le differenze fra gli uomini quanto alle conquiste spirituali e alle perfezioni celestiali sono dovute alla scelta del Misericordioso. Infatti la fede, che è vita eterna, non è effetto di una giustizia, ma un segno di grazia. In questo mondo di terra e di acqua, la fiamma del fuoco dell’amore arde per il potere dell’attrazione e non grazie a sforzi e a tentativi umani, anche se grazie ad essi, si possono acquisire la conoscenza, il sapere e altre perfezioni. È la luce della Bellezza divina, dunque, che deve stimolare e muovere lo spirito mediante la sua forza d’attrazione. Perciò è stato detto: «Molti son chiamati, ma pochi eletti».102

Quanto agli esseri materiali, non si deve disprezzarli, giudicarli e ritenerli responsabili del loro grado e del loro stadio. Per esempio, i minerali, i vegetali e gli animali sono tutti accettabili, nei loro vari gradi: Ma se rimangono imperfetti nel loro grado, sono riprovevoli, il grado essendo di per se stesso assolutamente perfetto.

Ora, le differenze fra gli uomini sono di due specie. Una è la differenza di grado e questa non è da biasimare. L’altra è la differenza di fede e di certezza, la cui mancanza è biasimevole, in quanto l’anima deve essere caduta in preda ai desideri e alle passioni, per essere stata privata di questo dono e della forza di attrazione dell’amore di Dio. Questa differenza, pur essendo encomiabile e accettabile nel suo stadio di uomo, tuttavia se è priva delle perfezioni di quel grado, diventa fonte di imperfezione e ne è ritenuta responsabile.

33
IL “RITORNO”DI CUI PARLANO I PROFETI

Domanda. Spiegherebbe il tema del ritorno?

Risposta. Bahá’u’lláh ha spiegato dettagliatamente e chiaramente questo tema nel Kitáb-i-Íqán.103 Leggetelo e la verità di questo tema diverrà chiara e manifesta. Ma, poiché avete posto il quesito, ne darò qui una breve spiegazione.

Premetteremo alle nostre osservazioni il testo del Vangelo. Esso dice che quando Giovanni, figlio di Zaccaria, apparve e annunciò alla gente l’avvento del Regno di Dio, gli chiesero: «Chi sei? Sei il promesso Messia?». Ed Egli rispose: «Non sono il Messia». Allora gli chiesero: «Sei Elia?». Ed egli disse: «No».104 Queste parole dimostrano che Giovanni, figlio di Zaccaria, non era il promesso Elia.

Ma il giorno della trasfigurazione sul monte Tabor, Cristo disse esplicitamente che Giovanni, figlio di Zaccaria, era il promesso Elia. In Marco IX, 11, è detto: «Poi Lo domandarono, dicendo: Perché dicono gli Scribi, che convien che prima venga Elia? Ed Egli, rispondendo, disse loro: Elia veramente deve venir prima, e ristabilire ogni cosa; e siccome è scritto del Figliuol dell’uomo, conviene che patisca molte cose, e sia annichilato. Ma io vi dico che Elia è venuto, e gli hanno fatto tutto ciò che hanno voluto; siccome era scritto di lui». E in Matteo XVIII, 13, è detto: «Allora i discepoli intesero ch’Egli avea loro detto ciò di Giovanni Battista».

Ora essi chiesero a Giovanni Battista: «Sei Elia?». Ed egli rispose: «No, non lo sono», mentre il Vangelo dice che Giovanni era il promesso Elia e anche Cristo lo ha detto chiaramente. Se Giovanni era Elia, perché disse di non esserlo e se non era Elia, perché Cristo disse che lo era?

La ragione è che non consideriamo qui la personalità, ma la realtà delle sue perfezioni, cioè le stesse perfezioni che erano in Elia erano riconoscibili anche in Giovanni Battista. Perciò Giovanni Battista era il promesso Elia. In questo caso non si considera l’essenza,105 ma gli attributi.

Per esempio, l’anno scorso c’era un fiore e anche quest’anno è apparso un fiore. Quando dico che il fiore dell’anno scorso è ritornato, non intendo dire che è ritornato lo stesso fiore con la medesima identità. Ma giacché questo fiore ha gli stessi attributi del fiore dell’anno scorso, avendo lo stesso profumo, la stessa delicatezza, lo stesso colore e la stessa forma, dico che il fiore dell’anno scorso è ritornato e che questo fiore è lo stesso fiore. Anche quando arriva la primavera, diciamo che è ritornata la primavera dello scorso anno, perché tutto ciò che si trovava in quella si trova anche in questa. Ecco perché Cristo disse: «Vedrete tutto quello che accadde nei giorni dei Profeti precedenti».106

Daremo un’altra spiegazione: Il seme dello scorso anno è stato seminato, ne sono apparsi rami e foglie, gemme e frutti e alla fine è stato prodotto un nuovo seme. Quando questo secondo seme sarà piantato, ne crescerà un albero e ritorneranno nuovamente quelle foglie, quelle gemme, quei rami e quei frutti e l’albero di un tempo riapparirà. Giacché c’era un seme al principio e c’è un seme alla fine, diciamo che il seme è ritornato. Se consideriamo la sostanza materiale dell’albero, essa è differente, ma se consideriamo le gemme, le foglie e i frutti, vediamo la stessa fragranza, lo stesso sapore e la stessa delicatezza. Perciò la perfezione dell’albero è ritornata una seconda volta.

Allo stesso modo, se consideriamo la persona, essa è differente. Ma se ne consideriamo gli attributi e le perfezioni, essi sono ritornati. Perciò quando Cristo disse: «È Elia», intendeva dire: questa persona è una manifestazione della grazia, delle perfezioni, delle qualità, degli attributi e delle virtù di Elia. E quando Giovanni Battista disse: «Non sono Elia», intendeva dire non sono la stessa persona. Cristo considerava gli attributi, le perfezioni, le qualità e le virtù e Giovanni considerava la sostanza e l’individualità. È come questa lampada. Era qui ieri sera. Anche stasera è accesa e brillerà anche domani. Se diciamo che la lampada di questa sera è la stessa di ieri sera e che è ritornata, intendiamo la luce e non l’olio, lo stoppino o il sostegno.

Questo tema è spiegato dettagliatamente nel Kitáb-i-Íqán.

34
LA CONFESSIONE DI FEDE DI PIETRO

Domanda. Nel Vangelo secondo Matteo Cristo dice: «Tu sei Pietro, e sopra questa pietra Io edificherò la Mia chiesa».107 Qual è il significato di questo versetto?

Risposta. Questa espressione di Cristo è una conferma della risposta di Pietro, quando Cristo chiese: «Chi credete che io sia?» e Pietro rispose: «Credo che Tu sia il Figlio dell’Iddio vivente». Allora Cristo gli disse: «Tu sei Pietro»108 – poiché «Cefa» in aramaico significa «pietra» – «e sopra questa pietra Io edificherò la Mia chiesa», mentre gli altri avevano risposto a Cristo dicendo che Egli era Elia, o Giovanni Battista, o Geremia, o uno dei Profeti.109

Cristo intendeva confermare le parole di Pietro, mediante una metafora o una similitudine. Così, poiché il nome, Pietro, significava «pietra», disse: «Tu sei Pietro e sopra questa pietra Io edificherò la Mia chiesa». Cioè, la tua convinzione che Cristo è il figlio del Dio vivente diverrà la base della religione di Dio e su questa convinzione poggeranno le fondamenta della chiesa di Dio, che è la Legge di Dio.

L’esistenza della tomba di Pietro a Roma è dubbia e contestata. Alcuni dicono che si trovi in Antiochia.

Inoltre, confrontiamo la vita di alcuni papi con la religione di Cristo. Cristo, affamato e povero, Si cibava di erbe selvatiche ed era contrario a vedere un cuore rattristato. Il papa si sposta con una carrozza coperta di ori e trascorre le sue giornate nella massima maestà, fra piaceri e occupazioni, tali da sorpassare l’opulenza e l’autoin-dulgenza di tutti i re della terra.

Cristo non fece male a nessuno, ma alcuni papi uccisero persone innocenti. Consulta i libri di storia. Quanto sangue i papi hanno versato unicamente per mantenere il potere temporale! Quante migliaia di servitori del mondo dell’umanità e di dotti che avevano scoperto i misteri dell’universo essi hanno torturato, arrestato e ucciso per una semplice divergenza di opinioni! Fino a quale punto si sono opposti alla verità!

Riflettete sugli ammonimenti di Cristo ed esaminate le abitudini e il comportamento dei papi. Vi è qualche somiglianza fra gli ammonimenti di Cristo e il governo dei papi? Non ci piace criticare, ma le pagine della storia del Vaticano sono veramente sorprendenti. Intendiamo dire che le istruzioni di Cristo sono una cosa e il comportamento del governo pontificio sono tutt’altro. Non concordano affatto. Guardate quanti protestanti sono stati uccisi per ordine dei papi, quanti torti e quante crudeltà si sono visti, quante torture e quante punizioni sono state inflitte! Si possono ritrovare in queste azioni le dolci fragranze di Cristo? No, per la giustizia di Dio! Questa gente non obbedì a Cristo, mentre santa Barbara, il cui ritratto è davanti a noi, obbedì a Cristo, seguì le Sue orme e mise in pratica i Suoi ammonimenti.

Fra i papi vi furono anche anime benedette che seguirono le orme di Cristo, specialmente nei primi secoli dell’era cristiana, quando non c’erano beni terreni e le prove inviate da Dio erano dure. Ma quando gli strumenti del potere temporale furono garantiti e gli onori mondani e la prosperità conseguiti, il governo papale dimenticò completamente Cristo e si occupò del dominio e della grandezza terreni, degli agi e dei lussi materiali. Uccise, si oppose alla diffusione della cultura, perseguitò gli uomini di scienza, ostacolò la luce del sapere e ordinò di uccidere e saccheggiare. Migliaia di persone, di uomini di scienza e di cultura, di anime innocenti perirono nelle prigioni di Roma. Con tutti questi metodi e queste azioni, come si può accettare la rivendicazione del vicariato di Cristo?

La Santa Sede ha costantemente ostacolato l’espansione del sapere, a tal segno che in Europa si è giunti a sostenere che la religione è nemica della scienza e che la scienza distrugge le fondamenta della religione. E invece la religione di Dio è promotrice della verità, fondatrice della scienza e della cultura, sostenitrice del sapere, civilizzatrice della razza umana, scopritrice dei segreti dell’esistenza e illuminatrice degli orizzonti del mondo. Come potrebbe opporsi al sapere? Dio non voglia! Anzi, agli occhi di Dio, il sapere è la massima virtù umana e la più nobile delle perfezioni umane. Opporsi al sapere è pura ignoranza e chi detesta il sapere e la dottrina non è un essere umano, ma uno stolto animale. Perché il sapere è luce, vita, felicità, perfezione e bellezza e avvicina l’anima alla soglia divina. È onore e gloria del regno umano e il più grande dono di Dio. Il sapere è guida, l’ignoranza è l’essenza dell’errore.

Felici coloro che dedicano i loro giorni al perseguimento della conoscenza, alla scoperta dei segreti dell’universo e all’indagine meticolosa della verità! Guai a coloro che si accontentano dell’ignoranza, che si rallegrano in futili imitazioni, che sono caduti negli abissi dell’ignoranza e dell’incoscienza e che hanno così sprecato la vita!

35
PREDESTINAZIONE

Domanda. Se un’azione che qualcuno compirà diventa oggetto della conoscenza di Dio ed è registrata nella «Tavola custodita», è possibile opporvisi?

Risposta. La conoscenza di una cosa non è causa della sua realizzazione. Infatti la conoscenza essenziale di Dio abbraccia le realtà di tutte le cose, tanto prima quanto dopo che esse sono venute all’esistenza, ma non è la causa della loro esistenza. È un’espressione della perfezione di Dio.

Quanto ai pronunciamenti che, per rivelazione divina, sono venuti dai Profeti sull’avvento del Promesso della Torà, anche questi non sono stati la causa dell’apparizione di Cristo. Ma i misteri nascosti dei giorni avvenire furono rivelati ai Profeti, i quali vennero così a conoscenza degli eventi futuri e li annunciarono. Questa conoscenza e questa proclamazione non sono stati però la causa del verificarsi di questi eventi. Per esempio, stasera tutti sanno che fra sette ore il sole sorgerà, ma questa conoscenza generale non è la causa dell’apparire e del sorgere del sole.

Analogamente, la conoscenza di Dio nel mondo contingente non produce la forma delle cose. Al contrario, essa è purificata dalle distinzioni del passato, del presente e del futuro ed è identica alla realizzazione di tutte le cose senza essere la causa della loro realizzazione.

Allo stesso modo, la registrazione e la menzione di una cosa nelle Scritture non è la causa della sua esistenza. I Profeti di Dio sapevano, per rivelazione divina, che certi eventi sarebbero accaduti. Per esempio, per rivelazione divina vennero a sapere che Cristo sarebbe stato martirizzato e lo annunciarono. Ora la loro conoscenza e la loro consapevolezza sono stati la causa del martirio di Cristo? No, questa conoscenza è un segno della loro perfezione e non la causa del Suo martirio.

I matematici sanno, grazie a calcoli astronomici, che a un certo momento si produrrà un’eclisse di sole o di luna. Sicuramente questa previsione non è la causa dell’eclisse. Questa, naturalmente, è soltanto un’analogia e non un’immagine precisa.

Dei Poteri e Delle Condizioni Delle Manifestazioni Di Dio

36
I CINQUE ASPETTI DELLO SPIRITO

Sappiate che, in termini generali, vi sono cinque tipi di spirito. Primo, lo spirito vegetale,110 che è il potere che deriva dalla composizione e dalla combinazione degli elementi secondo la saggezza e il decreto dell’Altissimo e dalla reciproca disposizione nonché dall’influenza su altre cose create e dalla reciproca connessione. Quando quelle parti e quegli elementi si separano, anche il potere della crescita associato cessa di esistere. Così, per usare un’analogia, l’elettricità risulta dalla composizione di certe parti costituenti e, non appena quelle parti si separano, l’energia elettrica va dispersa e perduta. Questo è lo spirito vegetale.

Viene poi lo spirito animale, che deriva anch’esso dalla combinazione di elementi che sono uniti in una singola composizione. Ma questa composizione è più completa e quando, per il decreto del Signore onnipotente, raggiunge un maggior grado di combinazione, si produce lo spirito animale, che consiste nella facoltà dei sensi. Questa realtà percepisce le realtà sensibili, ciò che può essere visto, udito, assaporato, annusato o toccato. Dopo la separazione e la decomposizione di questi elementi composti, anche questo spirito cessa naturalmente di esistere. È come questa lampada davanti a voi. Quando l’olio, lo stoppino e la fiamma sono uniti, si produce luce, ma quando finisce l’olio o si consuma lo stoppino e le parti costituenti si separano, anche la luce si spegne e si perde.

Quanto allo spirito umano, esso può essere paragonato a un vetro e al dono del sole. Cioè, il corpo dell’uomo, composto di elementi, è la più perfetta forma di composizione e combinazione, è la più solida disposizione, la combinazione più nobile e la più perfetta di tutte le cose esistenti. Esso cresce e si sviluppa grazie allo spirito animale. Questo corpo perfetto può essere paragonato a uno specchio e lo spirito umano al sole. Se il vetro si rompe o lo specchio va distrutto, nessun male accade all’effusione della grazia del sole che continua ininterrotta.

Questo spirito è il potere di fare scoperte che abbraccia tutte le cose. Tutti i segni meravigliosi, tutti i mestieri e le scoperte, tutte le grandi imprese e gli eventi di importanza storica che conoscete sono stati scoperti dallo spirito e trasportati dal regno dell’invisibile al piano visibile grazie al suo potere spirituale. Così, esso si trova sulla terra, eppure fa scoperte nel cielo e da realtà note e visibili deduce ciò che è sconosciuto. Per esempio, l’uomo si trova in questo emisfero ma, come Colombo, grazie al potere della ragione, scopre un altro emisfero fino ad allora sconosciuto – le Americhe. Il suo corpo è pesante, ma con l’aiuto di veicoli di sua invenzione è capace di volare nell’aria. I suoi movimenti sono lenti, ma grazie a veicoli da lui inventati viaggia rapidamente in Oriente e in Occidente. In breve, questo potere abbraccia tutte le cose.

Ma questo spirito umano ha due aspetti: uno divino e uno satanico, cioè esso è capace della massima perfezione o della massima imperfezione. Se acquisisce virtù, è la più nobile di tutte le cose, se acquisisce vizi, diventa la più abietta.

Quanto al quarto grado dello spirito, esso è lo spirito celestiale, lo spirito della fede e l’effusione della grazia del Misericordiosissimo. Esso proviene dal soffio dello Spirito Santo e grazie a un potere nato da Dio diventa causa di vita eterna. È il potere che rende celestiale l’anima terrena e perfetto l’uomo imperfetto. Purifica l’impuro, scioglie la lingua al taciturno, santifica coloro che sono schiavi della passione e del desiderio e conferisce il sapere agli ignoranti.

Il quinto grado dello spirito è lo Spirito Santo, che è il mediatore fra Dio e le Sue creature. È come uno specchio posto davanti al sole. Come uno specchio immacolato riceve i raggi del sole e ne rispecchia il dono agli altri, così anche lo Spirito Santo è il mediatore della luce della santità, che trasmette dal Sole della Verità alle anime santificate. Questo Spirito è adorno di tutte le perfezioni divine. Ogni qual volta appare, il mondo si rinnova, ha inizio un nuovo ciclo e il corpo dell’umanità indossa una nuova veste. Esso è come la primavera. Quando arriva, trasporta il mondo da una condizione a un’altra. Infatti, con l’avvento della primavera, la nera terra, i campi e i prati diventano verdi e fioriscono, crescono erbe e fiori profumati d’ogni sorta, gli alberi ricevono nuova vita, nuovi frutti appaiono e ha inizio un nuovo ciclo.

La stessa cosa accade con la manifestazione dello Spirito Santo. Ogni qual volta appare, esso conferisce al mondo dell’umanità una nuova vita e dota le realtà umane di un nuovo spirito. Abbiglia tutta l’esistenza con una veste gloriosa, dissipa le tenebre dell’ignoranza e fa risplendere luminosa la luce delle perfezioni umane. È con questo potere che Cristo ha rinnovato questo ciclo, per cui la primavera divina ha piantato la sua tenda nel regno dell’umanità con massima vitalità e grazia e ha deliziato i sensi delle anime illuminate con brezze vivificanti.

Allo stesso modo, la manifestazione di Bahá’u’lláh è stata come una nuova primavera apparsa con i dolci aromi della santità, con gli eserciti della vita eterna e con un potere nato dal regno celeste. Egli ha insediato il Trono della sovranità di Dio nell’intimo cuore del mondo e, grazie al potere dello Spirito Santo, ha vivificato le anime e inaugurato un nuovo ciclo.

37
LA DIVINITÀ PUÒ ESSERE COMPRESA SOLO ATTRAVERSO LE MANIFESTAZIONI DIVINE

Domanda. Che cos’è la realtà della Divinità e qual è il suo rapporto con le Albe dello splendore del Signore e gli Orienti della luce del Misericordiosissimo?

Risposta. Sappiate che la realtà della Divinità o la natura dell’Essenza divina è santità ineffabile e assoluta sacralità, cioè essa è esaltata e santificata al di sopra di ogni lode. Paragonati a questo stadio, tutti gli attributi ascritti ai supremi gradi dell’esistenza sono pura immaginazione. L’Invisibile e l’Inaccessibile non potrà mai essere descritto, perché l’Essenza divina è una realtà che circonda tutte le cose e tutte le cose create ne sono circondate. In verità ciò che circonda tutto deve essere più grande di ciò che è circondato e ciò che è circondato non può scoprire ciò da cui è circondato, né comprenderne la realtà. Per quanto progredisca, raggiunga pure il grado supremo della comprensione umana, l’estremo limite di questa comprensione consiste nel vedere i segni e gli attributi di Dio nel mondo della creazione e non nel regno della Divinità. Infatti l’essenza e gli attributi del Signore gloriosissimo sono custoditi nelle inaccessibili vette della santità e le menti e la comprensione dell’uomo non troveranno mai una strada verso quello stato. «La via è sbarrata e ogni ricerca è respinta».111

È evidente che qualunque cosa l’uomo comprenda è una conseguenza della sua esistenza e che l’uomo è un segno del Misericordiosissimo. Come può la conseguenza del segno comprendere il Creatore del segno? Cioè, come può la comprensione umana, che è una conseguenza dell’esistenza dell’uomo, comprendere Dio? Perciò la realtà della Divinità è nascosta alla comprensione e celata alla mente di tutti gli uomini ed è assolutamente impossibile ascendere a quello stadio.

Vediamo che ogni cosa inferiore è incapace di comprendere la realtà di ciò che è superiore. Così la pietra, la terra e l’albero, per quanto si evolvano, non potranno mai comprendere la realtà dell’uomo o immaginare le facoltà della vista, dell’udito o degli altri sensi, sebbene siano tutti ugualmente cose create. Perciò, come può l’uomo, una semplice creatura, comprendere la realtà dell’Essenza santificata del Creatore? Nessuna comprensione umana può accostarsi a questo stadio, nessuna parola può spiegare la sua verità e nessuna allusione può sottintendere il suo mistero. Che cosa ha a che fare un atomo di polvere con il mondo della santità e quale rapporto può esistere fra la mente limitata e il regno illimitato? Le menti sono incapaci di comprenderLo e le anime si smarriscono nel tentativo di descriverNe la realtà. «Non L’afferrano gli sguardi ed Egli tutti gli sguardi afferra. È di sguardo sottile e di tutto ha notizia».112

Perciò, a questo proposito, ogni affermazione e ogni spiegazione è manchevole, ogni descrizione e ogni caratterizzazione è indegna, ogni concezione è infondata e ogni tentativo di contemplarne le profondità è futile. Ma per quella Essenza delle essenze, per quella Verità delle verità, per quel Mistero dei misteri vi sono splendori, fulgori, manifestazioni e apparizioni nel mondo dell’esistenza. Gli Orienti di quei fulgori, le Albe di quelle rivelazioni e le sorgenti di quelle manifestazioni sono quegli Esponenti della santità, quelle Realtà universali e quegli Esseri divini, Che sono i veri specchi dell’Essenza santificata della Divinità. Tutte le perfezioni, tutti i doni e tutti gli splendori dell’unico vero Dio sono chiaramente visibili nella Realtà delle Sue sante Manifestazioni, come la luce del sole si riflette pienamente in un chiaro specchio immacolato con tutte le sue perfezioni e i suoi doni. Se si dicesse che gli specchi sono le manifestazioni del sole e gli orienti dell’astro del mondo, ciò non significherebbe che il sole è disceso dalle vette della sua santità o si è personificato nello specchio, né che la Realtà illimitata è stata confinata a questo piano visibile. Dio non voglia! Questa è la credenza dei seguaci dell’antropomorfismo. No, tutte queste descrizioni, tutte queste espressioni di lode e di gloria si riferiscono a queste sante Manifestazioni, cioè, tutte le descrizioni, le lodi, i nomi o gli attributi di Dio che menzioniamo si riferiscono a Loro. Ma nessuno ha mai scandagliato la realtà dell’Essenza della Divinità, al punto da essere capace di lasciarla intendere, di descriverla, di lodarla o di glorificarla. Perciò tutto ciò che la realtà umana conosce, scopre e comprende dei nomi, degli attributi e delle perfezioni di Dio si riferisce a queste sante Manifestazioni e non porta a null’altro: «La via è sbarrata e ogni ricerca è respinta».

Ciò nonostante, attribuiamo certi nomi e certi attributi alla realtà della Divinità e la lodiamo per la Sua vista, il Suo udito, la Sua forza, la Sua vita e la Sua conoscenza. Non affermiamo questi nomi e questi attributi per affermare le perfezioni di Dio, ma per negare che Egli abbia qualche imperfezione.

Quando guardiamo il mondo contingente, vediamo che l’ignoranza è imperfezione e la conoscenza è perfezione. Perciò diciamo che la santificata Essenza della Divinità è onnisciente. La debolezza è imperfezione e la forza perfezione. Di conseguenza diciamo che la santificata Essenza divina è onnipotente. Noi non possiamo comprendere la Sua conoscenza, la Sua vista, il Suo udito, la Sua forza o la Sua vita come sono in sé. Essi trascendono sicuramente la nostra comprensione, perché i nomi e gli attributi essenziali di Dio sono identici alla Sua Essenza e la Sua Essenza è santificata al di sopra di ogni comprensione. Se gli attributi essenziali non fossero identici all’Essenza, ci sarebbe anche una molteplicità di preesistenze e anche la distinzione fra l’Essenza e gli attributi sarebbe solidamente dimostrata e preesistente. Ma questo implicherebbe un’infinita catena di preesistenze, che è un evidente errore.

Di conseguenza, tutti questi nomi, questi attributi, queste esaltazioni e queste lodi si riferiscono alle Manifestazioni di Dio e tutto quello che possiamo supporre e concepire oltre a loro è pura illusione, perché non troveremo mai una strada verso l’Invisibile e l’Inaccessibile. Così è stato detto: «Tutto quello che vanamente credete di aver percepito ed espresso nei termini più sottili non è che una creatura come voi e a voi ritorna».113

È evidente che se tentiamo di concepire la Realtà della Divinità, questa concezione sarebbe una cosa compresa e la nostra mente sarebbe ciò che la comprende, sicuramente ciò che comprende è più grande di ciò che è compreso! Ne consegue che ogni realtà che possiamo concepire della Divinità, che non sia le sante Manifestazioni, è pura illusione, perché non c’è modo per avvicinarsi a quella Realtà divina la quale è interamente al di fuori della portata della mente. E tutto quello che potremmo concepire è pura immaginazione.

Come vedete i popoli del mondo ruotano attorno alle proprie vane immaginazioni e adorano gli idoli dei loro pensieri e delle loro fantasie, senza esserne minimamente consapevoli. Essi considerano queste vane immaginazioni alla stregua della Realtà, che è santificata al di là di ogni comprensione ed esaltata al di là di ogni allusione. Considerano se stessi sostenitori dell’Unità divina e tutti gli altri adoratori di idoli, anche se gli idoli almeno hanno un’esistenza minerale, mentre gli idoli del pensiero e dell’immaginazione umana sono mere illusioni e non hanno nemmeno l’esistenza che ha una pietra. «Prendete esempio, o voi che avete occhi a guardare!».114

Sappiate che gli attributi della perfezione, le effusioni della grazia divina e i fulgori della rivelazione divina risplendono luminosi in tutte le Manifestazioni di Dio. Ma l’onnicomprensiva Parola di Dio, Cristo, e il Suo Più Grande Nome, Bahá’u’lláh, sono apparsi con una rivelazione che va al di là di ogni comprensione. Infatti non solo possiedono tutte le perfezioni delle Manifestazioni precedenti, ma oltre a quelle mostrano anche alcune perfezioni che rendono le altre Manifestazioni come se fossero Loro seguaci. Così tutti i Profeti di Israele furono recipienti della rivelazione divina e lo fu anche Cristo, ma quale differenza fra la rivelazione di Colui Che era la Parola di Dio e l’ispirazione di un Isaia, di un Geremia e di un Elia!

Pensate, la luce consiste nelle vibrazioni dell’etere, che stimolano i nervi dell’occhio, producendo la vista. Ora, anche se la vibrazione dell’etere esiste tanto nella lampada quanto nel sole, quale differenza fra la luce del sole e quella delle stelle o della lampada!

Lo spirito umano ha certi segni e certe manifestazioni nello stato embrionale e altri splendori ed espressioni nello stadio dell’infanzia, dell’adolescenza e della maturità. Lo spirito è uno, ma nello stadio embrionale manca del potere della vista e dell’udito, mentre negli stadi dell’adolescenza e della maturità esso appare in pieno splendore e nella massima radiosità. Allo stesso modo il seme all’inizio della sua crescita appare solo come una foglia, che è il luogo dell’apparizione dello spirito vegetale. Nello stadio della fruttificazione quello stesso spirito, cioè il potere della crescita, si manifesta nella massima perfezione. Ma quanto è lontano lo stadio della foglia da quello del frutto! Infatti dal frutto appaiono nel tempo centomila foglie, sebbene tutte loro crescano e si sviluppino grazie allo stesso spirito vegetale. Riflettete sulla differenza fra le virtù e le perfezioni di Cristo e gli splendori e i fulgori di Bahá’u’lláh da un lato e le virtù dei Profeti della Casa di Israele, come Ezechiele o Samuele, dall’altro. Erano tutti recipienti della rivelazione divina, ma fra loro c’è un’infinita distanza.

38
LE TRE CONDIZIONI DELLE DIVINE MANIFESTAZIONI

Sappiate che le sante Manifestazioni, sebbene abbiano infinite virtù e perfezioni, pure, occupano solo tre stadi. Il primo è lo stadio materiale, il secondo è lo stadio umano, cioè quello dell’anima razionale, e il terzo è quello della manifestazione divina e dello splendore celestiale.

Quanto allo stadio materiale, esso ha origine nel tempo, perché è costituito da elementi e ogni composizione deve alla fine decomporsi. È impossibile che una composizione non sia seguita dalla disintegrazione.

Il secondo stadio è quello dell’anima razionale, che è la realtà umana. Anche questa ha un inizio e le Manifestazioni di Dio la condividono con tutta l’umanità.

Il terzo stadio è quello della manifestazione divina e dello splendore celestiale, che è la Parola di Dio, la Grazia eterna e lo Spirito Santo. Questo stadio non ha né inizio né fine, perché l’inizio e la fine appartengono al mondo contingente e non al mondo di Dio. Per Dio l’inizio e la fine sono la stessa cosa. Analogamente, il calcolo dei giorni, delle settimane, dei mesi e degli anni, di ieri e di oggi è fatto in rapporto alla terra, ma nel sole queste cose sono sconosciute: non ci sono né ieri, né oggi, né domani e neppure mesi o anni – tutto è uguale. Allo stesso modo la Parola di Dio è santificata al di sopra di tutte queste condizioni ed eccelsa al di là di qualunque legge, costrizione o limitazione possano esistere nel mondo contingente.

Sappiate che, pur essendo esistita sulla terra per miriadi di ere e di cicli, l’anima umana ha un’origine. Ma essendo un segno di Dio, una volta entrata nell’esistenza, essa è eterna. Lo spirito umano ha un inizio, ma non ha fine, permane in eterno. Allo stesso modo, le varie specie che si trovano sulla terra hanno un’origine nel tempo, perché tutti riconoscono che un tempo queste specie non esistevano sulla faccia della terra, anzi un tempo non esisteva nemmeno la terra. Ma il mondo dell’esistenza è sempre esistito, perché esso non è limitato a questo globo terrestre.

Ciò significa che, pur avendo un’origine, nondimeno le anime umane sono immortali, durature ed eterne. Infatti il mondo delle cose è un mondo di imperfezione in confronto con quello dell’uomo e il mondo dell’uomo è un mondo di perfezione in confronto con quello delle cose. Raggiunto il grado della perfezione, le cose imperfette diventano eterne. Questo è un esempio: cercate di coglierne il vero significato.

Ora, la realtà dello stato profetico, che è la Parola di Dio e lo stato della perfetta manifestazione divina, non ha né inizio né fine, ma la sua radiosità varia come quella del sole. Per esempio, essa è sorta nel segno di Cristo nel massimo splendore e radiosità ed è eterna e senza fine. Guardate quanti re conquistatori, quanti saggi ministri e governanti sono venuti e andati, scomparsi nell’oblio, mentre le brezze di Cristo soffiano ancora, la Sua luce brilla ancora, il Suo invito risuona ancora, il Suo stendardo sventola ancora, i Suoi eserciti combattono ancora, la Sua voce risuona ancora dolcemente, le Sue nuvole versano ancora piogge vivificanti, le Sue saette guizzano ancora, la Sua gloria è ancora chiara e indiscussa, il Suo splendore è ancora radioso e luminoso e altrettanto dicasi di ogni anima che dimora sotto la Sua ombra e condivide la Sua luce.

È quindi evidente che le Manifestazioni hanno tre stadi: lo stadio materiale, lo stadio dell’anima razionale e lo stadio della manifestazione divina e dello splendore celestiale. Lo stadio corporale perirà inevitabilmente. Quanto allo stadio dell’anima razionale, pur avendo un principio, non ha fine ed è dotato di vita eterna. Ma quanto alla Santa Realtà, di cui Cristo dice: «Il Padre è nel Figlio»,115 essa non ha né inizio né fine. Il suo «inizio» indica semplicemente la Sua rivelazione del Suo stesso stadio. Così, ricorrendo a un’analogia, Egli paragona il Suo silenzio al sonno. Un uomo che tace è come un uomo che dorme e quando parla, è come se si fosse svegliato.116 Ma, l’uomo che dorme e quello che è sveglio sono la stessa persona. Non si è prodotto nessuna cambiamento nel suo stadio, nella sua elevazione, nella sua sublimità, nella sua realtà interiore o nella sua natura innata. La condizione del silenzio è stata paragonato al sonno e quella della manifestazione alla veglia. Dorma o sia sveglio, un uomo è sempre lo stesso uomo. Il sonno è semplicemente un possibile stato e la veglia un altro stato. Il periodo del silenzio è paragonato al sonno e il periodo della manifestazione e della guida alla veglia.

Nel Vangelo è detto: «Nel principio la Parola era, e la Parola era presso Dio». Ne consegue che Cristo non raggiunse lo Stadio messianico e le Sue perfezioni nel momento del Suo battesimo, quando lo Spirito Santo discese su di Lui in forma di colomba. Anzi, la Parola di Dio è sempre stata e sempre sarà nelle eccelse vette della santità.

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LA CONDIZIONE UMANA E LA CONDIZIONE SPIRITUALE DELLE DIVINE MANIFESTAZIONI

Abbiamo detto prima che le Manifestazioni hanno tre stadi: primo, la realtà materiale, che appartiene al corpo umano, secondo, la realtà individuale, cioè, l’anima razionale, terzo, la manifestazione celeste, che consiste nelle perfezioni divine ed è la sorgente della vita del mondo, dell’educazione delle anime, della guida delle genti e dell’illuminazione di tutto il creato.

Lo stadio corporale è di natura umana ed è soggetto a disintegrazione, in quanto è una composizione di elementi e ciò che è composto di elementi deve necessariamente decomporsi e disperdersi.

Ma la realtà individuale delle Manifestazioni del Misericordiosissimo è una realtà santificata ed è tale perché sorpassa, nell’essenza e negli attributi, tutte le cose create. È come il sole che deve produrre luce in virtù della sua disposizione intrinseca e non può essere paragonato ad alcun satellite. Per esempio le parti costituenti del sole non possono assolutamente essere paragonate a quelle della luna. La composizione e la disposizione del primo producono necessariamente raggi, ma le parti costituenti della seconda richiedono l’acquisizione della luce e non comportano la sua produzione. Cosi le altre realtà umane sono anime che prendono luce dal sole come la luna, ma quella Realtà santificata è luminosa di per se stessa.

Il terzo stadio è quello della grazia divina, la rivelazione della Bellezza dell’Antico dei Giorni e il fulgore delle luci del Signore sempre vivente e onnipotente. Le realtà individuali delle sante Manifestazioni non possono essere separate dalla grazia e dalla rivelazione divina, come la massa corporea del sole non può essere separata dalla sua luce. Perciò l’ascensione delle sante Manifestazioni è semplicemente l’abbandono dei loro corpi costituiti da elementi. Per esempio, considera la lampada che illumina questa nicchia. I suoi raggi possono smettere di cadere sulla nicchia se essa va distrutta, ma non c’è interruzione nel dono della lampada. La grazia preesistente delle sante Manifestazioni è come la luce, le loro realtà individuali sono come il globo di vetro e i loro templi umani come la nicchia. Se la nicchia va distrutta, la lampada continua ad ardere. Le Manifestazioni di Dio sono come tanti specchi diversi, in quanto ciascuna di Esse ha una propria individualità distinta, ma ciò che si riflette in questi specchi è lo stesso sole. Perciò, è evidente che la realtà di Cristo è diversa da quella di Mosè.

Fin dal principio quella Realtà santificata è indubbiamente conscia del segreto dell’esistenza e fin dall’infanzia sono chiaramente visibili in Lui segni di grandezza. Perciò com’è possibile che con tutti questi doni e queste perfezioni Egli non abbia coscienza del proprio stadio?

Abbiamo menzionato i tre stadi delle Manifestazioni di Dio, l’esistenza corporale, la realtà individuale e la perfetta manifestazione divina, che possono essere paragonati al sole, al suo calore e alla sua luce. Le altre persone condividono lo stadio corporale e l’anima razionale – lo spirito e la mente. Così il passo che dice: «Ero addormentato quando la brezza di Dio alitò su di Me e Mi risvegliò dal sonno»117 è simile alle parole di Cristo: «La carne è piena di dolore, ma lo spirito gioisce», o ancora: «Sono afflitto», oppure «Sono tranquillo», oppure «Sono turbato». Tutte queste parole si riferiscono allo stadio corporale e non hanno connessione con la realtà individuale o con la manifestazione della Realtà divina. Considerate, per esempio, quante migliaia di vicissitudini possono accadere al corpo dell’uomo, delle quali lo spirito non si accorge. Può anche accadere che alcune membra del corpo siano totalmente compromesse e che l’essenza della mente non ne sia affetta. Una veste può subire una miriade di strappi e di lacerazioni, chi la indossa può rimanere illeso. Così le parole di Bahá’u’lláh, «Ero addormentato quando la brezza di Dio alitò su di Me e Mi risvegliò dal sonno», si riferiscono al corpo.

Nel mondo di Dio non esistono passato, presente e futuro, è tutto lo stesso. Così quando Cristo disse: «Nel principio era la Parola»,118 intendeva dire che essa era, è e sarà, perché nel mondo di Dio non esiste il tempo. Il tempo ha potere sulle creature, ma non su Dio. Così, nella preghiera in cui Cristo dice: «Sia santificato il Tuo nome»,119 il significato è che il Tuo nome era, è e sarà santificato. Il mattino, il mezzogiorno e la sera esistono in rapporto alla terra, ma nel sole non esistono né mattino, né mezzogiorno, né sera.

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LA CONOSCENZA DELLE DIVINE MANIFESTAZIONI

Domanda. Quali sono i limiti imposti ai poteri delle Manifestazioni di Dio e in particolare alla loro conoscenza?

Risposta. La conoscenza è di due specie: conoscenza esistenziale e conoscenza formale, cioè, conoscenza intuitiva e conoscenza concettuale.

La conoscenza delle cose universalmente posseduta dagli uomini consiste nella concettualizzazione e nell’osservazione. Cioè, o si concepisce un oggetto grazie alla facoltà razionale, oppure una forma si produce nello specchio del cuore, grazie all’osservazione. L’ambito di questa conoscenza è molto limitato, perché dipende dall’acquisizione e dal conseguimento.

Ma l’altra specie di conoscenza, che è la conoscenza esistenziale o intuitiva, è come la cognizione e la consapevolezza che l’uomo ha di se stesso.

Per esempio, la mente e lo spirito dell’uomo sono coscienti di tutti i suoi stati e le sue condizioni, di tutte le parti e le membra del suo corpo e di tutte le sue sensazioni fisiche, nonché dei suoi poteri, delle sue percezioni e delle sue condizioni spirituali. Questa è la conoscenza esistenziale, grazie alla quale l’uomo comprende la propria condizione. Egli la percepisce e la comprende, perché lo spirito circonda il corpo ed è conscio delle sue sensazioni e dei suoi poteri. Questa conoscenza non è il prodotto di sforzi o acquisizioni. È una questione esistenziale, un puro dono.

Poiché quelle realtà santificate, le Manifestazioni universali di Dio, circondano tutte le cose create nell’essenza e negli attributi, poiché trascendono e scoprono tutte le realtà esistenti e poiché sono a conoscenza di tutte le cose, ne consegue che la Loro conoscenza è divina e non è acquisita, cioè, è una grazia celeste e una scoperta divina.

Menzioneremo un esempio solamente per illustrare questo punto. Il più nobile fra gli esseri terreni è l’uomo. In lui si realizzano i regni animale, vegetale e minerale, cioè tutti questi gradi sono contenuti in lui in tal guisa che egli ne è dotato. Ed essendo dotato di tutti questi gradi e questi stadi, egli è informato dei loro misteri e consapevole dei segreti della loro esistenza. Questo è soltanto un esempio e non un’analogia precisa.

In breve, le Manifestazioni universali di Dio sono consapevoli delle verità che stanno alla base dei misteri di tutte le cose create e perciò Esse fondano una religione che si basa sulle condizioni prevalenti dell’umanità e che è consona con esse. Infatti la religione consiste nelle relazioni necessarie che procedono dalle realtà delle cose. Se la Manifestazione di Dio, il divino Legislatore, non fosse informato delle realtà delle cose, se non comprendesse le relazioni necessarie che procedono da queste realtà, Egli non potrebbe certamente fondare una religione consona con i bisogni e le condizioni del tempo. I Profeti di Dio, le Manifestazioni universali, sono come bravi medici, il mondo dell’essere è come il corpo dell’uomo e le religioni divine sono il trattamento e il rimedio. Il medico deve conoscere bene tutte le parti e gli organi, la costituzione e la condizione dal paziente, per prescrivere un rimedio efficace. In realtà il medico deduce il rimedio dalla malattia, perché prima formula la diagnosi della malattia e poi ne tratta la causa. Finché la malattia non è propriamente diagnosticata, come è possibile prescrivere un rimedio o un trattamento? Per prescrivere la cura adatta, il medico deve dunque avere una profonda conoscenza della costituzione, delle parti, degli organi e della condizione del paziente ed essere a conoscenza di tutte le malattie e di tutti i rimedi.

La religione, dunque, consiste nelle relazioni necessarie che procedono dalla realtà delle cose. Le Manifestazioni universali di Dio, essendo a conoscenza dei misteri del creato, conoscono bene queste relazioni necessarie e le istituiscono come religione di Dio.

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I CICLI UNIVERSALI

Domanda. Sono stati menzionati cicli universali che si susseguono nel mondo dell’esistenza. Si prega di spiegare la verità di questo tema.

Risposta. Ciascuno dei corpi luminosi di questo firmamento illimitato ha un proprio ciclo di rivoluzione, il periodo nel quale esso completa un giro della propria orbita prima di incominciarne uno nuovo. La terra, per esempio, completa una rivoluzione ogni trecentosessantacinque giorni, cinque ore, quarantotto minuti e rotti, dopo di che ha inizio un nuovo ciclo sulla stessa orbita. Allo stesso modo, l’intero universo, sia nel regno della natura sia in quello degli uomini, procede per cicli di grandi eventi, di fatti e avvenimenti importanti.

Quando un ciclo giunge al termine, ne incomincia uno nuovo e quello precedente, in seguito a grandi eventi che accadono, svanisce a tal punto dalla memoria da non lasciare testimonianza o traccia. Così, come vedete, non abbiamo testimonianze di ventimila anni fa, sebbene, come abbiamo già dimostrato con argomenti razionali, la vita su questa terra sia molto antica, essa non ha centomila o duecentomila, o un milione o due milioni di anni. È molto più antica e le testimonianze e le tracce dei tempi antichi sono state totalmente cancellate.

Allo stesso modo, anche ciascuna delle Manifestazioni di Dio ha un ciclo, durante il quale la Sua religione e le Sue leggi hanno piena forza ed effetto. Quando il ciclo si completa con l’avvento di una nuova Manifestazione, ha inizio un nuovo ciclo. Così i cicli incominciano, finiscono e si rinnovano, finché non si completa nel mondo dell’esistenza un ciclo universale e hanno luogo importanti accadimenti che cancellano completamente ogni testimonianza e ogni traccia del passato. Allora incomincia nel mondo un nuovo ciclo universale, perché il regno dell’esistenza non ha principio. Abbiamo già esposto prove e argomenti su questo tema e non occorre ripetersi.120

In breve, affermiamo che un ciclo universale nel mondo dell’esistenza comprende un lungo periodo di tempo e innumerevoli ere ed epoche. In questo ciclo le Manifestazioni di Dio risplendono nel regno visibile, finché una suprema Manifestazione universale fa del mondo il centro focale degli splendori divini e lo porta allo stadio della maturità, attraverso la Sua rivelazione. La durata del ciclo che Essa inaugura è molto lunga. Altre Manifestazioni sorgono durante quel ciclo sotto la Sua ombra e rinnovano, secondo le necessità dei tempi, alcune leggi riguardanti gli affari e le transazioni, ma rimangono sotto la Sua ombra. Oggi ci troviamo nel ciclo che ha avuto inizio con Adamo e la cui Manifestazione universale è Bahá’u’lláh.

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POTERE E INFLUENZA DELLE DIVINE MANIFESTAZIONI

Domanda. Fino a quale punto arrivano i poteri e le perfezioni dei Troni della verità, le Manifestazioni di Dio, e quali sono i limiti della Loro influenza?

Risposta. Considerate il mondo dell’esistenza, cioè la creazione materiale. Il sistema solare è avvolto nelle tenebre. Nella sua circonferenza, il sole è il centro della luce e tutti i pianeti associati ruotano attorno ad esso e sono illuminati dalle effusioni del suo dono. Il sole è la sorgente della vita e della luce e la causa della crescita e dello sviluppo di tutte le cose del sistema solare. Se il dono del sole cessasse, nessuna cosa vivente potrebbe continuare ad esistervi. Tutte le cose diverrebbero oscure e sarebbero annientate. È perciò chiaro ed evidente che il sole è il centro della luce e la sorgente della vita di tutte le cose nel sistema solare.

Allo stesso modo, le sante Manifestazioni di Dio sono i Centri focali della luce della verità, le Fonti dei misteri nascosti e le Sorgenti delle effusioni dell’amore divino. Esse risplendono nel mondo dei cuori e delle menti e donano grazia eterna al mondo degli spiriti. Conferiscono la vita spirituale e brillano degli splendori delle verità e dei significati interiori. L’illuminazione del regno del pensiero procede da questi Centri di luce, da questi Esponenti di misteri. Se non fosse per la grazia della rivelazione e dell’istruzione di questi Esseri santificati, il mondo delle anime e il regno del pensiero sarebbero tenebra su tenebra. Se non fosse per i sani e giusti insegnamenti di questi Esponenti dei misteri, il mondo umano diverrebbe un’arena di caratteristiche e qualità animali, tutta l’esistenza diverrebbe un’evanescente illusione e la vera vita andrebbe perduta. Ecco perché è detto nel Vangelo: «Nel principio era la Parola», cioè essa fu la sorgente di ogni vita.121

Considerate ora la penetrante influenza del sole sugli esseri terreni e guardate quali effetti e quali risultati visibili appaiano dalla sua vicinanza o lontananza, dalla sua alba o dal suo tramonto. Una volta è autunno, un’altra primavera. Una volta è estate, un’altra inverno. Quando il sole oltrepassa l’equinozio, la primavera vivificante si manifesta in tutto il suo splendore e quando esso raggiunge il solstizio d’estate, i frutti raggiungono la piena maturità, granaglie e piante danno i loro prodotti e le cose terrene raggiungono il massimo della crescita e dello sviluppo.

Allo stesso modo, quando la santa Manifestazione di Dio, Che è il sole del mondo della creazione, risplende sul mondo dei cuori, delle menti e degli spiriti, una primavera spirituale ha inizio e una nuova vita diventa visibile. Il potere dell’impareggiabile stagione della primavera appare e se ne vedono i meravigliosi doni. Così vedete che, con l’avvento di ogni Manifestazione di Dio, si consegue uno stupefacente progresso nel regno della mente, del pensiero e dello spirito dell’uomo. Per esempio, guardate quale progresso è stato conseguito nel mondo della mente e del pensiero in questa era divina. Ed è solo l’inizio dell’alba! Fra non molto vedrete che questi nuovi doni e questi insegnamenti celesti inonderanno di luce questo mondo oscuro e trasformeranno questo regno gravato dal dolore nell’eccelso Paradiso.

Se dovessimo dare una spiegazione completa dell’influenza e dei doni di ciascuna delle Manifestazioni di Dio, occorrerebbe troppo tempo. Pensate e riflettete voi stessi e coglierete la verità su questo tema.

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LE DUE CLASSI DI PROFETI

Domanda. Quante specie di Profeti vi sono in generale?

Risposta. In generale, i Profeti sono di due specie. Gli uni sono i Profeti indipendenti Che hanno seguaci, gli altri sono i Profeti che non sono indipendenti e che sono essi stessi seguaci.

Ogni Profeta indipendente è Autore di una religione divina e Fondatore di una nuova Dispensazione. Con il Loro avvento il mondo indossa una nuova veste, si insedia una nuova religione ed è rivelato un nuovo Libro. Questi Profeti ricevono l’effusione della grazia della realtà divina senza alcun intermediario. La Loro radiosità è essenziale, come quella del sole che è luminoso di per se stesso, la cui luminosità è un requisito essenziale e non è acquisita da un’altra stella. Queste Sorgenti del mattino dell’Unità divina sono fonti della grazia divina e specchi dell’Essenza della Realtà.

Gli altri Profeti sono seguaci e promotori, perché il loro stadio non è indipendente, ma contingente. Essi ricevono la grazia divina dei Profeti indipendenti e ricevono la luce della guida dalla realtà dello stadio profetico universale. Essi sono come la luna, che non è luminosa e radiosa in se stessa, ma riceve luce dal sole.

Fra i Profeti universali che sono apparsi indipendentemente vi sono Abramo, Mosè, Cristo, Muḥammad, il Báb e Bahá’u’lláh. Fra gli altri, che furono seguaci e promotori, vi sono Salomone, Davide, Isaia, Geremia ed Ezechiele. I Profeti indipendenti sono fondatori, cioè fondano una nuova religione, ricreano le anime, rigenerano la morale della società e promuovono un nuovo stile di vita e nuove norme di comportamento. Grazie a Loro appare una nuova Dispensazione e ha inizio una nuova religione. Il loro avvento è come la stagione primaverile, quando tutte le cose della terra indossano una nuova veste e trovano una nuova vita.

Quanto alla seconda specie di Profeti, che sono seguaci, essi promuovono la religione di Dio, divulgano la Sua Fede e proclamano la Sua parola. In se stessi non hanno né potere né autorità, ma li traggono dai Profeti indipendenti.

Domanda. A quale categoria appartengono Buddha e Confucio?

Risposta. Anche Buddha fondò una nuova religione e Confucio rinnovò il comportamento e la morale antichi, ma i precetti originali sono stati completamente modificati e i loro seguaci non seguono più l’originario modello di credenze e di culto. Il fondatore del Buddhismo era un Essere prezioso, Che stabili l’unicità di Dio, ma in seguito i Suoi precetti originari sono stati gradualmente dimenticati e sostituiti da costumi e rituali primitivi, finché, alla fine, si giunse al culto di statue e di immagini.

Considerate, per esempio, che Cristo ammonì spesso la gente di rispettare i dieci Comandamenti della Torà e insistette sulla loro stretta osservanza. Ora, uno dei dieci Comandamenti proibisce l’adorazione di immagini e di statue.122 Ma oggi ci sono una miriade di immagini e di statue nelle chiese di certe denominazioni cristiane. È chiaro ed evidente, dunque, che la religione di Dio non preserva i precetti originari fra le genti, ma è gradualmente modificata e alterata fino ad essere completamente cancellata e così appare una nuova Manifestazione ed è fondata una nuova religione. Infatti, se la precedente religione non fosse modificata e cambiata, non ci sarebbe alcun bisogno di rinnovamento.

In principio, questo albero era pieno di vitalità, carico di germogli e di frutti, ma a poco a poco è diventato vecchio, esausto e sterile, finché non è totalmente appassito e decaduto. Ecco perché il vero Giardiniere ripianta un tenero germoglio dello stesso ceppo, affinché cresca e si sviluppi giorno per giorno, getti la sua ombra protettrice su questo giardino celeste e produca il suo prezioso frutto. Accade così alle religioni divine. Col passare del tempo i loro precetti originari sono modificati, la loro verità fondamentale svanisce completamente, il loro spirito scompare, appaiono innovazioni dottrinali, e le religioni diventano un corpo senza anima. Questa è la ragione per cui esse sono rinnovate.

Intendiamo dire che i seguaci di Buddha e di Confucio ora adorano immagini e statue e ignorano completamente l’unicità di Dio, credendo invece in dei immaginari, come gli antichi greci. Ma questi non erano i loro precetti originari, in realtà i loro precetti e i loro comportamenti originari erano totalmente diversi.

Ancora, considerate quanta parte dei principi della religione cristiana sia stata dimenticata e quante innovazioni dottrinali siano apparse. Per esempio, Cristo proibì la violenza e la vendetta e ordinò di ricambiare l’offesa e il male con la benevolenza e l’amorevolezza. Ma guardate quante guerre sanguinose vi sono state fra le nazioni cristiane e quanta oppressione, quanta crudeltà, quanta rapacità e quante stragi ne siano derivate! Molte di queste guerre furono combattute per ordine dei papi. È quindi abbondantemente chiaro che col passare del tempo le religioni cambiano e si modificano completamente e perciò sono rinnovate.

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SPIEGAZIONE DEI RIMPROVERI RIVOLTI DA DIO AI PROFETI

Domanda. Nelle sacre Scritture vi sono parole di rimprovero rivolte ai Profeti di Dio. A chi sono rivolte e a chi in definitiva si riferiscono?

Risposta. Tutti i discorsi divini che assumono la forma di un rimprovero, sebbene apparentemente siano rivolti ai Profeti di Dio, sono in realtà diretti ai Loro seguaci. La loro saggezza è misericordia assoluta, affinché i popoli non si scoraggino, non si perdano d’animo e non si sentano oppressi da questi rimproveri e biasimi. Queste parole sono apparentemente rivolte ai Profeti, ma non sono realmente rivolti ai Messaggeri, bensì ai loro seguaci.

Inoltre, il potente monarca sovrano di una terra rappresenta tutti coloro che vi abitano, cioè, qualunque cosa dica è la voce di tutti e qualunque patto stringa è un patto per tutti, in quanto i desideri e le aspirazioni di tutti i suoi sudditi sono incorporati nei suoi. Allo stesso modo, ogni Profeta è il rappresentante dell’intero corpo dei Suoi seguaci. Pertanto, il patto che Dio fa con Lui e le parole che rivolge a Lui valgono per tutto il Suo popolo.

Ora, il rimprovero e l’ammonimento di Dio tende a opprimere e affliggere il cuore della gente e perciò la perfetta saggezza di Dio esige questa forma di discorso. Per esempio, dalla Torà appare che gli israeliti si ribellarono a Mosè, dicendo: «Non possiamo combattere gli Amalechiti, perché sono potenti, brutali e coraggiosi». Dio allora rimproverò Mosè e Aronne, sebbene Mosè desse prova di perfetta obbedienza e non di ribellione.123 Sicuramente questo Essere glorioso, Che è il canale della grazia di Dio e il campione della Sua legge, deve obbedire al comando divino.

Queste Anime sante sono come le foglie di un albero, mosse dalla brezza e non per Loro volere, perché Esse sono attratte dalle brezze dell’amore di Dio e hanno dimenticato la Loro volontà. La Loro parola è la parola di Dio, il Loro comandamento è il comandamento di Dio, la Loro proibizione è la proibizione di Dio. Sono come il globo di cristallo la cui luce proviene dalla fiamma della lampada. Sebbene la luce sembri emanare dal cristallo, in realtà essa procede dalla fiamma. Allo stesso modo il moto e il riposo dei Profeti di Dio, Che sono le Sue manifestazioni, non provengono da capricci umani, ma dalla rivelazione. Se così non fosse, come potrebbe il Profeta agire come fedele rappresentante ed eletto inviato di Dio? Come potrebbe promulgare i comandamenti e le proibizioni di Dio? Tutte le mancanze che le sacre Scritture attribuiscono alle Manifestazioni di Dio devono essere comprese in questa luce.

Dio sia lodato, siete venuti qui e avete incontrato i servitori di Dio! Avete mai respirato da loro altro che la fragranza e il compiacimento del Signore? No davvero. Avete visto con i vostri stessi occhi che essi si adoperano giorno e notte per il solo scopo di esaltare la Parola di Dio, di favorire l’educazione delle anime, di riabilitare le sorti dell’umanità, di assicurare il progresso spirituale, di promuovere la pace universale, di mostrare gentilezza e benevolenza verso tutti i popoli e tutte le nazioni, di sacrificarsi per il bene comune, di dimenticare il proprio vantaggio materiale e di promuovere le virtù del mondo dell’umanità.

Ma ritorniamo al nostro tema. Nella Torà, in Isaia XLVIII, 12, è detto: «Ascoltami, o Giacobbe, e tu, o Israele, che sei chiamato da Me. Io son Colui che è; Io sono il primo; Io sono anche l’ultimo». È evidente che qui non si intendeva Giacobbe, che si chiamava Israele, ma gli israeliti. Così in Isaia XLIII, 1, è detto: «Ma ora, così ha detto il Signore, tuo Creatore, o Giacobbe, e tuo Formatore, o Israele: Non temere; perciocché Io ti ho riscattato, Io ti ho chiamato per lo tuo nome; tu sei Mio!».

Inoltre, in Numeri, XX, 23-24, è detto: «E il Signore parlò a Mosè e ad Aaronne, al monte di Hor, presso a’ confini del paese di Edom, dicendo: Aronne sarà raccolto a’ suoi popoli; perciocché egli non entrerà nel paese che Io ho donato ai figliuoli d’Israele; conciossiaché voi siate stati ribelli al Mio comandamento all’acqua di Meriba». E in XX, 13: «Quest’è l’acqua di Meriba, della quale i figliuoli d’Israele contesero col Signore; ed Egli fu santificato fra loro».

Osservate che era stato il popolo d’Israele che si era ribellato, ma il rimprovero è stato apparentemente rivolto a Mosè e Aronne, come è detto in Deuteronomio, III, 26: «Ma il Signore si era gravemente adirato contro a Me, per cagion vostra; e però non Mi esaudì. E il Signore mi disse: BastiTi; non parlarMi più di questa cosa».

Ora questo rimprovero e questo monito erano effettivamente rivolti ai figli d’Israele che, per essersi ribellati ai comandamenti di Dio, furono tenuti a lungo prigionieri nell’arido deserto, al di là del Giordano, fino al tempo di Giosuè. Questo rimprovero e questo monito sembravano rivolti a Mosè e Aronne, ma in realtà erano diretti al popolo d’Israele.

Allo stesso modo nel Corano è detto a Muḥammad: «T’abbiam concesso davvero segnalata vittoria, a che Iddio ti perdoni i peccati tuoi passati e presenti».124 Queste parole, sebbene sembrino rivolte a Muḥammad, erano in realtà intese per tutto il Suo popolo e questo, come si è già detto, procede dalla perfetta saggezza di Dio, affinché i cuori non fossero turbati, confusi e costernati.

Quante volte i Profeti di Dio e le Sue Manifestazioni universali hanno confessato nelle loro preghiere peccati e colpe! Questo serve soltanto a istruire le altre anime, a ispirarle e incoraggiarle a essere umili e sottomesse davanti a Dio e a riconoscere i loro peccati e le loro colpe. Infatti queste Anime sante sono santificate da ogni peccato e immuni da ogni colpa. Per esempio, nel Vangelo è detto che un uomo andò da Cristo e lo chiamò «Maestro buono». Cristo rispose: «Perché Mi chiami buono? Niuno è buono, se non un solo, cioè: Iddio».125 Ora, questo non voleva dire – Dio non lo voglia – che Cristo era un peccatore, ma l’intenzione era d’insegnare l’umiltà, la sottomissione, la mansuetudine e la modestia agli uomini con cui parlava. Queste Anime benedette sono luce e la luce non si mescola con l’oscurità. Esse sono vita eterna e la vita e la morte non si confondono. Esse sono la guida e la guida e l’errore non possono coesistere. Esse sono l’essenza dell’obbedienza e l’obbedienza non può allearsi con la ribellione.

In breve, intendiamo dire che i rimproveri registrati nelle sacre Scritture, pur sembrando rivolti ai Profeti, cioè alle Manifestazioni di Dio, sono in realtà diretti ai popoli. Questo vi apparirà chiaro ed evidente quando avrete diligentemente esaminato la Bibbia.

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SPIEGAZIONE DEL VERSETTO DEL KITÁB-I-AQDAS: “NON V’È COMPAGNO PER L’ORIENTE DEL COMANDO NELLA PERFEZIONE SUPREMA”

È detto nel sacro versetto: «Colui Che è l’Oriente della Causa di Dio non ha compagni nella Più Grande Infallibilità. È Lui la Manifestazione di “Egli fa quel che vuole” nel regno del creato. Dio ha riservato questa distinzione al Proprio Essere e non ha assegnato a nessuno una parte di uno stadio così sublime e trascendente».126

Sappiate che l’infallibilità è di due specie: infallibilità come essenza e infallibilità come attributo. La stessa cosa vale per gli altri nomi e attributi. Per esempio, esistono una conoscenza dell’essenza delle cose e una conoscenza degli attributi. L’infallibilità essenziale è limitata alle Manifestazioni universali di Dio, perché essa è un requisito essenziale della Loro realtà e un requisito essenziale di una cosa è inseparabile dalla cosa stessa. I raggi sono un requisito essenziale del sole e sono inseparabili da esso. La conoscenza è un requisito essenziale di Dio ed è inseparabile da Lui. La forza è un requisito essenziale di Dio ed è anch’essa inseparabile da Lui. Se si potessero separare da Lui, Egli non sarebbe Dio. Se i raggi potessero essere separati dal sole, esso non sarebbe il sole. Perciò se s’immagina di separare la Più Grande Infallibilità dalla Manifestazione universale di Dio, Ella non sarebbe più una Manifestazione universale e le mancherebbe la perfezione essenziale.

Ma l’infallibilità come attributo non è un requisito essenziale. Al contrario, è un raggio del dono dell’infallibilità che brilla dal Sole della Verità su certi cuori e ne concede loro una parte. Sebbene queste anime non siano essenzialmente infallibili, pure esse sono sotto la cura, la protezione e l’infallibile guida di Dio, cioè, Dio le protegge dall’errore. Così molte anime santificate, che non erano Sorgenti della Più Grande Infallibilità, sono state tuttavia custodite e preservate dall’errore sotto l’ombra della cura e della protezione di Dio. Infatti esse erano canali della grazia divina fra Dio e gli uomini e se Dio non le avesse protette dall’errore, esse avrebbero tratto in errore anche tutti i credenti, cosa che avrebbe distrutto le fondamenta della religione di Dio, il che non sarebbe stato degno di Dio.

Riassumendo, l’infallibilità essenziale è limitata alle Manifestazioni universali di Dio e l’infallibilità come attributo è concessa ad alcune anime santificate. Per esempio, la Casa Universale di Giustizia, se sarà istituita secondo le condizioni necessarie, cioè se sarà eletta dall’intera comunità, quella Casa di Giustizia sarà sotto la protezione e l’infallibile guida di Dio. Se essa deciderà, all’unanimità o a maggioranza, su una questione non esplicitamente menzionata nel Libro, le sue decisioni e i suoi ordini saranno protetti da errore. Ora, i membri della Casa di Giustizia non sono, come persone, essenzialmente infallibili, ma il corpo della Casa di Giustizia è sotto la protezione e l’infallibile guida di Dio. Questa si chiama infallibilità conferita.

In breve Bahá’u’lláh dice che «Colui Che è l’Oriente della Causa di Dio» è la manifestazione di queste parole, «Egli fa quel che vuole», che questo stadio è riservato a quell’Essere santificato e che nessun altro partecipa a questa perfezione essenziale. Cioè, poiché è stato stabilito che le Manifestazioni universali di Dio godono dell’infallibilità essenziale, qualunque cosa proceda da Loro è identica alla verità e conforme alla realtà. Esse non sono sotto l’ombra della religione precedente. Qualunque cosa dicano è parola di Dio, qualunque cosa facciano è un’azione giusta e nessun credente ha il diritto di obiettare, anzi deve mostrare assoluta sottomissione, perché la Manifestazione di Dio agisce con perfetta saggezza e la mente umana può essere incapace di cogliere la saggezza nascosta di certi temi. Perciò qualunque cosa la Manifestazione universale di Dio dica o faccia è l’essenza della saggezza ed è in armonia con la realtà.

Ora, chi non comprenda i misteri nascosti di un dato comandamento o di una data azione dell’Unico Vero non deve sollevare obiezioni, perché la Manifestazione universale di Dio «fa quel che vuole». Quante volte è accaduto che un uomo saggio, affermato e sagace ha adottato un comportamento e altri, incapaci di comprenderne la saggezza, hanno sollevato obiezioni e posto domande sul perché egli avesse detto o agito così. Questa obiezione è dovuta all’ignoranza e la saggezza del saggio è pura e santificata dall’errore.

Allo stesso modo, un abile medico, quando cura il paziente, «fa quel che vuole» e il paziente non ha il diritto di obiettare. Qualunque cosa il medico dica o faccia è saggia e giusta e tutti devono considerarlo la personificazione di «Egli fa quel che vuole e comanda qualunque cosa desideri». Il medico prescrive sicuramente rimedi diversi dalle nozioni popolari, ma è ammissibile che coloro che non hanno conoscenze di scienza e di medicina obiettino? No, in nome di Dio! Al contrario, essi devono sottomettersi e seguire qualunque cosa il bravo medico prescriva. Perciò, il bravo medico «fa quel che vuole» e i pazienti non condividono questo stadio. Prima si deve accertare la bravura del medico, ma poi, fatto ciò, «egli fa quel che vuole».

Così, anche un generale che non abbia rivali nell’arte della guerra «fa quel che vuole» in tutto quello che dice o comanda. La stessa cosa vale per il comandante di una nave che sia maestro nell’arte della navigazione e per il vero Educatore Che possieda tutte le perfezioni umane: in tutto quello che dicono e comandano Essi fanno quello che vogliono.

In breve, il significato di «Egli fa quel che vuole» è che, se la Manifestazione di Dio dà un ordine, o emana una legge, o compie un’azione, la cui saggezza i Suoi seguaci non comprendono, essi non devono pensare neppure per un attimo di contestare le Sue parole o le Sue azioni. Tutte le anime sono sotto l’ombra della Manifestazioni universale, devono sottomettersi all’autorità della religione di Dio e non devono deviarne neppure di un capello. Devono invece uniformare ogni loro atto e comportamento alla religione di Dio e, se deviano da essa, saranno rimproverate e ne saranno ritenute responsabili davanti a Dio. È certo che esse non condividono lo stadio di «Egli fa quel che vuole», perché esso è limitato alla Manifestazione universale di Dio.

Cosi Cristo – possa la mia anima essere sacrificata per Lui – fu la personificazione delle parole «Egli fa quel che vuole», ma i discepoli non condivisero questo stadio, perché essi si trovavano sotto la Sua ombra e non era loro concesso di deviare dalla Sua volontà e dal Suo comando.

Origine, Poteri e Condizioni Dell’uomo

46
LE MODIFICAZIONI DELLA SPECIE

Siamo ora giunti al tema della trasformazione delle specie e dello sviluppo evolutivo, cioè, se l’uomo discende dal regno animale.

Questa idea si è rafforzata nella mente di alcuni filosofi europei ed è ora assai difficile farne comprendere la fallacia, ma in futuro sarà chiaro ed evidente e anche i filosofi europei se ne renderanno conto. Infatti, in verità, essa è un evidente errore. Se si esamina la creazione con sguardo penetrante e si colgono le complessità delle cose create e si vedono la condizione, l’ordine e la completezza del mondo dell’esistenza, ci si convince della verità che «nel creato non c’è nulla di più meraviglioso di quello che già esiste».128 Infatti tutte le cose esistenti, tanto sulla terra quanto nei cieli, perfino questo illimitato firmamento e tutto ciò che esso contiene, sono stati adeguatamente creati, organizzati, composti, ordinati e completati e non hanno imperfezioni. Questo è vero a tal punto che se tutti gli esseri diventassero pura intelligenza e riflettessero fino alla fine che non ha fine, essi non potrebbero immaginare qualcosa di meglio di quello che già esiste.

Comunque, se in passato la creazione non avesse avuto questa completezza e questo ornamento, se si fosse trovata in uno stato inferiore, l’esistenza sarebbe necessariamente stata carente e imperfetta e, come tale, incompleta. Questo tema richiede la massima attenzione e riflessione. Per esempio, s’immagini che l’intero mondo contingente, il regno dell’esistenza, assomigli al corpo umano. Se la composizione, l’organizzazione, la completezza, la bellezza e la perfezione che ora esistono nel corpo umano fossero in qualche modo diverse, il risultato sarebbe assoluta imperfezione.

Ora, se s’immagina un’epoca nella quale l’uomo apparteneva al regno animale, cioè, era un semplice animale, l’esistenza sarebbe stata imperfetta. Questo significa che non sarebbe esistito l’uomo e sarebbe mancato questo membro fondamentale, che nel corpo del mondo è come la mente e il cervello in un essere umano e il mondo sarebbe dunque stato del tutto imperfetto. Questa è una prova di per sé sufficiente del fatto che se un tempo l’uomo fosse appartenuto al regno animale, la completezza dell’esistenza sarebbe andata distrutta, perché l’uomo è il principale membro del corpo di questo mondo e un corpo, privato del proprio membro principale, è certamente imperfetto. Consideriamo l’uomo come il principale membro, perché, fra le cose create, egli è il compendio di tutte le perfezioni esistenti.

Ora, quando parliamo di «uomo», intendiamo l’essere umano completo, la principale persona del mondo, che è la somma di tutte le perfezioni spirituali e materiali ed è come il sole fra tutte le cose create. Immaginate allora che un tempo il sole non esistesse come tale, in altre parole fosse semplicemente un altro dei corpi celesti. Certamente in quell’epoca le relazioni fra le cose esistenti sarebbero state scompaginate. Come si può immaginare una cosa simile? Per chi esamini con attenzione il mondo dell’esistenza, questo argomento è sufficiente.

Porgiamo un’altra prova più sottile. Le innumerevoli cose create che si trovano nel mondo dell’esistenza, siano esse uomini, animali, vegetali o minerali, sono tutte composte di elementi. Non c’è dubbio che la completezza che si vede in tutte le cose dipende, per divina creazione, dagli elementi che le compongono, dalla giusta combinazione, dalle giuste proporzioni, dalla modalità della loro composizione e dall’influenza delle altre cose create. Infatti tutti gli esseri sono collegati l’uno all’altro come una catena e il vicendevole aiuto, la mutua assistenza e la reciproca interazione sono fra le loro proprietà intrinseche e sono la causa della loro formazione, del loro sviluppo e della loro crescita. Numerose prove e argomentazioni dimostrano che ogni singola cosa ha un effetto e un’influenza su ogni altra cosa, sia in modo indipendente sia attraverso una catena di cause. Insomma, la completezza di ogni cosa, cioè la completezza che vedete ora nell’uomo, o in altri esseri, per quanto riguarda le loro parti, le loro membra o i loro poteri, dipende dagli elementi che li compongono, dalle quantità e dalle misure, dalla modalità della loro combinazione e dalla reciproche azioni, interazioni e influenze. Quando tutto ciò sia riunito assieme, l’uomo viene all’esistenza.

Poiché la completezza dell’uomo è dovuta interamente agli elementi che lo compongono, alla loro misura, alla modalità della loro combinazione, alle vicendevoli azioni e alle reciproche influenze degli altri esseri e poiché l’uomo è stato creato dieci o centomila anni fa a partire dagli stessi elementi terrestri, nelle medesime misure e quantità, con la medesima modalità di composizione e combinazione e le medesime interazioni con gli altri esseri, ne consegue che l’uomo di allora era esattamente lo stesso che esiste ora. Questa è una verità lampante e non si può dubitarne. E se, fra mille milioni di anni, gli elementi che compongono l’uomo si aggregheranno, composti nelle stesse proporzioni, combinati nella stessa modalità e soggetti alla medesima interazione con altri esseri, verrà all’esistenza esattamente il medesimo uomo. Per esempio, se dopo centomila anni si ritrovassero assieme l’olio, la fiamma, lo stoppino, la lampada e una persona che accendesse la lampada, in breve, se ci saranno tutte le cose necessarie che ci sono ora, si riprodurrebbe esattamente la medesima lampada.

I fatti sono evidenti e le argomentazioni conclusive. Ma quelle addotte dai filosofi europei sono congetturali e inconcludenti.

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L’UNIVERSO NON HA PRINCIPIO LE ORIGINI DELL’UOMO.

Sappiate che una delle verità più astruse della natura divina è che il mondo dell’esistenza, cioè questo universo sconfinato, non ha principio.

Abbiamo già spiegato che i nomi e gli attributi della Divinità richiedono l’esistenza di cose create. Sebbene questo tema sia stato già spiegato dettagliatamente,129 ora ne riparleremo in breve. Sappiate che è impossibile immaginare un signore senza vassalli, che non può esistere un sovrano senza sudditi, che è impossibile nominare un maestro senza scolari, che non può esistere un creatore senza creature, che non si può concepire un provveditore senza alcuno cui egli debba provvedere, perché tutti i nomi e tutti gli attributi divini richiedono l’esistenza di cose create. Se potessimo immaginare un tempo in cui non esisteva nessuna cosa creata, ciò equivarrebbe a negare la Divinità di Dio.

A parte questo, l’inesistenza assoluta non ha la capacità di acquisire l’esistenza. Se l’universo fosse nulla assoluto, l’esistenza non sarebbe possibile. Perciò, poiché quell’Essenza dell’Unità, ossia l’Essere divino, è eterna e senza fine, cioè non ha né principio né fine, ne consegue che anche il mondo dell’esistenza, questo universo sconfinato, non ha principio. Sì, può darsi che una delle parti della creazione, uno dei globi celesti, nasca o si distrugga, ma gli altri innumerevoli pianeti continuerebbero a esistere e il mondo dell’esistenza non ne sarebbe né scompaginato né distrutto. Al contrario, la sua esistenza è perpetua e immutabile. Ora, ogni globo come ha un inizio, così deve necessariamente avere anche una fine, perché ogni composizione, universale o particolare, deve necessariamente decomporsi. Tutt’al più, alcune si decompongono rapidamente e altre lentamente, ma è impossibile che una cosa composta alla fine non si decomponga.

Dobbiamo perciò sapere che cos’era al principio ciascuna delle importanti cose esistenti. Non c’è dubbio che al principio l’origine era una sola. Non possono esserci state due origini. L’origine di tutti i numeri è uno e non due. Anche il numero due ha bisogno di un’origine. È quindi evidente che all’inizio la materia era una sola e che quell’unica materia apparve in forme diverse in ciascun elemento. Così apparvero svariate forme e, quando apparvero, ciascuna di esse assunse una forma indipendente e divenne un elemento specifico. Ma questa distinzione si completò e si realizzò solo dopo moltissimo tempo. Allora gli elementi si composero, si organizzarono e si combinarono in forme infinite. In altre parole, dalla composizione e dalla combinazione di questi elementi apparvero innumerevoli cose.

Grazie alla saggezza di Dio e alla Sua antica potenza, questa composizione e questa sistemazione scaturirono da un unico ordine naturale. Così, dato che questa composizione e questa combinazione si sono prodotte secondo un ordine naturale, con perfetta forza, secondo una consumata saggezza e una legge universale, è chiaro che esse non sono una composizione e un assestamento accidentali, ma una creazione divina. Ecco perché da ogni composizione naturale viene all’esistenza una cosa vivente, ma dalle composizioni casuali non appare nessuna cosa vivente. Per esempio, se un uomo, con tutta la sua astuzia e la sua sagacia, raduna alcuni elementi e li combina, non viene all’esistenza un essere vivente, perché ciò non sarebbe secondo l’ordine naturale. Questa è la risposta alla domanda implicita che potrebbe sorgere che, se questi esseri vengono all’esistenza grazie alla composizione e alla combinazione di questi elementi, allora non potremmo anche noi riunire e combinare gli stessi elementi e creare in questo modo una cosa vivente? L’idea è errata, perché la composizione originaria è una composizione divina e la combinazione è prodotta da Dio secondo l’ordine naturale ed è per questa ragione che da questa composizione si crea un essere vivente e si realizza un’esistenza. Ma una composizione elaborata dall’uomo non produce nulla, perché l’uomo è incapace di creare la vita.

In breve, abbiamo detto che dalla composizione degli elementi, dalla loro combinazione, dal loro modo e dalle loro proporzioni e dalle loro interazioni con altri esseri, sono venuti all’esistenza forme e realtà infinite e innumerevoli esseri. Ma è chiaro che questo globo terrestre non è venuto all’esistenza nella sua forma attuale tutto in una volta. Questa esistenza universale ha gradualmente attraversato differenti stadi, finché non è apparsa nella sua attuale completezza. Le esistenze universali possono essere paragonate a quelle particolari, in quanto entrambe sono sottoposte a un unico ordine naturale, a un’unica legge universale e a un’unica organizzazione divina. Per esempio, troverete che i più piccoli atomi sono simili nella struttura generale alle più grandi entità dell’universo ed è chiaro che essi provengono dallo stesso laboratorio di potenza secondo un unico ordine naturale e un’unica legge universale e perciò essi possono essere paragonati l’uno all’altro.

Per esempio, l’embrione umano cresce e si sviluppa gradualmente nel grembo della madre e assume varie forme e condizioni, finché raggiunge la maturità nella massima bellezza e appare in una forma perfetta con massima grazia. Allo stesso modo, il seme di questo fiore che vedete davanti a voi era, al principio, una piccolissima cosa insignificante. Ma poi è cresciuto e si è sviluppato nel grembo della terra e ha assunto varie forme, finché è apparso in perfetta vitalità e grazia in questo grado. È altrettanto chiaro ed evidente che questo globo terrestre è venuto all’esistenza, è cresciuto e si è sviluppato nella matrice dell’universo e ha assunto varie forme e condizioni, finché a poco a poco ha conseguito l’attuale completezza, si è adornato di innumerevoli esseri ed è apparso in questa forma perfetta.

È quindi evidente che la materia originaria, che è come l’embrione, inizialmente ha preso la forma di elementi composti e combinati e che la composizione gradualmente è cresciuta e si è sviluppata per miriadi di ere e di secoli, passando da una forma all’altra, fino ad apparire, grazie alla suprema saggezza di Dio, in questa completezza, in questo ordine, in questa organizzazione e in questa integrità.

Ritorniamo ora al nostro tema. All’inizio della sua esistenza nel grembo del globo terrestre, l’uomo è cresciuto e si è sviluppato gradualmente come l’embrione nel grembo della madre ed è passato da una forma all’altra, da un aspetto all’altro, fino ad apparire nella bellezza e nella perfezione, con la forza e la costituzione che ha ora. È certo che in principio egli non possedeva bellezza, grazia ed eleganza e che ha conseguito solo per gradi la forma, la disposizione, la bellezza e la grazia che ha ora. Non v’è dubbio che, come l’embrione nel grembo della madre, l’embrione dell’umanità non è apparso immediatamente nella forma attuale e non è diventato subito la personificazione delle parole «Sia benedetto Dio, il migliore dei Creatori».130 Esso ha gradualmente conseguito varie condizioni e assunto varie forme fino a raggiungere l’aspetto e la bellezza, la perfezione, la raffinatezza e la grazia che ha ora. È perciò chiaro ed evidente che la crescita e lo sviluppo dell’uomo su questo pianeta fino alla sua attuale completezza, come la crescita e lo sviluppo dell’embrione nel grembo della madre, sono avvenuti per gradi e passando da condizione a condizione, da forma a forma, da un aspetto all’altro, perché questi sono i requisiti dell’ordine universale e della legge divina.

Vale a dire, l’embrione umano assume differenti condizioni e attraversa numerosi stadi, finché consegue la forma nella quale manifesta la realtà delle parole «Sia benedetto Dio, il migliore dei Creatori!» e mostra tutti i segni dello sviluppo e della maturità. Allo stesso modo, dal principio dell’esistenza dell’uomo sulla terra fino al conseguimento dell’aspetto, della forma e della condizione attuali, deve essere necessariamente trascorso molto tempo e l’uomo deve avere attraversato molti stadi fino a raggiungere la condizione attuale. Ma l’uomo è stato una specie distinta fin dal principio della sua esistenza. È come l’embrione dell’uomo nel grembo della madre. Esso ha inizialmente uno strano aspetto, poi il suo corpo passa di conformazione in conformazione, di forma in forma, fino ad apparire nella massima bellezza e perfezione. Ma anche quando, nel grembo della madre, ha una strana forma, totalmente diversa da quella presente, esso è l’embrione di una specie distinta e non di un animale. L’essenza della specie e la realtà innata non subiscono alcuna trasformazione.

Ora, anche dimostrando l’esistenza di organi ancestrali, questa non confuterebbe l’indipendenza e l’originalità della specie. Tutt’al più dimostrerebbe che la forma, l’apparenza e gli organi dell’uomo si sono evoluti nel corso del tempo. Ma l’uomo è sempre stato una specie distinta, un uomo, non un animale. Considerate, se l’embrione dell’uomo nel grembo della madre passa da una forma a un’altra che non assomiglia in alcun modo a quella precedente, è forse questa una prova che l’essenza della specie ha subito una trasformazione? Che era prima un animale e che i suoi organi si sono sviluppati ed evoluti fino a diventare un uomo? No in nome di Dio! Quanto debole e infondato è questo pensiero! Infatti l’originalità della specie umana e l’indipendenza dell’essenza dell’uomo sono chiare ed evidenti.

48
DIFFERENZA FRA UOMO E ANIMALI

Abbiamo già avuto un paio di conversazioni sul tema dello spirito, ma non sono state trascritte.

Sappiate che la gente del mondo è di due tipi, cioè esistono due gruppi. Un gruppo nega lo spirito umano e dice che l’uomo è una specie di animale. Perché? Perché vediamo che uomini e animali hanno le stesse facoltà e gli stessi sensi. Gli elementi semplici e individuali che occupano lo spazio attorno a noi si compongono in innumerevoli combinazioni, ciascuna delle quali dà origine a un essere diverso. Fra questi esseri vi sono esseri senzienti che hanno certe facoltà e certi sensi. Più completa la combinazione, più nobile l’essere. La combinazione degli elementi nel corpo dell’uomo è più completa di quella di tutti gli altri esseri e i suoi elementi si sono combinati in perfetto equilibrio e quindi esso è più nobile e più perfetto. L’uomo, essi sostengono, non ha particolari facoltà e uno speciale spirito di cui gli altri animali sono privi. Anche gli animali hanno percezioni sensoriali, ma le facoltà dell’uomo sono semplicemente più acute sotto certi aspetti, (sebbene, per quanto riguarda i sensi esteriori, come l’udito, la vista, il gusto, l’olfatto e il tatto nonché alcune facoltà interiori, come la memoria, l’animale sia più riccamente dotato di lui). Anche l’animale, dicono, ha le facoltà dell’intelligenza e della comprensione. Tutto ciò che essi concedono è che l’intelligenza dell’uomo è superiore.

Questo è ciò che asseriscono i filosofi contemporanei. Queste sono le loro parole, le loro affermazioni e questi i dettami della loro immaginazione. E così, dopo vaste ricerche e armati di forti argomentazioni, essi pongono l’uomo nella discendenza degli animali, dicendo che un tempo l’uomo era un animale e che le specie sono cambiate e si sono evolute a poco a poco fino a raggiungere il presente grado umano.

Ma i filosofi divini dicono: no, non è così. Sebbene l’uomo abbia facoltà e sensi esteriori in comune con gli animali, vi è in lui una facoltà straordinaria di cui gli animali sono privi. Tutte le scienze, le arti, le invenzioni, i mestieri e le scoperte delle realtà sono il frutto di questo potere singolare. Esso abbraccia tutte le cose create, ne comprende le realtà, ne rivela i misteri nascosti e li assoggetta al proprio controllo. L’uomo inoltre comprende cose che non hanno esistenza esteriore, cioè realtà intellegibili, impercettibili e invisibili, come la mente, lo spirito, gli attributi e le qualità dell’uomo, l’amore e il dolore, che sono tutte realtà intellegibili. Inoltre, tutte le scienze, le arti e i mestieri che esistono, tutte le grandi imprese e le infinite scoperte dell’uomo erano un tempo segreti invisibili, misteriosi e nascosti e solo quella facoltà umana che tutto abbraccia li ha scoperti e li ha portati dal piano dell’invisibile al regno visibile. Così il telegrafo, la fotografia, il fonografo, tutte queste grandi invenzioni e questi manufatti erano un tempo misteri celati che quella realtà umana ha scoperto e portato dall’invisibile al regno visibile. Un tempo questo pezzo di ferro che vedete, come ogni altro minerale, era un mistero nascosto. La realtà umana ha scoperto questo minerale e ne ha lavorato il metallo producendo questa forma ben rifinita. La stessa cosa vale per tutte le altre scoperte e invenzioni dell’uomo, che sono innumerevoli. È un fatto irrefutabile e non vale la pena negarlo.

Se dicessimo che tutti questi risultati derivano dalle facoltà della natura animale e dei sensi fisici, allora vediamo molto chiaramente che, per quanto riguarda queste facoltà, gli animali sono superiori all’uomo. Per esempio, la vista degli animali è molto più acuta di quella dell’uomo e così anche le facoltà dell’olfatto e del gusto. In breve, quanto alle facoltà comuni agli uomini e agli animali, spesso gli animali sono in vantaggio. Prendiamo la facoltà della memoria. Se si porta un piccione da qui in un paese lontano e poi lo si lascia libero, esso ricorda la strada e ritorna a casa. Portate un cane da qui al centro dell’Asia, lasciatelo libero ed esso ritorna a casa senza perdere la strada. Altrettanto vale per le altre facoltà, come l’udito, la vista, l’olfatto, il gusto e il tatto. È chiaro, dunque, che, se non vi fosse nell’uomo una facoltà diversa dalle facoltà animali, gli animali sarebbero superiori all’uomo in fatto di scoperte significative e di comprensione delle realtà. Da questo argomento consegue che l’uomo dispone di un dono, di una perfezione che non è presente nell’animale.

Inoltre, l’animale percepisce le cose sensibili, ma non le realtà concettuali. L’animale, per esempio, vede ciò che si trova nell’ambito della sua visione, ma non può comprendere o concepire quello che si trova al di là. Perciò un animale non può comprendere che la terra ha una forma sferica. Ma l’uomo può dedurre l’ignoto dal noto e scoprire realtà nascoste. L’uomo, per esempio, osservando l’inclinazione dei cieli deduce la curvatura della terra. Per esempio, ad ‘Akká la stella polare si trova a 33 gradi, cioè è inclinata di 33 gradi sull’orizzonte. Procedendo verso il polo nord, la stella polare sale sull’orizzonte di un grado per ogni grado di distanza percorso. Vale a dire, l’inclinazione della stella polare passa a 34 gradi, poi a 40, a 50, a 60 e a 70. Raggiunto il polo nord, la stella polare è a 90 gradi e si vede allo zenit, ossia è diritta sul nostro capo.

Ora, la stella polare e la sua ascensione sono realtà sensibili, cioè il fatto che quanto più ci si avvicina al Polo, tanto più la stella polare sale. E da queste due realtà conosciute si scopre una realtà sconosciuta, cioè che i cieli sono inclinati, ossia che il cielo sull’orizzonte di ciascuna latitudine è diverso da quello di tutte le altre. L’uomo comprende questa relazione e ne arguisce una cosa precedentemente sconosciuta, cioè la curvatura della terra. Ma questa comprensione è impossibile all’animale. L’animale non può nemmeno comprendere che il sole è il centro e che la terra gli ruota attorno. L’animale è prigioniero dei sensi e limitato da essi. Esso non può comprendere nulla di ciò che trascende la portata o il controllo dei sensi, sebbene, quanto alle facoltà e ai sensi esteriori, sia superiore all’uomo. Si dimostra così chiaramente che l’uomo è dotato di una facoltà di scoperta, che lo distingue dagli animali e questa facoltà è appunto lo spirito umano.

Sia lode a Dio! L’uomo aspira sempre a vette più alte e mete più elevate. Egli cerca sempre di raggiungere un mondo che sorpassi quello in cui vive e di salire a un grado più alto di quello in cui si trova. Questo amore della trascendenza è una delle caratteristiche dell’uomo. E mi meraviglio che certi filosofi in Europa e in America abbiano accettato di abbassarsi al livello degli animali e in questo modo di regredire, mentre tutta l’esistenza deve sempre tendere verso l’elevazione. Eppure se si dicesse a uno di loro che è un animale, se ne sentirebbe molto ferito e offeso.

Quale differenza fra il mondo dell’uomo e il mondo dell’animale, fra l’elevazione dell’uomo e l’abbassamento dell’animale, fra le perfezioni dell’uomo e l’ignoranza dell’animale, fra la luce dell’uomo e la tenebra del-l’animale, fra la gloria dell’uomo e l’abiezione del-l’animale! Un bambino arabo di dieci anni può domare due o trecento cammelli nel deserto e guidarli con la voce. Un fragile indiano è in grado di domare un enorme elefante a tal punto da costringerlo a muoversi per obbedirlo. Tutte le cose sono soggiogate dalla mano dell’uomo, che può resistere alla natura,

Tutti gli altri esseri sono prigionieri della natura e non possono sottrarsi alle sue pretese. Soltanto l’uomo può resistere alla natura. La natura attrae tutti i corpi verso il centro della terra, ma l’uomo, con mezzi meccanici, se ne allontana e si libra nell’aria. La natura impedisce all’uomo di attraversare i mari, ma l’uomo costruisce le navi e attraversa il cuore del grande oceano, e cosi via, il tema non ha fine. Per esempio, l’uomo attraversa in automobile montagne e pianure e raccoglie in un luogo le notizie degli eventi occorsi in Oriente e in Occidente. Ecco come l’uomo resiste alla natura. Il mare, con tutta la sua immensità, non può deviare di una virgola dalle leggi della natura. Il sole, con tutta la sua grandezza, non può allontanarsi neppure di una punta d’ago dal dominio della natura e non potrà mai comprendere gli stati, le condizioni, le proprietà, i movimenti e la natura dell’uomo. Quale potere esiste dunque in questa piccola forma dell’uomo che abbraccia tutto questo? Che cos’è questo soggiogante potere che soggioga tutte le cose?

Resta ancora un punto. I filosofi moderni dicono: «Non abbiamo mai visto lo spirito dell’uomo e, per quanto abbiamo cercato negli intimi recessi del corpo umano, non siamo riusciti a scoprire una facoltà spirituale. Come è possibile immaginare una facoltà che non è sensibile?». I filosofi divini rispondono: «Neppure lo spirito dell’animale è sensibile e può essere percepito attraverso le nostre facoltà materiali. Come ne deduciamo l’esistenza? È indubbio che si dimostra che negli animali esiste una facoltà che non si trova nelle piante, cioè la facoltà dei sensi, la vista, l’udito e altre facoltà, dagli effetti. Da questi effetti si deduce che esiste uno spirito animale. Allo stesso modo, dai segni e dagli argomenti che abbiamo menzionato prima deduciamo che esiste uno spirito umano. Quindi, poiché negli animali vi sono segni che non si riscontrano nelle piante, si dice che la facoltà dei sensi è una delle caratteristiche dello spirito animale. Anche nell’uomo si vedono segni, facoltà e perfezioni che non esistono negli animali. Perciò si arguisce che nell’uomo esiste una facoltà di cui l’animale è privo».

Se volessimo negare tutto ciò che non cade sotto i sensi, saremmo costretti a negare realtà che indubbiamente esistono. Per esempio, l’etere non è sensibile, ma la sua esistenza può essere dimostrata. La forza di gravità non è sensibile, ma anche la sua esistenza è innegabile. Che cosa ci permette di affermarne l’esistenza? I loro segni. Per esempio, questa luce è costituita dalle vibrazioni dell’etere e da queste vibrazioni ne deduciamo l’esistenza.

49
LA CRESCITA DEGLI ESSERI E LO SVILUPPO DELLA SPECIE UMANA

Domanda. Che ne dite delle teorie sull’evoluzione degli esseri sostenute da alcuni filosofi europei?

Risposta. Ne abbiamo parlato l’altro giorno, ma ne parleremo ancora. In breve, il problema consiste nello stabilire se le specie siano originarie o no, cioè, se l’essenza della specie umana sia stata tale fin dalle origini o se sia successivamente derivata dagli animali.

Alcuni filosofi europei sostengono che le specie evolvono e che possono anche cambiare e trasformarsi in altre specie. Una delle prove che essi adducono per sostenere questa affermazione è che con attenti studi e ricerche geologiche è diventato chiaro ed evidente che l’esistenza dei vegetali ha preceduto quella degli animali e che l’esistenza degli animali ha preceduto quella dell’uomo. Essi sostengono inoltre che i regni vegetali e animali hanno subito una trasformazione, perché in alcuni strati della terra sono state scoperte piante che esistevano nel passato e che ora sono scomparse, il che significa che esse si sono evolute, sono diventate più resistenti e hanno mutato forma e aspetto e così le specie sono cambiate. Ugualmente, negli strati della terra vi sono specie animali che si sono modificate e trasformate. Uno di questi animali è il serpente, che ha membra rudimentali, cioè segni che indicano che un tempo il serpente aveva i piedi, i quali col passare del tempo sono scomparsi e hanno lasciato solo un residuo. Similmente, nella colonna vertebrale dell’uomo vi è un segno che indica che, in altri tempi, l’uomo, come altri animali, aveva una coda, della quale, essi affermano, resta ancora una traccia. Un tempo quel membro serviva, ma quando l’uomo si sviluppò, esso perse la propria utilità e perciò, poco per volta, scomparve. Analogamente, quando i serpenti arrivarono a vivere sotto terra e divennero animali striscianti, non ebbero più bisogno dei piedi, che quindi scomparvero, lasciando una traccia. Il loro argomento principale è che queste membra rudimentali sono prova dell’esistenza di antiche membra che sono gradualmente scomparse per disuso e non sono più utili e non hanno perciò ragione di esistere. Perciò le membra adatte e necessarie sono rimaste, mentre quelle inutili sono a poco a poco scomparse con la trasformazione delle specie, ma hanno lasciato una traccia.

La prima risposta a questa argomentazione è che l’antecedenza dell’animale non è una prova del fatto che l’essenza della specie umana sia cambiata o si sia trasformata o che l’uomo provenga dal mondo animale. Infatti, se si riconosce che questi vari esseri sono apparsi nel corso del tempo, è possibile che l’uomo sia venuto semplicemente all’esistenza dopo gli animali. Così osserviamo che nel regno vegetale i frutti di alberi diversi non appaiono tutti in una volta. Al contrario, alcuni appaiono prima e altri dopo. Questa priorità non dimostra che il frutto tardivo di un albero si sia prodotto dal frutto precoce di un altro albero.

In secondo luogo, queste deboli tracce e queste membra rudimentali potrebbero avere un’importante saggezza primaria che la mente umana non è ancora riuscita a comprendere. Quante cose esistono in questo mondo delle quali non abbiamo ancora afferrato la saggezza! Così la fisiologia, ossia la scienza dei rapporti fra gli organi del corpo, dice che la saggezza e la causa primaria delle differenze dei colori degli animali e dei capelli dell’uomo, o del colore rosato delle labbra, o della varietà dei colori degli uccelli sono ancora sconosciute e rimangono un segreto celato e nascosto. Ma si è scoperto che la pupilla dell’occhio è nera per assorbire i raggi del sole, perché se fosse di un altro colore, diciamo, uniformemente bianca, essa non assorbirebbe questi raggi. Ora, come la saggezza primaria delle cose che abbiamo menzionate è sconosciuta, così è possibile immaginare che anche la ragione e la saggezza di queste membra rudimentali, tanto nell’animale quanto nell’uomo, siano sconosciute. Una saggezza primaria esiste sicuramente, anche se è sconosciuta.

In terzo luogo, anche se supponessimo che un tempo certi animali, o anche l’uomo, possedessero membra oggi scomparse, ciò non sarebbe una prova sufficiente della trasformazione delle specie. Infatti, dal concepimento dell’embrione fino al raggiungimento della maturità, l’uomo assume forme e aspetti differenti. L’aspetto, la forma, i tratti e il colore cambiano, cioè egli passa da una forma all’altra, da un aspetto all’altro. Nondimeno, egli appartiene alla specie umana sin dalla formazione dell’embrione, cioè è un embrione di uomo e non di animale. Ma all’inizio questo fatto non è evidente, lo diventa solo in seguito.

Per esempio, supponiamo che un tempo l’uomo assomigliasse a un animale e che ora egli si sia evoluto e trasformato. Accettare questa affermazione non è una prova della trasformazione delle specie, ma, come si è già detto, potrebbe essere paragonato ai cambiamenti e alle trasformazioni che l’embrione umano subisce prima di conseguire lo sviluppo e la maturità completi. Per essere più espliciti, supponiamo che, in altri tempi, l’uomo camminasse a quattro zampe o avesse la coda. Questi cambiamenti e queste trasformazioni sono simili a quelli del feto nel grembo della madre. Malgrado si sviluppi e si evolva in ogni possibile modo prima di conseguire lo sviluppo completo, l’embrione appartiene a una specie distinta fin dall’inizio. La stessa cosa vale per il regno vegetale, nel quale vediamo che il carattere originario e distintivo delle specie non cambia, ma la forma, il colore e la massa mutano, si trasformano ed evolvono.

Riassumendo, come nel grembo della madre l’uomo progredisce, si evolve e si trasforma da una forma all’altra, da una foggia all’altra, pur rimanendo sin dal principio un embrione umano, così anche l’uomo è rimasto un’essenza distinta, cioè la specie umana, sin dall’inizio della sua formazione nella matrice del mondo ed è passato gradualmente da una forma all’altra. Ne consegue che il cambiamento dell’aspetto, l’evoluzione degli organi e la crescita e lo sviluppo non precludono l’originalità della specie. Ora, pur ammettendo la realtà dell’evoluzione e del progresso, nondimeno, sin dal momento della sua comparsa l’uomo ha avuto una composizione perfetta e ha avuto la capacità e il potenziale di acquisire perfezioni materiali e spirituali e di diventare la personificazione del versetto «Faremo l’uomo a Nostra immagine e somiglianza».131 Al massimo, è diventato più gradevole, più raffinato e più aggraziato e, grazie alla civiltà, è emerso dallo stato selvaggio, come i frutti selvatici, coltivati da un giardiniere, diventano più belli e più dolci e acquistano maggiore delicatezza e vitalità.

I giardinieri del mondo dell’umanità sono i Profeti di Dio.

50
PROVE SPIRITUALI SULL’ORIGINE DELL’UOMO

Le argomentazioni da noi finora addotte sull’originalità della specie umana sono prove razionali. Forniremo ora argomentazioni spirituali, che sono quelle fondamentali. Infatti abbiamo dimostrato l’esistenza di Dio con argomentazioni razionali e abbiamo ugualmente dimostrato con argomentazioni razionali che l’uomo è stato uomo sin dalle origini e che l’essenza della sua specie esiste dall’eternità. Ora presenteremo prove spirituali del fatto che l’esistenza umana, vale a dire la specie umana, è un’esistenza necessaria e che senza l’uomo le perfezioni della Divinità non risplenderebbero. Ma queste argomentazioni sono spirituali e non razionali.

Abbiamo dimostrato a più riprese mediante prove e argomentazioni che l’uomo è il più nobile di tutti gli esseri e il compendio di tutte le perfezioni. In verità tutte le cose esistenti sono sede della rivelazione degli splendori divini, vale a dire, i segni della Divinità di Dio sono palesi nelle realtà di tutte le cose. Come la terra è il luogo in cui si riflettono i raggi del sole – per dire che la luce, il calore e l’influenza del sole sono chiari e manifesti in tutti gli atomi della terra – così ciascuno degli atomi dell’universo in questo spazio infinito proclama una delle perfezioni di Dio. Nulla è privo di questo beneficio. Ogni cosa è segno della misericordia di Dio, oppure del Suo potere, o della Sua grandezza, o della Sua giustizia, o della Sua alma provvidenza, o della Sua generosità, o della Sua vista, o del Suo udito, o del Suo sapere, o della Sua grazia, e così via.

Intendiamo dire che ogni cosa esistente è necessariamente sede della rivelazione degli splendori divini, cioè le perfezioni di Dio vi si manifestano e vi si rivelano. È come il sole che risplende sul deserto, sul mare, sugli alberi, sui frutti e sui fiori, su tutte le cose della terra. Ora, il mondo dell’esistenza, anzi, ogni cosa creata, proclama solo uno dei nomi di Dio, ma la realtà dell’uomo è una realtà universale onnicomprensiva, la sede della rivelazione di tutte le perfezioni divine. Cioè, di ciascuno dei nomi, degli attributi e delle perfezioni che ascriviamo a Dio esiste un segno nell’uomo. Se così non fosse, l’uomo non potrebbe immaginare e comprendere queste perfezioni. Per esempio, diciamo che Dio è onniveggente. L’occhio è il segno della Sua vista. Se nell’uomo non ci fosse questa facoltà, come potremmo immaginare la vista di Dio? Infatti chi è nato cieco non può immaginare che cosa significhi vedere e chi è sordo dalla nascita non può immaginare che cosa significhi sentire e chi non ha vita non può immaginare che cosa significhi vivere.

Di conseguenza, la Divinità di Dio, che è la somma di tutte le perfezioni, si rivela nella realtà dell’uomo, cioè, l’Essenza divina è il compendio di tutte le perfezioni e da questo stadio getta un raggio dei suoi splendori sulla realtà umana. Perciò l’uomo è uno specchio perfetto che si trova davanti al Sole della Verità ed è la sede del suo riflesso. Lo splendore di tutte le perfezioni divine appare nella realtà dell’uomo e per questa ragione egli è il vicario e l’apostolo di Dio. Se l’uomo non esistesse, l’universo non avrebbe un risultato, perché lo scopo dell’esistenza è la rivelazione delle perfezioni di Dio. Non si può dunque dire che un tempo l’uomo non esisteva. Tutto ciò che si può dire è che un tempo la terra non esisteva e che, all’inizio, l’uomo non era presente in essa.

Ma dal principio che non ha principio fino alla fine è sempre esistita una Perfetta Manifestazione. L’Uomo di Cui parliamo non è un uomo qualunque, ciò che intendiamo è l’Uomo Perfetto. Infatti, la parte più nobile dell’albero e la ragione della sua esistenza è il frutto. Un albero senza frutti non servirebbe a nulla. Dunque non si può immaginare che il mondo dell’esistenza, sia nei regni superni sia quaggiù, sia stato un giorno, popolato da mucche e asini, da gatti e topi e che fosse privo della presenza dell’uomo. Che supposizione falsa e insensata!

La parola di Dio è chiara come il sole. Questa è un’argomentazione spirituale, ma all’inizio non la si può presentare ai materialisti. Prima bisogna presentare le prove razionali e solo in seguito quelle spirituali.

51
LO SPIRITO E LA MENTE DELL’UOMO ESISTEVANO SIN DAL PRINCIPIO

Domanda. La mente e lo spirito sono apparse nella specie umana sin dall’inizio della sua crescita e del suo sviluppo sulla terra, oppure è stato un processo graduale? Nel secondo caso ciò è accaduto in un breve lasso di tempo oppure dopo un lungo periodo?

Risposta. L’inizio della formazione dell’uomo sul globo terrestre è come la formazione dell’embrione umano nel grembo della madre. L’embrione cresce e si sviluppa gradualmente fino alla nascita, dopo di che continua a crescere e a svilupparsi fino a raggiungere lo stadio della maturità. Sebbene siano presenti nell’uomo già nel-l’infanzia, i segni della mente e dello spirito non appaiono in uno stato di perfezione e rimangono incompleti. Ma quando l’uomo raggiunge la maturità, la mente e lo spirito si manifestano nella massima perfezione.

Analogamente, all’inizio della sua formazione nella matrice del mondo, l’uomo era come un embrione. Poi, gradualmente, egli progredì, crebbe e si sviluppò fino a raggiungere lo stato della maturità, quando la mente e lo spirito si manifestarono nella massima perfezione. Sin dall’inizio della sua formazione, la mente e lo spirito esistevano, ma erano nascosti e apparvero solo in seguito. Anche nel mondo della matrice, nell’embrione esistono la mente e lo spirito, ma sono nascosti e appaiono solo in seguito. È come il seme: l’albero esiste nel seme, ma è celato e nascosto. Quando il seme cresce e si sviluppa, appare l’albero completo. Allo stesso modo, la crescita e lo sviluppo di tutti gli esseri procedono per gradi. Questa è la legge universale decretata da Dio ed è l’ordine naturale. Il seme non diventa improvvisamente albero, l’em-brione non diventa tutto a un tratto uomo, il minerale non diventa in un attimo pietra. No, essi crescono e si sviluppano gradualmente fino a raggiungere il limite della perfezione.

Tutti gli esseri, universali o particolari, sono stati creati perfetti e completi fin dall’inizio. Tutt’al più si può dire che le loro perfezioni sono apparse solo gradualmente. La legge di Dio è una, l’evoluzione dell’esistenza è una, l’ordine divino è uno. Grandi o piccoli, tutti gli esseri sono soggetti a un’unica legge e a un unico ordine. Ogni seme racchiude in sé tutte le perfezioni della pianta sin dal principio. Per esempio, tutte le perfezioni vegetali esistevano in questo seme fin dall’inizio, ma erano invisibili e sono apparse solo gradualmente. Così dal seme appare prima il germoglio, poi spuntano i rami, le foglie, i boccioli e infine il frutto. Ma tutto ciò esisteva nel seme sin dall’inizio della sua formazione potenzialmente, anche se non visibilmente. Allo stesso modo, l’embrione ha fin dal principio tutte le perfezioni, come lo spirito, la mente, la vista, l’olfatto, il tatto – in una parola, tutte le facoltà – ma esse sono invisibili e appaiono soltanto per gradi.

Allo stesso modo, il globo terrestre è stato creato con tutti i suoi elementi, le sue sostanze, i suoi minerali, le sue parti e i suoi componenti fin dall’inizio, ma essi sono apparsi solo per gradi: prima i minerali, poi le piante, poi gli animali e alla fine l’uomo. Ma questi generi e queste specie erano latenti nel reame terreno sin dall’inizio e sono apparsi in seguito gradualmente. Infatti la suprema legge di Dio e l’ordine naturale universale pervadono tutte le cose e le assoggettano al proprio governo. Se considerate questo ordine universale, vedrete che non c’è una sola cosa che raggiunga il limite della perfezione immediatamente, nel momento in cui viene all’esistenza. Tutte le cose crescono e si sviluppano gradualmente fino a raggiungere quello stadio.

52
L’APPARIRE DELLO SPIRITO NEL CORPO

Domanda. Qual è la saggezza dell’apparizione dello spirito nel corpo?

Risposta. La saggezza dell’apparizione dello spirito nel corpo è questa: lo spirito umano è un pegno divino che deve attraversare tutti i gradi, perché il passaggio e il movimento attraverso i gradi dell’esistenza sono i mezzi per cui esso acquista perfezioni. Così, per esempio, quando una persona viaggia, metodicamente e sistematicamente, attraverso diverse regioni e vari paesi, questo è certamente un modo per acquisire perfezioni, perché quella persona vede di prima mano vari siti, scenari e regioni, apprende gli affari e le circostanze di altre nazioni, viene a conoscenza della geografia di altre terre, delle rispettive arti e meraviglie, prende dimestichezza con i costumi, i comportamenti e il carattere dei loro abitanti, vede la civiltà e i progressi dell’epoca e conosce i sistemi di governo, le capacità e la recettività dei vari paesi. Analogamente, quando lo spirito umano attraversa i gradi dell’esistenza e consegue i diversi gradi e stadi, anche quello del corpo, può certamente acquisire perfezioni.

Inoltre, è necessario che i segni delle perfezioni dello spirito appaiano in questo mondo, sì che il regno della creazione produca infiniti frutti e il corpo del mondo contingente riceva vita e manifesti i doni divini. Così, per esempio, i raggi del sole devono risplendere sulla terra e il suo calore deve alimentare tutte le cose terrene. Se i raggi e il calore del sole non raggiungessero la terra, essa rimarrebbe vuota e desolata e il suo sviluppo si arresterebbe. Allo stesso modo, se le perfezioni dello spirito non vi apparissero, questo mondo diverrebbe oscuro e assolutamente selvaggio. Ma quando lo spirito appare nel corpo materiale, questo mondo si illumina. Come lo spirito dell’uomo è la causa della vita del corpo, così il mondo intero è come un corpo e l’uomo lo spirito. Se non esistesse l’uomo, se le perfezioni dello spirito non si manifestassero e la luce della mente non risplenderebbe nel mondo, esso sarebbe come un corpo senza spirito.

Per altri versi, il mondo è come un albero e l’uomo è come il frutto. Senza frutto, l’albero non servirebbe a nulla.

Inoltre, le membra, le parti costituenti e la composizione che si trovano nell’uomo attraggono lo spirito come un magnete. È inevitabile che lo spirito vi appaia. Così quando uno specchio è terso, è inevitabile che esso attragga i raggi del sole, che s’illumini e che rispecchi immagini meravigliose. In altri termini, quando sono raggruppati e combinati secondo l’ordine naturale e nella massima perfezione, questi elementi fisici diventano un magnete per lo spirito e lo spirito vi appare con tutte le sue perfezioni.

Ciò detto, nessuno chiede: «Che bisogno c’è che i raggi del sole cadano sullo specchio?». Infatti il rapporto che lega fra loro le realtà di tutte le cose, siano esse spirituali o materiali, richiede che quando lo specchio è terso e posto davanti al sole, esso ne mostri i raggi. Allo stesso modo, quando gli elementi si compongono e si combinano secondo l’ordine, l’organizzazione e il modo più nobili, lo spirito umano vi appare e vi si manifesta. Questo è il decreto del Gloriosissimo, dell’Onnisciente.

53
RELAZIONE FRA DIO E LE CREATURE

Domanda. Qual è la natura del rapporto fra Dio e il creato, fra l’Assoluto e l’Inaccessibile e tutti gli altri esseri?

Risposta. Il rapporto fra Dio e il creato è quello fra il creatore e la creatura, fra il sole e i corpi oscuri dell’universo e fra l’artigiano e i suoi manufatti. Il sole, nella sua essenza, è santificato al di sopra dei corpi che ne ricevono l’illuminazione e anche la sua luce è libera e indipendente dalla terra. Così, sebbene la terra sia alimentata dal sole e ne riceva la luce, il sole e i suoi raggi ne sono del tutto indipendenti. Ma, se non esistesse il sole, la terra e la vita terrena non potrebbero sussistere.

La provenienza del creato da Dio è una provenienza per emanazione. In altri termini, il creato emana da Dio, non Lo manifesta. Il loro rapporto è di emanazione e non di manifestazione. La luce del sole emana dal sole, ma non lo manifesta. L’apparizione per emanazione132 è come l’apparizione dei raggi dal sole. La santificata essenza del Sole della Verità non si divide e non discende nella condizione del creato. Allo stesso modo, il sole non si divide e non discende sulla terra, ma i suoi raggi, che sono l’effusione della sua grazia, emanano da esso e illuminano i corpi oscuri.

Invece, l’apparizione per manifestazione è come la manifestazione dei rami, delle foglie, dei boccioli e dei frutti a partire dal seme, perché il seme diventa rami e frutti e la sua realtà discende in essi. Questa apparizione per manifestazione sarebbe pura imperfezione, il che è assolutamente impossibile per l’Altissimo, in quanto implicherebbe che la preesistenza incondizionata assumesse gli attributi del creato, che la pura indipendenza divenisse miserevole povertà e che l’essenza dell’esistenza divenisse pura inesistenza, il che è assolutamente impossibile.

Ne consegue che tutte le cose sono emanate da Dio, che tutte le cose sono state realizzate per mezzo di Dio e che il mondo contingente è giunto all’esistenza grazie a Lui. La prima cosa che emana da Dio è quella realtà universale che gli antichi filosofi chiamavano «Intelletto Primo» e che la gente di Bahá chiama «Primo Volere». Per quanto riguarda la sua azione nel mondo di Dio, questa emanazione non è limitata dal tempo o dallo spazio e non ha né inizio né fine, inizio e fine essendo, in rapporto a Dio, una sola cosa. La preesistenza di Dio è preesistenza essenziale e anche temporale, mentre l’origine del mondo contingente non è temporale, ma essenziale, come abbiamo già spiegato un giorno a tavola.133

Sebbene l’«Intelletto Primo» non abbia avuto inizio, ciò non significa che esso condivida la preesistenza di Dio, perché l’esistenza di quella Realtà universale è pura nullità in rapporto all’esistenza di Dio, non si può nemmeno dire che essa esista, tanto meno che partecipi alla preesistenza di Dio. Il tema è già stato spiegato in una precedente occasione.

Quanto alle cose create, la loro esistenza consiste nella composizione e la loro morte nella decomposizione. Ma la materia e gli elementi universali non possono essere completamente distrutti e annientati. No, il loro annientamento è una semplice trasformazione. Per esempio, quando un uomo muore, il suo corpo diventa polvere, ma non diventa assoluta inesistenza. Mantiene l’esistenza minerale, ma si è avuta una trasformazione e la sua composizione ha subito una decomposizione. Altrettanto dicasi dell’annientamento di tutti gli altri esseri, perché l’esi-stenza non diventa assoluta inesistenza e l’assoluta inesistenza non acquisisce l’esistenza.

54
LO SPIRITO UMANO PROCEDE DA DIO

Domanda. In quale maniera lo spirito umano procede da Dio, poiché nella Torà è detto che Dio alitò lo spirito nel corpo dell’uomo?134

Risposta. Sappiate che la provenienza è di due tipi: provenienza e apparizione per emanazione e provenienza e apparizione per manifestazione. Il processo di emanazione è come la provenienza del manufatto dall’autore. Per esempio, lo scritto proviene dallo scrittore. Ora come lo scritto emana dallo scrittore e il discorso dall’oratore, così lo spirito umano emana da Dio. Ma non Lo manifesta, cioè, nessuna parte si separa dalla Realtà divina per entrare nel corpo dell’uomo. No, lo spirito emana, come il discorso emana dall’oratore e si manifesta nel corpo dell’uomo.

Quanto alla provenienza per manifestazione, essa è la manifestazione della realtà di una cosa sotto altre forme, come la provenienza di quest’albero o di questo fiore dal seme, poiché è il seme che si manifesta in forma di rami, foglie e fiori. Questo si definisce provenienza per manifestazione.

Gli spiriti umani provengono da Dio per emanazione, esattamente come il discorso proviene dall’oratore e lo scritto dallo scrittore, cioè, l’oratore non diventa discorso come lo scrittore non diventa scrittura. Il rapporto è un rapporto di provenienza per emanazione. Infatti l’oratore resta nel suo stato assoluto di capacità e di potere, mentre il discorso emana da lui, come l’azione emana dall’autore. Il vero Oratore, l’Essenza divina, rimane sempre nella stessa condizione e non subisce cambiamenti o modifiche, trasformazioni o vicissitudini. Essa non ha né inizio né fine. E quindi la provenienza degli spiriti umani da Dio è una provenienza per emanazione. Quando nella Torà si dice che Dio ha alitato il Suo spirito nell’uomo, questo spirito è come un discorso che è emanato dal vero Oratore e che si è realizzato nella realtà dell’uomo.

Ora, se dicessimo che la provenienza per manifestazione è una «apparizione» invece che una «suddivisione in parti», abbiamo già dichiarato che questo è il modo della provenienza e dell’apparizione dello Spirito Santo e della Parola che vengono da Dio. Come si afferma nel Vangelo di Giovanni: «Nel principio la Parola era, e la Parola era presso Dio».135 ne consegue che lo Spirito Santo e la Parola sono l’apparizione di Dio e consistono nelle perfezioni divine che rifulsero nella realtà di Cristo. E queste perfezioni erano presso Dio, come il sole che manifesta tutta la sua gloria in uno specchio. Per «Parola» non si intende infatti il corpo di Cristo, ma le perfezioni divine manifeste in Lui. Perciò Cristo era come uno specchio immacolato rivolto verso il Sole della Verità e le perfezioni di quel Sole, cioè la sua luce e il suo calore, erano chiaramente visibili in quello specchio. Se guardiamo lo specchio, vediamo il sole e diciamo che è il sole. Perciò la Parola e lo Spirito Santo, che consistono nelle perfezioni di Dio, sono l’apparizione divina. Questo è il significato del versetto del Vangelo che dice: «la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio»,136 in quanto le perfezioni divine non si distinguono dall’Essenza divina. Le perfezioni di Cristo sono chiamate Parola, perché tutte le cose create sono come singole lettere e le singole lettere non trasmettono un significato completo, mentre le perfezioni di Cristo sono come una parola intera, in quanto da una parola si può arguire un significato completo. La realtà di Cristo, essendo la manifestazione delle perfezioni divine, era come una parola. Perché? Perché essa contiene un significato completo. Ecco perché fu chiamata Parola.

E sappiate che la provenienza della Parola e dello Spirito Santo da Dio, che è una processione e un’apparizione manifestativa, non deve essere interpretata nel senso che la realtà della Divinità si sia suddivisa o moltiplicata, o che sia discesa dalle sue vette di purezza e santità. Dio non voglia! Se uno specchio limpido e immacolato fosse posto davanti al sole, la luce e il calore, la forma e l’immagine del sole vi apparirebbero con tale apparizione manifestativa, che se un osservatore dicesse, «Questo è il sole», direbbe il vero. E tuttavia lo specchio è lo specchio e il sole è il sole. Il sole è sempre uno e rimane uno anche se appare in numerosi specchi. Non c’è posto qui per inerenza, egresso, commistione, o discesa, perché egresso, regresso, inerenza, discesa e commistione non sono caratteristiche e requisiti degli spiriti, ma dei corpi, tanto meno della santa e santificata Realtà della Divinità. Dio è glorificato al di sopra di qualunque cosa non si accordi con la Sua santità ed eccelso nelle vette della Sua sublimità.

Come abbiamo detto, il Sole della Verità è sempre rimasto nella stessa condizione e non subisce cambiamenti o alterazioni, trasformazioni o vicissitudini. Non ha né inizio né fine. Ma la santificata Realtà della Parola di Dio è come uno specchio limpido, immacolato e scintillante, nel quale si riflettono il calore e la luce, la forma e l’immagine del Sole della Verità, cioè tutte le sue perfezioni. Ecco perché Cristo dice nel Vangelo: «Il Padre è nel Figlio»,137 per dire che il Sole della Verità risplende luminoso in questo specchio. Glorificato sia Colui Che ha effuso il Suo splendore su questa Realtà, che è santificata al di sopra di tutte le cose create!

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ANIMA, SPIRITO E MENTE

Domanda. Qual è la differenza fra la mente, lo spirito e l’anima?

Risposta. È stato già spiegato che lo spirito, in generale, è suddiviso in cinque categorie: lo spirito vegetale, lo spirito animale, lo spirito umano, lo spirito della fede e lo Spirito Santo.138

Lo spirito vegetale è la capacità della crescita che si realizza nel seme grazie all’influenza di altre cose create.

Lo spirito animale è quella facoltà sensoriale onnicomprensiva, che si realizza grazie alla composizione e alla combinazione degli elementi. Quando questa composizione si disintegra, anche quello spirito perisce e diviene inesistente. Esso può essere paragonato a questa lampada. Quando l’olio, lo stoppino e la fiamma si avvicinano e si congiungono, la lampada si accende. Quando questa combinazione si disintegra, cioè quando le parti costituenti si separano l’una dell’altra, anche la lampada si spegne.

Lo spirito umano, che distingue l’uomo dall’animale, è l’anima razionale e questi due termini – spirito umano e anima razionale – indicano la stessa cosa. Questo spirito, che nella terminologia dei filosofi è chiamato anima razionale, abbraccia tutte le cose e, nei limiti delle capacità umane, scopre le loro realtà e perviene a conoscere le proprietà e le condizioni delle cose terrene. Ma se non è assistito dallo spirito della fede, lo spirito umano non può arrivare a conoscere i misteri divini e le realtà celestiali. È come uno specchio che, sebbene limpido, brillante e levigato, ha bisogno di luce. Finché un raggio di sole non cada su di esso, esso non può scoprire i misteri divini.

Quanto alla mente, essa è il potere dello spirito umano. Lo spirito è come la lampada e la mente come la luce che ne risplende. Lo spirito è come l’albero e la mente come il frutto. La mente è la perfezione dello spirito e un suo attributo necessario, come i raggi del sole sono un requisito essenziale del sole.

Questa spiegazione è breve, ma completa. Perciò riflettete e, se Dio vorrà, potrete scoprirne i dettagli.

56
I SENSI FISICI E LE FACOLTÀ INTELLETTUALI

Nell’uomo esistono cinque facoltà esterne materiali, che sono gli strumenti della percezione, cioè cinque facoltà grazie alle quali l’uomo percepisce le cose materiali. Esse sono la vista, che percepisce le forme sensibili, l’udito, che percepisce i suoni udibili, l’olfatto, che percepisce gli odori, il gusto, che percepisce le cose commestibili, e il tatto che, diffuso in tutto il corpo, percepisce le realtà tangibili. Queste cinque facoltà percepiscono gli oggetti esterni.

L’uomo ha anche alcune facoltà spirituali: la facoltà dell’immaginazione, che forma un’immagine mentale delle cose, il pensiero, che riflette sulle realtà delle cose, la comprensione, che comprende queste realtà, e la memoria, che preserva tutto ciò che l’uomo immagina, pensa e comprende. L’intermediario fra le cinque facoltà esterne e quelle interne è una facoltà comune, un senso che fa da mediatore fra loro e trasmette alle facoltà interne tutto ciò che le facoltà esterne percepiscono. Si chiama facoltà comune, perché è condivisa dalle facoltà esterne e quelle interne.

Per esempio, la vista, che è una delle facoltà esterne, vede e percepisce questo fiore e ne trasmette la percezione alla facoltà interna della facoltà comune, la quale la trasmette alla facoltà dell’immaginazione, che a sua volta concepisce e forma un’immagine e la trasmette alla facoltà del pensiero. La facoltà del pensiero riflette su di essa e, dopo aver afferrato la realtà, la trasmette alla facoltà della comprensione. La facoltà della comprensione, dopo averla capita, consegna l’immagine dell’oggetto sensibile alla memoria e la memoria la preserva nel proprio deposito.

Le facoltà esterne sono cinque: la facoltà della vista, dell’udito, del gusto, dell’olfatto e del tatto. Anche le facoltà interne sono cinque: la facoltà comune e le facoltà dell’immaginazione, del pensiero, della comprensione e della memoria.

57
CAUSE DELLA DIVERSITÀ NEI CARATTERI DEGLI UOMINI

Domanda. Quanti tipi di caratteri esistono nell’uomo e quali sono le cause delle differenze e delle diversità fra loro?

Risposta. Vi sono il carattere innato, il carattere ereditario e il carattere acquisito, che si forma con l’edu-cazione.

Quanto al carattere innato, sebbene la natura innata donata da Dio all’uomo sia essenzialmente buona, pure il carattere innato differisce fra gli uomini in base al grado che essi occupano. Tutti i gradi sono buoni, ma alcuni lo sono più di altri. Ogni essere umano ha intelligenza e capacità, ma l’intelligenza, la capacità e l’attitudine differiscono da persona a persona. Il che è evidente.

Per esempio, considerate i bambini di un luogo e di una famiglia, che frequentino la stessa scuola e che abbiano lo stesso insegnante, che siano nutriti con lo stesso cibo e che vivano nello stesso clima, che indossino gli stessi abiti e seguano le stesse lezioni. È certo che fra questi bambini alcuni diverranno bravi nelle arti e nelle scienze, altri saranno nella media, altri ancora saranno ottusi. È pertanto chiaro che nella natura innata dell’uomo esistono differenze di grado, di attitudine e di capacità, ma non si tratta di essere migliori o peggiori, si tratta semplicemente di differenze di grado. Uno occupa il grado più elevato, l’altro il grado medio, l’altro ancora quello più basso. Allo stesso modo, esistono l’uomo, gli animali, le piante e i minerali, ma l’esistenza di questi quattro tipi di esseri è differente. Quale differenza fra l’esistenza dell’uomo e quella dell’animale! Eppure entrambi esistono ed è evidente che nell’esistenza vi sono differenze di grado.

Quanto alle differenze del carattere ereditario, esse dipendono dalla forza o dalla debolezza della costituzione, cioè, se i genitori sono di costituzione debole, lo sono anche i figli e se i genitori sono forti, anche i loro figli sono robusti. Inoltre, l’eccellenza del lignaggio ha una grande influenza, perché il seme buono è come il ceppo superiore che esiste anche fra le piante e gli animali. Per esempio, vedete che i figli nati da una madre e da un padre deboli e malaticci hanno per natura una costituzione e nervi deboli, non hanno pazienza, né resistenza, né risolutezza, né perseveranza e sono impulsivi, perché hanno ereditato la debolezza e la fragilità dei genitori.

A parte questo, una benedizione speciale è stata conferita ad alcune famiglie e ad alcuni lignaggi. Così i discendenti di Abramo hanno ricevuto la speciale benedizione per cui tutti i Profeti della Casa d’Israele provengono dalle loro file. È una benedizione che Dio ha concesso a quella progenie: Mosè da parte di padre e di madre, Cristo, da parte di madre, Muḥammad, il Báb e tutti i Profeti e i Santi di Israele appartengono a quella progenie. Anche Bahá’u’lláh è un diretto discendente di Abramo, perché oltre a Ismaele e Isacco Abramo ebbe altri figli, che in quei tempi emigrarono nelle regioni della Persia e dell’Afghanistan e la Bellezza Benedetta è uno dei loro discendenti.

Quindi è evidente che esiste anche un carattere ereditario, a tal punto che, se il carattere di una persona non è conforme a quello dei suoi avi, spiritualmente non è considerata parte di quella progenie anche se fisicamente ne è un discendente. È il caso di Canaan, che non è considerato fra i discendenti di Noè.139

Quanto alle differenze del carattere che dipendono dall’educazione, esse sono molto grandi, perché l’educazione ha un’enorme influenza. Grazie all’educa-zione l’ignorante diventa colto, il vigliacco diventa coraggioso, il ramo storto si raddrizza, il frutto aspro e amaro delle montagne e dei boschi diventa dolce e succulento e il fiore a cinque petali ne sviluppa cento. Grazie all’educazione le nazioni barbare si civilizzano e perfino gli animali assumono comportamenti simili a quelli degli uomini. All’educazione si deve dare la massima importanza, perché come le malattie sono estremamente contagiose nel mondo dei corpi, così anche il carattere è contagioso nel regno del cuore e dello spirito. Le differenze dovute all’educazione sono enormi e hanno una grandissima influenza.

Ora, qualcuno potrebbe dire che, poiché le capacità e le attitudini delle anime differiscono, queste differenze di capacità causano inevitabilmente differenze di carattere.140 Ma non è così, perché la capacità è di due specie, innata e acquisita. La capacità innata, che è creazione di Dio, è assolutamente buona – nella natura innata non esiste nulla di male. Ma la capacità acquisita può diventare causa di qualcosa di male. Per esempio, Dio ha creato tutti gli uomini in modo tale e ha donato loro capacità e disposizione tali, che essi traggono beneficio dallo zucchero e dal miele e sono danneggiati o uccisi dal veleno. Questa è una capacità e una disposizione innata che Dio ha donato ugualmente a tutti gli uomini. Ma l’uomo può incominciare a poco a poco ad assumere un veleno ingerendone piccole quantità tutti i giorni e aumentando gradualmente le dosi, fino ad arrivare al punto che se non assume diversi grammi di oppio tutti i giorni muore e le sue capacità innate sono completamente pervertite. Osservate come la capacità e la disposizione naturali possano essere completamente modificate da cambiamenti di abitudini e di apprendimento, a tal punto da essere completamente pervertite. Non si rimproverano i viziosi per la capacità e la disposizione innate, ma per quelle che essi hanno acquisito.

Nella natura innata delle cose non c’è nulla di male, c’è solo il bene. Questo vale anche per certi attributi e disposizioni innate che sembrano riprovevoli in alcune persone e che in realtà non lo sono. Per esempio, nei lattanti si possono osservare segni di avidità, di collera e di irascibilità sin dall’inizio della loro vita. Si potrebbe quindi dedurne che il bene e il male siano innati nella realtà dell’uomo, il che è contrario alla pura bontà della natura innata e della creazione. La risposta è che l’avidità, che consiste nel chiedere di più, mostrata nelle giuste circostanze, è una qualità lodevole. Infatti, se una persona è avida di acquisire scienza e conoscenza o nell’esercizio della compassione, della magnanimità e della giustizia, ciò è lodevole. Se orienta la sua collera e la sua ira contro un tiranno sanguinario come una belva, anche questo è molto lodevole. Ma se usa queste qualità in altre circostanze, la cosa è riprovevole.

Ne consegue dunque che, nell’esistenza e nella creazione, il male non esiste affatto, ma che quando siano usate in modo illecito le qualità innate dell’uomo diventano riprovevoli. Così, se una persona ricca e generosa dona a un povero una somma di denaro da spendere per le sue necessità e se quel povero spende quella somma in modo improprio, ciò è riprovevole. Altrettanto dicasi di tutte le qualità innate dell’uomo che costituiscono il capitale della vita umana. Se sono espresse e usate in modo improprio, diventano condannabili. Perciò è chiaro che la natura innata è soltanto buona.

Considerate che la peggiore qualità e il più odioso attributo, sorgente d’ogni male, è la menzogna e che non si può immaginare qualità peggiore e più reprensibile di questa. Essa distrugge tutte le perfezioni umane ed è causa di innumerevoli vizi. Non c’è attributo peggiore di questo, che è l’origine di ogni male. Eppure, malgrado tutto, se un medico conforta un ammalato dicendogli, «Grazie a Dio, state meglio e ci sono speranze di guarigione», anche se queste parole non corrispondono alla verità, pure talvolta esse possono confortare la mente del paziente e diventare uno strumento per curare la malattia. E questo non è riprovevole.

Con ciò il tema è stato ora chiarito bene.

58
IL GRADO DI CONOSCENZA IN POSSESSO DELL’UOMO E LE DIVINE MANIFESTAZIONI

Domanda. Qual è la misura della comprensione umana e quali sono i suoi limiti?

Risposta. Sappiate che la comprensione varia. Il suo infimo grado è quello dei sensi del regno animale, cioè, le sensazioni naturali che nascono dalle facoltà dei sensi esterni. Questa comprensione è comune agli uomini e agli animali. Anzi alcuni animali, sotto questo aspetto, superano l’uomo. Nel regno umano, la comprensione differisce e cambia a seconda dei diversi gradi dell’uomo.

Il principale grado della comprensione nel mondo della natura è la comprensione dell’anima razionale. Di questa facoltà e di questa comprensione tutti gli uomini, negligenti o consapevoli, traviati o fedeli, sono compartecipi. Nella creazione di Dio, l’anima razionale abbraccia tutte le altre cose create ed è superiore ad esse. È per la sua nobiltà e la sua distinzione che abbraccia tutte le cose. Grazie al potere dell’anima razionale, l’uomo può scoprire le realtà delle cose, capire le loro proprietà e penetrare i misteri dell’esistenza. Tutte le scienze, i rami del sapere, le arti, le invenzioni, le istituzioni, le imprese e le scoperte provengono dalla comprensione dell’anima razionale. Un tempo esse erano segreti impenetrabili, misteri nascosti e realtà sconosciute. L’anima razionale le ha gradualmente scoperte e le ha portate dal piano invisibile al regno visibile. Essa è la massima facoltà di comprensione nel mondo della natura. L’estremo limite del suo volo è comprendere le realtà, i segni e le proprietà delle cose contingenti.

Ma l’Intelletto Universale divino, che trascende la natura, è l’effusione della grazia del Potere preesistente. Esso abbraccia tutte le realtà esistenti e riceve una parte delle luci e dei misteri di Dio. Non è una facoltà di indagine e di percezione, ma una facoltà onnisciente. La facoltà spirituale associata al mondo della natura è una facoltà di indagine che scopre le realtà e le proprietà delle cose mediante le sue ricerche. Ma la facoltà intellettuale celestiale, che trascende la natura, abbraccia, conosce e comprende tutte le cose, è consapevole dei misteri, delle verità e dei significati interiori divini e scopre le verità nascoste del Regno. Questa facoltà intellettuale divina è limitata alle sante Manifestazioni e alle Albe dello stato profetico. Un raggio di questa luce cade sullo specchio del cuore dei giusti, sì che anche loro possano ricevere un frammento e il beneficio di questo potere attraverso le sante Manifestazioni.

Le sante Manifestazioni hanno tre stadi: lo stadio corporeo, lo stadio dell’anima razionale e lo stadio della perfetta manifestazione divina e dello splendore celeste. Il loro corpo percepisce le cose solo nella misura della capacità nel mondo materiale e perciò talvolta Esse hanno espresso debolezza fisica. Per esempio: «Stavo dormendo ed ero inconscio. Le brezze di Dio spirarono su me, mi risvegliarono e mi comandarono di proclamare la Parola».141 Oppure quando Cristo, a trent’anni, è stato battezzato e lo Spirito Santo è disceso su di Lui e, prima di quel momento, non si era manifestato in Lui. Tutte queste cose si riferiscono alla condizione corporea delle Manifestazioni, ma il loro stadio celeste abbraccia tutte le cose, è consapevole di tutti i misteri, è informato di tutti i segni e regna supremo su tutte le cose. E ciò è altrettanto vero tanto prima quanto dopo l’intimazione della Loro missione. Ecco perché Cristo ha detto: «Io son l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo»,142 cioè in Me non c’è mai stato né ci sarà mai cambiamento o modificazione.

59
LA CONOSCENZA DI DIO NELL’UOMO

Domanda. Fino a che punto la percezione umana può comprendere Dio?

Risposta. Questo tema richiede molto tempo, perciò sarà difficile spiegarlo a tavola. Tuttavia ne daremo una breve spiegazione.

Sappiate che esistono due specie di conoscenza: la conoscenza dell’essenza delle cose e la conoscenza dei loro attributi. L’essenza di una cosa si conosce solo attraverso i suoi attributi, ma l’essenza è sconosciuta e insondabile.

Poiché la nostra conoscenza delle cose, anche di quelle create e limitate, è una conoscenza degli attributi e non dell’essenza, com’è possibile comprendere l’illimitata Realtà della Divinità nella sua essenza? E infatti l’intima essenza delle cose non è conoscibile, lo sono solo gli attributi. Per esempio, l’intima realtà del sole è sconosciuta, ma è comprensibile attraverso i suoi attributi, cioè il calore e la luce. L’intima essenza dell’uomo è sconosciuta e insondabile, ma è conosciuta e definita attraverso i suoi attributi. Così le cose non sono conosciute nell’essenza, ma negli attributi. Sebbene la mente umana abbracci tutte le cose e tutte le cose esteriori ne siano abbracciate, pure queste cose sono sconosciute nell’essenza e possono essere conosciute solo nei loro attributi. Allora, com’è possibile conoscere nell’Essenza il Signore eterno, che è santificato al di là di ogni comprensione e immaginazione? Vale a dire, se le cose create possono essere conosciute solo attraverso gli attributi e non nell’essenza, anche la realtà della Divinità deve essere sconosciuta nell’essenza e nota solo negli attribuiti.

Inoltre, com’è possibile che una realtà che ha un’origine abbracci la Realtà che è esistita da tutta l’eternità? Infatti comprendere significa abbracciare – è necessario che ci sia un abbraccio perché ci possa essere una comprensione – e invece l’Essenza divina abbraccia tutto, ma non può essere abbracciata.

Anche le differenze di grado nel mondo del creato sono un ostacolo alla conoscenza. Per esempio, questo minerale appartiene al regno minerale. Per quanto lontano arrivi, non potrà mai comprendere la capacità della crescita. Le piante e gli alberi, per quanto progrediscano, non potranno mai immaginare la facoltà della vista o degli altri sensi. E un animale non potrà mai immaginare il grado dell’uomo, cioè, le facoltà spirituali. Le differenze di condizione sono dunque un ostacolo alla conoscenza. Il grado inferiore non può comprendere quello superiore. Come potrà dunque una realtà che ha un’origine comprendere la Realtà che esiste sin dall’eternità?

Conoscere Dio significa quindi comprendere e conoscere i Suoi attributi, ma non la Sua Realtà. Inoltre, anche la conoscenza dei Suoi attributi arriva solo fin dove i poteri e le capacità dell’uomo lo consentono e rimane del tutto inadeguata. La filosofia consiste nel comprendere la realtà delle cose come sono, nei limiti dei poteri dell’uomo. La realtà che ha un’origine non può fare altro che comprendere gli attributi preesistenti soltanto entro i limiti intrinseci delle capacità umane. Il regno invisibile della Divinità è santificato ed esaltato al di sopra della comprensione di tutti gli esseri e tutto ciò che può essere immaginato è mera comprensione umana. Il potere della comprensione umana non abbraccia la realtà dell’Essenza divina. Tutto ciò che l’uomo può sperare di conseguire è la comprensione degli attributi della Divinità, la cui luce appare e risplende nel mondo e nelle anime umane.

Quando esaminiamo il mondo e le anime umane, i perspicui segni delle perfezioni della Divinità vi appaiono chiari ed evidenti, perché le realtà di tutte le cose attestano l’esistenza di una Realtà universale. La Realtà della Divinità è come il sole, che dalle vette della sua santità brilla su tutte le terre e del cui fulgore ogni terra e ogni anima riceve una parte. Se non fosse per questa luce e per questo fulgore, non esisterebbe nulla. Ora, tutte le cose create parlano di questa luce, hanno una parte dei suoi raggi e ne ricevono una porzione, ma l’intero splendore delle perfezioni, dei doni e degli attributi della Divinità risplendono dalla realtà dell’Uomo Perfetto, cioè, quell’incomparabile Persona che è la Manifestazione universale di Dio. Gli altri esseri ne hanno ricevuto solamente una porzione, ma la Manifestazione universale di Dio è lo specchio che si trova davanti a questo Sole, che vi si manifesta con tutte le sue perfezioni, i suoi attributi, i suoi segni e i suoi effetti.

La conoscenza della realtà della Divinità è assolutamente impossibile, ma conoscere le Manifestazioni di Dio significa conoscere Dio, perché i doni, gli splendori e gli attributi di Dio sono manifesti in Loro. Perciò, chi perviene alla conoscenza delle Manifestazioni di Dio perviene anche alla conoscenza di Dio e chi non si cura di Loro resta privo della conoscenza di Dio. È quindi chiaramente dimostrato che le sante Manifestazioni sono il centro focale dei doni, dei segni e delle perfezioni celesti. Benedetti coloro che ricevono la luce dei doni divini da quelle Albe luminose.

Speriamo che gli amati di Dio attraggano questi doni dalla sorgente come una forza magnetica e che sorgano con tale luce ed esercitino una tale influenza da diventare segni perspicui del Sole della Verità.

60
L’IMMORTALITÀ DELLO SPIRITO (I)

Avendo dimostrato l’esistenza dello spirito umano,143 dobbiamo ora dimostrarne l’immortalità.

Nei Libri sacri è menzionata l’immortalità dello spirito che è la base fondamentale delle religioni divine. Infatti si dice che le ricompense e le punizioni siano di due specie, cioè, primo, ricompense e punizioni esistenziali, secondo, ricompense e punizioni finali. Il paradiso e l’inferno esistenziali si trovano in tutti i mondi di Dio, tanto in questo mondo quanto nei regni celestiali dello spirito. Ottenere queste ricompense significa conseguire la vita eterna. Ecco perché Cristo disse: «Agite in modo tale da conquistare la vita eterna, e da nascere d’acqua e di spirito, sicché entriate nel Regno».144

Le ricompense esistenziali sono le virtù e le perfezioni che adornano la realtà dell’uomo. Per esempio, un uomo era immerso nell’oscurità e diventa luminoso, era ignorante e diventa saggio, era negligente e diventa consapevole, era addormentato e si risveglia, era morto e ritorna in vita, era cieco e incomincia a vedere, era terreno e diventa celestiale, era materiale e diventa spirituale. Grazie a queste ricompense egli rinasce nello spirito, è ricreato e diventa la manifestazione di quel versetto del Vangelo che dice che gli apostoli erano nati «non di sangue, né di volontà di carne, né di volontà d’uomo, ma da Dio».145 Ciò significa che essi sono stati liberati dalle caratteristiche animali e dalle qualità tipiche della natura umana e hanno assunto attributi divini, che sono l’effusione della grazia di Dio. Questo è il vero significato della rinascita. Per anime simili non v’è tortura maggiore dell’essere separati da Dio e non v’è punizione più dura delle qualità egoistiche, degli attributi malvagi, della bassezza d’animo e dell’asservimento ai desideri carnali. Quando sono liberate dalle tenebre di questi vizi grazie alla luce della fede, quando sono illuminate dai raggi del Sole della Verità e dotate di tutte le virtù umane, queste anime considerano tutto questo come il premio più grande e il vero paradiso. Allo stesso modo, esse ritengono che la punizione spirituale, cioè la tortura e la punizione esistenziali, consista nell’essere assoggettati al mondo della natura e separati da Dio, nel trovarsi nell’ignoranza e nell’incoscienza, nell’essere preda dei desideri della carne, succubi di vizi animali e caratterizzati da attributi maligni, come la falsità, la tirannia e l’iniquità, nell’attaccamento alle cose del mondo, o nell’essere immersi in fantasie sataniche. Per loro tutte queste sono le massime torture e punizioni.

Le ricompense finali, che consistono nella vita eterna, sono state esplicitamente menzionate in tutte le Scritture divine. Esse sono le perfezioni divine, il dono eterno e la felicità perpetua. Le ricompense finali sono i doni e le perfezioni che l’uomo consegue nei regni spirituali dopo la sua ascensione da questo mondo, mentre le ricompense esistenziali sono le vere perfezioni luminose che si conseguono mentre ci si trova ancora in questo mondo e che sono la causa della vita eterna. Infatti le ricompense esistenziali sono il progresso dell’esistenza e sono analoghe al passaggio dell’uomo dallo stadio dell’embrione a quello della maturità quando diventa la personificazione del versetto: «Benedetto sia Iddio il migliore dei Creatori».146 Le ricompense finali consistono nei doni e nelle largizioni spirituali, come i molteplici doni di Dio che sono concessi dopo l’ascensione dell’anima, il conseguimento del desiderio del cuore e il ricongiungimento con Dio nell’eterno reame. Allo stesso modo, le retribuzioni e le punizioni finali consistono nell’essere privati dei doni speciali e delle incessanti largizioni di Dio e nel cadere negli infimi gradi dell’esistenza. E chi è privato di questi favori, sebbene dopo la morte continui a esistere, è annoverato fra i morti dal popolo della verità.

Una prova razionale dell’immortalità dello spirito è questa, che da una cosa inesistente non può provenire alcun risultato, cioè, è impossibile che da un’assoluta inesistenza appaia un risultato. Infatti i risultati di una cosa sono secondari alla sua esistenza e ciò che è secondario è condizionato dall’esistenza di ciò che è primario. Così, da un sole inesistente non potrebbe rifulgere alcun raggio, da un mare inesistente non potrebbe sollevarsi alcuna onda, da una nuvola inesistente non potrebbe cadere pioggia, da un albero inesistente non potrebbe nascere alcun frutto, da un uomo inesistente non potrebbe manifestarsi o prodursi nulla. Perciò, finché sono visibili i risultati di un’esi-stenza, quei risultati dimostrano che l’autore di quei risultati esiste veramente.

Considerate che oggi la sovranità di Cristo esiste ancora. Come potrebbe manifestarsi una sovranità così grande da un sovrano inesistente? Da un mare inesistente, come potrebbero sollevarsi onde così alte? Come potrebbero spirare brezze così profumate da un giardino inesistente? Riflettete sul fatto che non appena le parti costituenti di una cosa, minerale, pianta o animale, si disperdono e gli elementi che la compongono si dissolvono, ne svaniscono anche ogni effetto, ogni influenza e ogni traccia. Ma ciò non accade nel caso dello spirito e della realtà dell’uomo, che continua a manifestare i suoi segni, a esercitare la sua influenza e a produrre i suoi effetti dopo la dissociazione e la decomposizione delle varie parti e delle diverse membra del corpo.

È una questione molto sottile. Consideratela attentamente. Questa che vi diamo è una prova razionale, sì che le menti razionali possano soppesarla sulla bilancia della ragione e della giustizia. Ma se lo spirito umano gioisce ed è attratto verso il Regno, se l’occhio interiore si apre, se l’orecchio spirituale si rafforza e se i sentimenti spirituali prevalgono, l’immortalità dello spirito diviene chiaramente visibile come il sole e novelle e intimazioni celesti lo pervadono.

Domani forniremo altre prove.

61
L’IMMORTALITÀ DELLO SPIRITO (II)

Discutevamo ieri l’immortalità dello spirito. Sappiate che l’influenza e la percezione dello spirito umano sono di due specie, cioè, lo spirito agisce e percepisce in due modi diversi. Un modo è mediante strumenti e organi. Perciò lo spirito vede con gli occhi, ode con le orecchie, parla con la bocca. Queste sono azioni dello spirito e operazioni della realtà umana, ma avvengono mediante organi corporei. Perciò, è lo spirito che vede, ma lo fa con gli occhi, è lo spirito che sente, ma lo fa con le orecchie, è lo spirito che parla, ma lo fa con la bocca.

L’altro modo dell’influenza e dell’azione dello spirito avviene senza strumenti e organi corporei. Per esempio, nel sonno lo spirito vede senza occhi, sente senza orecchie, parla senza bocca, corre senza piedi. In breve, queste facoltà sono espletate senza la mediazione di strumenti e organi. Quante volte accade che lo spirito faccia un sogno nel regno del sonno e che il suo significato si materializzi due anni dopo! Allo stesso modo, quante volte accade che nel mondo dei sogni lo spirito risolva un problema che non aveva potuto risolvere nello stato di veglia. Nello stato di veglia, l’occhio vede solo a breve distanza, ma nel regno dei sogni chi si trova a oriente può vedere l’occidente. Da svegli si vede il presente, ma nel sonno si vede il futuro. Nello stato di veglia, con i mezzi di trasporto più rapidi, si può viaggiare alla velocità massima di 70 miglia all’ora. Nel sonno si attraversano in un batter d’occhio l’oriente e l’occidente. Infatti lo spirito viaggia in due modi diversi: senza mezzi, e cioè spiritualmente, e con i mezzi, e cioè materialmente, come gli uccelli che volano o come i passeggeri di un veicolo.

Nel sonno, il corpo fisico è come morto, non vede, non sente, non ha sensazioni, non ha né consapevolezza né percezione, le sue facoltà sono inattive. Ma lo spirito non solo vive ed esiste, esercita una maggiore influenza, vola più in alto e ha una comprensione maggiore. Sostenere che lo spirito perisca dopo la morte del corpo significa immaginare che un uccello in gabbia muoia se la gabbia si rompe, sebbene l’uccello non abbia nulla da temere dalla distruzione della gabbia. Il nostro corpo è come la gabbia e lo spirito come l’uccello. Vediamo che, senza il vincolo della gabbia, quest’uccello vola liberamente nel mondo del sonno. Perciò, se la gabbia si rompe, l’uccello non solo continua ad esistere, ma i suoi sentimenti sono ancora più forti, le sue percezioni sono più acute e la sua gioia è più intensa. In verità, esso lascia un luogo di tormento per entrare in un paradiso di delizie, perché per l’uccello riconoscente non c’è paradiso più grande della libertà dalla gabbia. Ecco perché i martiri corrono verso il luogo del sacrificio con massima gioia e letizia.

Nello stato di veglia, l’occhio umano vede, al massimo, a un’ora di distanza, perché attraverso lo strumento del corpo l’influenza dello spirito arriva solo fino a quel limite. Ma, con l’occhio della mente lo spirito vede l’America, comprende quella terra, è informato delle sue condizioni e si organizza di conseguenza. Se dunque lo spirito fosse identico al corpo, il potere della sua visione non dovrebbe estendersi oltre. È quindi evidente che lo spirito è diverso dal corpo, che l’uccello è diverso dalla gabbia e che il potere e l’influenza dello spirito sono maggiori senza la mediazione del corpo. Ora, se lo strumento si ferma, chi lo possiede continua ad esistere. Per esempio, se la penna è deposta o si rompe, lo scrittore resta vivo e vegeto, se la casa è distrutta, il padrone continua a vivere. Questa è una delle argomentazioni razionali dell’immortalità dell’anima.

Un’altra prova è questa. Il corpo dell’uomo può indebolirsi o irrobustirsi, essere ammalato o sano, stanco o riposato, perdere una mano o una gamba, perdere l’energia materiale, diventare cieco, sordo, muto o paralitico. In breve, il corpo può essere gravemente compromesso. Ma ciò nonostante lo spirito mantiene il suo stato originale e le sue percezioni spirituali, senza subire menomazioni o interruzioni. E invece il corpo, quando è afflitto da grandi malanni o calamità, è privato della grazia dello spirito, come uno specchio che è rotto o coperto di polvere e che non può più riflettere la luce del sole o mostrarne i doni.

Abbiamo già spiegato che lo spirito dell’uomo non si trova dentro il corpo, perché esso è libero e santificato da egresso e regresso, che sono fra le proprietà dei corpi materiali. Il rapporto tra lo spirito e il corpo è come quello tra il sole e lo specchio. In breve, lo spirito umano si trova sempre nella stessa condizione. Non si ammala a causa delle malattie del corpo. Non è sano perché il corpo è sano. Non s’indebolisce e non si debilita, non diventa infelice o abbattuto, non è sminuito o ridotto, cioè, non subisce danni o ripercussioni negative a causa delle infermità del corpo, neppure se il corpo deperisce, se gli amputano le mani, i piedi o la lingua, o se perde le facoltà dell’udito o della vista. È quindi evidente e assodato che lo spirito è diverso dal corpo e che la sua immortalità è indipendente da quella del corpo. Al contrario, lo spirito governa sovrano il mondo del corpo e la sua forza e la sua influenza sono evidenti e visibili, come il dono del sole in uno specchio. Ma, quando s’impolvera o si rompe, lo specchio è privato dei raggi del sole.

62
LE PERFEZIONI SONO SENZA LIMITI

Sappiate che i gradi dell’esistenza sono limitati – i gradi della servitù, dello stato profetico e della Divinità – mentre le perfezioni di Dio e del creato sono infinite. Se esaminate il tema con attenzione, scoprirete che le perfezioni dell’esistenza sono infinite anche esteriormente, poiché non potrete trovare una cosa creata tale da non poterne immaginare una ancora più perfetta. Per esempio, non potrete trovare un rubino nel regno minerale, una rosa nel regno vegetale o un usignolo nel regno animale, tali da non poterne immaginare un esemplare migliore.

Poiché la grazia di Dio è illimitata, lo sono anche le perfezioni dell’uomo. Se fosse possibile che la realtà di una cosa raggiungesse il limite della perfezione, allora quella cosa arriverebbe a essere indipendente da Dio e la realtà contingente conseguirebbe lo stadio della realtà necessaria. Ma ad ogni cosa creata è stato assegnato un grado che non può assolutamente sorpassare. Cioè colui che si trova nel grado della servitù, per quanto possa progredire e conseguire illimitate perfezioni, non potrà mai raggiungere il grado della Signoria divina. Altrettanto dicasi per tutte le altre cose create. Un minerale, per quanto progredisca, non potrà mai acquisire il potere della crescita nel regno minerale. Questo fiore, per quanto possa progredire, non potrà mai manifestare la facoltà dei sensi mentre si trova nel regno vegetale. Così, questo pezzo di minerale d’argento non potrà mai acquisire l’udito o la vista, tutt’al più potrà progredire nel proprio grado e diventare un minerale perfetto, ma non potrà acquistare la facoltà della crescita, o quella dei sensi, e diventare un essere vivente. Potrà progredire solamente nel proprio grado.

Per esempio, Pietro non può diventare Cristo. Tutt’al più può conseguire infinite perfezioni nei gradi della servitù, perché ogni realtà esistente è capace di progredire. Poiché dopo aver deposto questa struttura composta di elementi, lo spirito dell’uomo vive per sempre, esso ha certamente la capacità di progredire come tutte le cose esistenti. Pertanto si può pregare che l’anima di un defunto progredisca, sia perdonata o fatta oggetto di favori, doni e grazie divini. Ecco perché, nelle preghiere di Bahá’u’lláh, si implorano il perdono e la clemenza di Dio per coloro che sono ascesi all’altro mondo. Inoltre, le persone hanno bisogno di Dio nell’altro mondo, come lo hanno in questo. Le creature hanno sempre bisogno, sia in questo sia nell’altro mondo, e Dio è sempre assolutamente indipendente da loro.

La ricchezza dell’altro mondo è la vicinanza a Dio. Di conseguenza, è certo che a coloro che è dato essere vicini alla soglia divina è concesso di intercedere e che questa intercessione è approvata agli occhi di Dio. Ma l’inter-cessione nell’altro mondo non assomiglia all’intercessione in questo. È una condizione e una realtà totalmente diversa, che non può essere espressa a parole.

Se al momento della morte, un ricco decide di lasciare per testamento una parte delle sue ricchezze ai poveri e ai bisognosi, forse questa azione potrà comportare il perdono e il condono di Dio e il suo progresso nel Regno del Misericordiosissimo.

Allo stesso modo, i genitori affrontano le più grandi fatiche e avversità per i figli e, spesso, quando i figli hanno raggiunto l’età della maturità, essi sono già trapassati all’altra vita. Accade raramente che i padri o le madri ricevano in questo mondo le ricompense di tutte le pene e le sofferenze che hanno affrontato per i figli. Perciò, in cambio di queste pene, i figli devono offrire contributi di beneficenza e compiere buone azioni in loro nome e implorare perdono e misericordia per la loro anima. Perciò, in cambio dell’amore e della gentilezza di vostro padre, dovete donare ai poveri in suo nome e invocare, con massima umiltà e fervore, il perdono e la remissione di Dio e chiedere la Sua infinita misericordia.

È perfino possibile che coloro che sono morti nel peccato e nella miscredenza siano trasformati, cioè, che essi divengano oggetto del perdono divino. Questo dipende dalla grazia di Dio e non dalla Sua giustizia, perché grazia significa dare senza merito e giustizia significa dare ciò che si merita. Come abbiamo il potere di pregare per le anime qui, così lo avremo anche nell’altro mondo, il mondo del Regno. In quel mondo tutti gli esseri non sono forse creature di Dio? Perciò tutti possono progredire anche in quel mondo. Come possono chiedere con le loro suppliche di essere illuminati qui, così possono implorare perdono e chiedere di essere illuminati mediante le loro intercessioni e le loro suppliche anche lassù. E come le anime possono progredire in questo mondo grazie alle implorazioni e alle suppliche delle anime sante, così le anime possono progredire dopo la morte grazie alle proprie preghiere e alle proprie suppliche, soprattutto quando siano oggetto dell’intercessione delle sante Manifestazioni.

63
L’EVOLUZIONE DELL’UOMO NELL’ALTRO MONDO

Sappiate che nulla di ciò che esiste resta in stato di riposo, vale a dire, tutte le cose sono in movimento. Ogni cosa cresce oppure declina, viene dall’inesistenza all’esistenza oppure passa dall’esistenza all’inesistenza. Così questo fiore, questo giacinto, è venuto dal mondo dell’inesistenza a quello dell’esistenza in un certo periodo di tempo e ora sta passando dall’esistenza all’inesistenza. Questo movimento è chiamato essenziale o naturale e non può essere separato dalle cose create, perché è uno dei loro requisiti essenziali, come ardere è un requisito essenziale del fuoco.

È quindi chiaramente dimostrato che il movimento, tanto nella crescita quanto nel declino, è necessario all’esistenza. Ora, poiché lo spirito umano permane anche dopo la morte, esso deve progredire oppure declinare e nell’altro mondo smettere di avanzare equivale a declinare. Ma lo spirito umano non supera mai il proprio grado. Progredisce solo all’interno di quel grado. Per esempio, lo spirito, la realtà di Pietro, per quanto lontano vada, non raggiungerà mai il grado della realtà di Cristo, ma progredirà soltanto nei propri limiti intrinseci.

Così vedete che, per quanto lontano vada questo minerale, il suo progresso rimane entro i limiti del suo grado. Per esempio, non potrete mai portare questo cristallo in una condizione nella quale acquisti la facoltà della vista. La luna, per quanto progredisca, non diventerà mai un sole luminoso e il suo apogeo e il suo perigeo rimarranno sempre nel suo grado. Gli apostoli, per quanto lontano siano andati, non avrebbero mai potuto diventare Cristo. È vero che il carbone può diventare diamante, ma entrambi si trovano nel grado minerale e gli elementi che li compongono sono gli stessi.

64
CONDIZIONE DELL’UOMO E SUO PROGRESSO DOPO LA MORTE

Se esaminiamo tutte le cose con l’occhio del discernimento, notiamo che in generale esse sono limitate a tre categorie: minerale, vegetale e animale. Così ci sono tre classi di esseri e ciascuna delle classi ha le proprie specie. L’uomo è la specie più eminente in quanto possiede le perfezioni di tutte e tre le classi, cioè, ha un corpo materiale, la facoltà della crescita e quella della sensazione. Oltre ad avere le perfezioni del minerale, del vegetale e dell’animale, l’uomo ha anche una perfezione speciale della quale le altre cose create sono prive, cioè le perfezioni della mente. L’uomo è quindi la più nobile delle cose create.

L’uomo si trova al massimo grado della materia e all’inizio della spiritualità, cioè, egli si trova alla fine dell’imperfezione e all’inizio della perfezione. Egli si trova nell’estremo grado dell’oscurità e all’inizio della luce. Ecco perché si è detto che lo stadio dell’uomo è la fine della notte e il principio del giorno, per dire che egli è il compendio di tutti i gradi dell’imperfezione e che possiede potenzialmente tutti i gradi della perfezione. L’uomo ha in sé tanto un lato animale quanto una parte angelica e lo scopo dell’educatore è di addestrare le anime umane, in modo che la parte angelica domini il lato animale. Così, se le forze divine, che sono identiche alla perfezione, dominano nell’uomo le forze sataniche, che sono imperfezione assoluta, l’uomo diventa la creatura più nobile. Ma se accade il contrario, l’uomo diventa l’infimo delle creature. Ecco perché egli è la fine dell’imperfezione e l’inizio della perfezione.

In nessun’altra specie dell’esistenza si possono vedere tante differenze, distinzioni, contrasti e contraddizioni come nell’uomo. Così, la fulgida luce della Divinità è stata effusa sull’uomo, come fu effusa su Cristo. Vedete quanto glorioso e nobile è l’uomo! Nel contempo, egli adora pietre, alberi e pezzi di argilla. Quant’è meschino l’uomo che fa oggetto della sua adorazione i più bassi gradi dell’esistenza, cioè pietre e pezzi di argilla, montagne, foreste o alberi, che non hanno un’anima. Quale maggior meschinità per un uomo che adorare le cose più vili?

Inoltre, il sapere è un attributo umano, ma lo è anche l’ignoranza. La sincerità è un suo attributo, ma lo è anche la falsità. Altrettanto dicasi della devozione e della slealtà, della giustizia e dell’ingiustizia, eccetera. In breve, tutte le perfezioni e le virtù, nonché tutti i vizi sono attributi dell’uomo. Considerate anche le differenze fra i membri della razza umana. Cristo aveva forma umana e anche Caifa. Mosè era un uomo e altrettanto Faraone. Abele era un uomo e lo era anche Caino. Bahá’u’lláh era un uomo e così era Yaḥyá.148 Ecco perché si è detto che l’uomo è il più grande segno di Dio, cioè è il Libro della Creazione, in quanto tutti i misteri dell’universo si ritrovano in lui. Se si pone sotto l’ombra del vero Educatore ed è correttamente istruito, egli diventa la gemma delle gemme, la luce delle luci e lo spirito degli spiriti. Diventa centro focale di benedizioni divine, sorgente di attributi spirituali, alba di luci celestiali e recipiente di ispirazioni divine. Ma se resta privo di questa educazione, diventa personificazione di attributi satanici, compendio di vizi animali e fonte di tutto ciò che è opprimente e tenebroso.

Questa è la saggezza dell’apparizione dei Profeti: educare l’umanità, affinché questo pezzo di carbone divenga un diamante e questo albero sterile sia sottoposto a innesto e produca i frutti più dolci e deliziosi. Dopo aver raggiunto gli stadi più nobili del mondo dell’umanità, l’uomo può progredire ulteriormente solo nei gradi della perfezione, ma non nello stadio, perché i gradi sono limitati, mentre le perfezioni divine sono infinite.

L’anima umana progredisce sia prima sia dopo aver deposto questa struttura fatta di elementi, ma progredisce nelle perfezioni, non nello stadio. Il progresso di tutte le cose create culmina nell’uomo perfetto e non c’è altro essere superiore a lui. Raggiunto lo stadio umano, l’uomo può progredire nelle perfezioni ma non nello stadio, perché non esiste uno stadio superiore a quello di un uomo perfetto nel quale egli possa trasferirsi. L’uomo può progredire soltanto nello stadio umano, perché le perfezioni umane sono infinite. Così, per quanto dotto un uomo sia, ne possiamo sempre immaginare uno più dotto.

Quindi, le perfezioni dell’uomo essendo infinite, l’uomo può progredire nelle perfezioni anche dopo la sua ascensione da questo mondo.

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SPIEGAZIONE DI UN VERSETTO DEL KITÁB-I-AQDAS

Domanda. Il Kitáb-i-Aqdas dice: «. . . chiunque ne è privo è perduto, anche se abbia compiuto degne azioni». Che cosa significa questo versetto.

Risposta. Questo versetto benedetto significa che la base del successo e della salvezza è il riconoscimento di Dio e che le buone azioni, che sono i frutti della fede, derivano da questo riconoscimento.

Se non consegue questo riconoscimento, l’uomo rimane separato da Dio ed, essendo separato, l’effetto desiderato delle sue buone azioni non è completo. Questo versetto non significa che coloro che sono separati da Dio sono tutti uguali, compiano essi azioni buone o cattive. Significa solo che il riconoscimento di Dio è la base e che le buone azioni derivano da questa conoscenza. È tuttavia certo che fra coloro che sono separati da Dio c’è differenza fra colui che fa il bene e il peccatore e il malfattore. Infatti l’anima che è separata da Dio, ma ha un buon carattere e agisce bene, merita il perdono di Dio, mentre il peccatore separato da Dio che ha un cattivo carattere e si comporta male è privato dei doni e delle elargizioni di Dio. Questa è la differenza.

Perciò il versetto benedetto significa che le sole buone azioni, senza il riconoscimento di Dio, non possono portare alla redenzione eterna, al successo e alla salvezza eterni e all’accesso nel Regno di Dio.

66
L’ESISTENZA DELL’ANIMA RAZIONALE DOPO LA MORTE DEL CORPO (I)

Domanda. Dopo che il corpo è stato abbandonato e lo spirito ha preso il volo, in quale modo l’anima razionale continua a esistere? Supponiamo che le anime assistite dalle effusioni dello Spirito Santo giungano alla vera esistenza e alla vita eterna. Ma che cosa accade delle anime razionali che sono separate da Dio?

Risposta. Taluni ritengono che il corpo sia la sostanza ed esista di per sé e che lo spirito sia un accidente che esiste grazie alla sostanza del corpo. Ma la verità è che l’anima razionale è la sostanza grazie alla quale il corpo esiste. Se l’accidente, ossia il corpo, è distrutto, la sostanza, cioè lo spirito, permane.

In secondo luogo, l’anima razionale, vale a dire lo spirito umano, non esiste grazie a questo corpo per inerenza, vale a dire non vi penetra, in quanto l’inerenza e l’ingresso sono proprietà dei corpi e l’anima razionale ne è libera. Essa non ha avuto inizio penetrando in questo corpo e perciò nel lasciarlo non ha bisogno di un’altra dimora. No, il rapporto fra lo spirito e il corpo è come il rapporto fra questa lampada e uno specchio. Se lo specchio è levigato e perfetto, la luce della lampada vi appare e se lo specchio si rompe o si copre di polvere, la luce resta nascosta.

L’anima razionale, lo spirito umano, non è discesa in questo corpo e non viene all’esistenza per suo mezzo, in tal guisa che abbia bisogno di una sostanza da cui dipendere, dopo che le parti che compongono il corpo si sono decomposte. Al contrario, l’anima razionale è la sostanza dalla quale il corpo dipende. L’anima razionale ha una sua individualità sin dall’inizio, non la acquisisce grazie alla strumentalità del corpo. Tutt’al più si può dire che l’individualità e l’identità dell’anima razionale possono rafforzarsi in questo mondo e che l’anima può progredire e raggiungere i gradi della perfezione o rimanere negli infimi abissi dell’ignoranza, separata da Dio e priva della possibilità di vedere i Suoi segni.

Domanda. Con quali mezzi lo spirito umano, l’anima razionale, progredisce dopo aver lasciato questo mondo mortale?

Risposta. Il progresso dello spirito umano nel mondo divino, dopo che esso ha rotto il suo legame con il corpo fisico, avviene soltanto mercé la grazia e il dono del Signore, oppure per l’intercessione e le preghiere di altre anime umane, oppure per importanti regalie e opere di carità offerte in suo nome.

Domanda. Che cosa succede ai bambini che muoiono prima di raggiungere l’età della ragione o prima di nascere?

Risposta. Questi infanti sono all’ombra della divina Provvidenza e, non avendo commesso alcun peccato e non essendo contaminati dalle impurità del mondo della natura, diventano manifestazioni del dono divino e gli sguardi dell’occhio della misericordia divina si posano su di loro.

67
LA VITA ETERNA E L’ACCESSO AL REGNO DI DIO

Mi avete chiesto della vita eterna e dell’accesso nel Regno. L’espressione esteriore usata per designare il Regno è «cielo». Ma non si tratta di un fatto o di una realtà, bensì di un paragone e di una similitudine, perché il Regno non è un luogo materiale, ma è santificato dal tempo e dallo spazio. È un regno spirituale, un mondo divino, la sede della sovranità del Signore onnipotente. È esaltato al di sopra del corpo e di tutto ciò che è corporeo ed è santificato dalle vane congetture degli uomini. La delimitazione nello spazio non è una prerogativa degli spiriti, ma dei corpi. Il tempo e lo spazio non pervadono la mente e lo spirito, ma il corpo.

Osservate che il corpo dell’uomo dimora in uno spazio limitato e occupa solo due spanne di terra. Ma lo spirito e la mente dell’uomo attraversano tutti i paesi e le regioni e perfino gli sconfinati spazi dei cieli, abbracciano l’intera esistenza e fanno scoperte nelle eccelse sfere e negli infiniti recessi dell’universo. Ciò avviene perché lo spirito non occupa spazio, è una realtà al di là dello spazio e, per lo spirito, la terra e il cielo sono la stessa cosa, poiché esso fa scoperte in entrambi. Ma il corpo è circoscritto in uno spazio e non conosce ciò che si trova al di là.

Ora, la vita è di due specie: quella del corpo e quella dello spirito. La vita del corpo consiste nella vita materiale, ma la vita dello spirito è un’esistenza celestiale, che consiste nel ricevere la grazia dello Spirito divino e nell’essere vivificati dal soffio dello Spirito Santo. La vita materiale esiste, ma agli occhi delle anime sante e spirituali essa è pura inesistenza e morte. Così l’uomo esiste ed esiste anche questa pietra, ma quale differenza fra l’esistenza dell’uomo e quella della pietra! La pietra esiste, ma nei confronti dell’esistenza dell’uomo è inesistente.

«Vita eterna» significa ricevere la grazia dello Spirito Santo, come il fiore riceve i doni e le brezze della primavera. Osservate: all’inizio questo fiore aveva una vita puramente minerale, ma con l’avvento della stagione primaverile, con le effusioni delle sue piogge e il calore del suo sole splendente, esso ha ottenuto un’altra vita ed è apparso con massima vitalità, delicatezza e fragranza. Paragonata a quella successiva, la precedente vita del fiore è simile alla morte.

Intendiamo dire che la vita del Regno è la vita dello spirito e che essa è eterna e santificata al di sopra del tempo e dello spazio, come lo spirito umano che non ha un posto. Infatti, se si esamina il corpo umano, non si trova un luogo particolare o una collocazione per lo spirito. Lo spirito non ha mai avuto un posto ed è immateriale, ma è collegato con il corpo, come il sole lo è con questo specchio. Il sole non si trova nello specchio, ma è collegato con esso. Allo stesso modo, il mondo del Regno è santificato da qualunque cosa sia vista dall’occhio o percepita da altri sensi – udito, olfatto, gusto, tatto.

Dove possiamo dunque trovare nell’uomo questa mente, che risiede in lui e la cui esistenza è indubitabile? Se si esamina un corpo con gli occhi, con le orecchie o con altri sensi, non la si trova, eppure essa esiste. Perciò la mente non ha un posto, ma è collegata con il cervello. Anche il Regno è così. Come l’amore, che non ha un posto, ma è collegato con il cuore, così neppure il Regno ha un posto, ma è collegato con la realtà umana.

L’ingresso nel Regno avviene grazie all’amore di Dio, al distacco, alla santità, alla sincerità e alla purezza, alla saldezza e alla fedeltà e grazie al sacrificio della vita.

Queste spiegazioni dimostrano chiaramente che l’uomo è immortale ed eterno. Coloro che credono in Dio, che Lo amano e che hanno raggiunto la certezza hanno conseguito quella vita benedetta che noi chiamiamo eterna. Ma coloro che sono separati da Dio come da un velo, sebbene siano vivi, vivono nell’oscurità e la loro vita, nei confronti della vita dei credenti, è inesistenza.

Così, l’occhio è vivo e lo è anche l’unghia, ma la vita dell’unghia, paragonata a quella dell’occhio, è inesistenza. La pietra e l’uomo esistono entrambi, ma, paragonata all’uomo, la pietra è inesistente, non c’è. Infatti, quando un uomo muore, il suo corpo si disintegra e si distrugge e diventa come una pietra, come la terra, come un minerale. Appare quindi evidente che, sebbene esista, il minerale, paragonato all’uomo, è inesistente.

Allo stesso modo, le anime separate da Dio come da un velo, sebbene esistano in questo mondo e nel mondo avvenire, paragonate alla santa esistenza dei figli del Regno divino, sono inesistenti e dimenticate.

68
IL FATO

Domanda. Il destino, di cui si parla nei Libri sacri, è una cosa irrevocabile? Se è così, a che cosa serve sforzarsi di evitarlo?

Risposta. Il destino è di due specie: irrevocabile e condizionato o, come si suol dire, imminente. Il destino irrevocabile è quello che non può essere né modificato né alterato e il destino condizionato è ciò che può avvenire oppure no. Così, per questa lampada è destino irrevocabile che l’olio bruci e si consumi. Perciò, è certo che alla fine la lampada si spegnerà ed è impossibile modificare o alterare questo risultato, perché questo è il suo destino irrevocabile. Allo stesso modo, nel corpo umano è stato creato un potere il cui impoverimento ed esaurimento comporta inevitabilmente la disintegrazione del corpo. È come l’olio in questa lampada: quando esso brucia e finisce, la lampada sicuramente si spegne.

Ma il destino condizionato può essere paragonato a questo: quando resta ancora un po’ olio, un forte vento soffia sulla lampada e la spegne. Questo è un destino condizionato. È saggio evitarlo, proteggersene, essere cauti e prudenti. Ma il destino irrevocabile, che è come quando l’olio della lampada si consuma, non può essere modificato, alterato o ritardato. È inevitabile che accada ed è indubbio che la lampada si spenga.

69
L’INFLUSSO DELLE STELLE

Domanda. Le stelle del cielo hanno un’influenza spirituale sull’anima umana, oppure no?

Risposta. Alcuni corpi celesti esercitano sulla terra e sulle sue creature un’influenza fisica così chiara ed evidente, da non richiedere spiegazioni. Considerate il sole, che con l’aiuto della grazia divina, alimenta la terra e tutte le sue creature. Se non fosse per la luce e il calore del sole, le creature terrene cesserebbero di esistere.

Quanto all’influsso spirituale, per quanto strano possa sembrare che queste stelle esercitino un influsso spirituale sul mondo umano, pure, riflettendo profondamente sul tema, la cosa non dovrebbe sorprendervi eccessivamente. Ma non intendo dire che le deduzioni che gli antichi astrologi ricavarono dai moti delle stelle e dei pianeti fossero vere, perché esse erano frutto dell’immaginazione che ebbero origine dai sacerdoti egizi, assiri e caldei, oppure scaturirono dalle vacue congetture degli induisti e dalle superstizioni dei greci, dei romani e di altri adoratori delle stelle. Intendo solo dire che questo universo illimitato è come il corpo umano e che tutte le sue parti sono connesse e collegate l’una con l’altra e legate assieme nella massima perfezione. Cioè, nello stesso modo in cui le parti, le membra e gli organi del corpo umano sono interconnesse e si assistono, si rafforzano e si influenzano reciprocamente così anche le parti e le membra di questo infinito universo sono reciprocamente collegate e si influenzano l’un l’altra spiritualmente e materialmente. Per esempio, l’occhio vede e tutto il corpo ne risente. L’orecchio ode e tutti gli organi e le membra ne sono scossi. Su questo non v’è dubbio, perché anche il mondo dell’esistenza è come una persona. Così, il collegamento fra le varie parti dell’universo comporta inevitabilmente influenze ed effetti reciproci, tanto materiali quanto spirituali.

Per coloro che negano l’influenza spirituale delle cose materiali facciamo un breve esempio. Suoni gradevoli e melodie armoniose sono accidenti riguardanti l’aria, dato che il suono consiste nelle vibrazioni della aria. I nervi del timpano ne sono stimolati e ne risulta l’udito. Pensate ora che le vibrazioni dell’aria, che sono un accidente fra gli accidenti e che sono considerate una cosa da poco, attraggono ed estasiano lo spirito dell’uomo e lo turbano moltissimo: lo fanno ridere o piangere e possono perfino indurlo a mettersi in pericolo. Vedete quindi che fra lo spirito dell’uomo e le vibrazioni dell’aria esiste una connessione tale che il movimento dell’aria può trasportarlo da uno stato d’animo a un altro e sopraffarlo a tal punto da privarlo della pazienza e della compostezza. Considerate quanto ciò sia strano, perché nulla esce dal cantante e nulla entra nell’ascoltatore, eppure si producono grandi effetti spirituali. Perciò è certo che un così intimo rapporto fra tutte le cose create debba avere influenze ed effetti spirituali.

Si è detto che le parti e le membra del corpo umano si influenzano reciprocamente. Per esempio, l’occhio vede e il cuore ne è influenzato. L’orecchio sente e lo spirito ne è toccato. Il cuore trova pace, i pensieri si espandono e tutte le membra del corpo provano una sensazione di benessere. Quale connessione e quale rapporto è mai questo! E se fra le varie membra del corpo dell’uomo, che è soltanto uno dei tanti esseri particolari, esistono rapporti, influenze ed effetti spirituali, certamente esisteranno collegamenti spirituali e materiali anche fra gli infiniti esseri universali. Benché i nostri metodi e le nostre scienze odierne non possano scoprire questi collegamenti, pure la loro esistenza è chiara e indiscutibile.

Concludendo, tutti gli esseri, universali o particolari che siano, sono legati l’uno all’altro secondo la perfetta saggezza di Dio e si influenzano reciprocamente. Se così non fosse, nell’organizzazione onnicomprensiva e nella disposizione universale dell’esistenza si avrebbero disordine e caos. Ed essendo solidamente collegate l’una con l’altra, tutte le cose create sono ben ordinate, programmate e perfezionate.

Questo tema merita di essere esaminato con molta cura e richiede molta attenzione e profonda riflessione.

70
LIBERO ARBITRIO

Domanda. L’uomo è libero e incondizionato in tutte le sue azioni, oppure sottostà a imposizioni e costrizioni?

Risposta. Questo è uno dei più importanti quesiti della teologia ed è molto complesso. Se Dio vuole, chiariremo questo tema nei dettagli un altro giorno, all’inizio della cena. Per ora lo spiegheremo in breve, in poche parole, come segue.

Alcune cose sono soggette al libero arbitrio del-l’uomo, come agire secondo giustizia ed equità oppure con tirannia e ingiustizia, in altre parole, la scelta delle buone o delle cattive azioni. È chiaro ed evidente che in queste azioni la volontà dell’uomo ha una grande parte. Ma vi sono alcune cose nelle quali l’uomo è forzato e costretto, come il sonno, la morte, le malattie, il declino delle forze, la sventura o le perdite materiali. Tutto ciò non è soggetto alla volontà dell’uomo ed egli non ne è responsabile, perché è costretto a subirle. Ma nella scelta delle buone e delle cattive azioni egli è libero e le compie di sua volontà.

Per esempio, se lo desidera, egli può passare il tempo a lodare Iddio e, se lo desidera, può occuparsi di altri pensieri. Può accendere la fiaccola del suo cuore con la fiamma dell’amore di Dio e divenire un filantropo che ama il mondo, oppure diventare un nemico dell’umanità, oppure porre i suoi affetti sulle cose del mondo. Può essere giusto o ingiusto. Tutte queste azioni sono soggette al suo controllo e, di conseguenza, egli ne è responsabile.

Ora sorge un altro problema. La condizione dell’uomo è assoluta impotenza e totale povertà. Tutta la forza e il potere appartengono esclusivamente a Dio e l’esaltazione e l’umiliazione dell’uomo dipendono dalla volontà e dagli scopi dell’Altissimo. Così è detto nei Vangeli che Dio è come il vasaio che fa «un vaso ad onore, ed un altro a disonore».151 Ora, il vaso a disonore non ha il diritto di biasimare il vasaio, dicendo: «Perché non hai fatto di me una tazza preziosa, che passa di mano in mano»? Il significato di queste parole è che le anime occupano differenti stadi. Ciò che si trova nello stadio più basso dell’esistenza, come un minerale, non ha il diritto di obiettare, dicendo: «O Dio, perché mi hai negato le perfezioni di una pianta?». Allo stesso modo, una pianta non ha il diritto di protestare per essere stata privata delle perfezioni del mondo animale. Analogamente, un animale non ha il diritto di lamentarsi per la mancanza delle perfezioni umane. No, tutte queste cose sono perfette nel proprio grado e devono sforzarsi di conseguire le perfezioni del proprio grado. Come si è già detto, ciò che ha un rango inferiore non ha il diritto di aspirare allo stadio e alle perfezioni di ciò che è superiore e non ha le qualifiche per farlo, ma deve progredire all’interno del proprio grado.152

Anche la stasi o il moto dell’uomo sono condizionati dall’aiuto di Dio. Se questo aiuto non gli perviene, l’uomo non è capace di compiere né il bene né il male. Ma quando l’assistenza del Signore munificentissimo gli conferisce l’esistenza, l’uomo è in grado di fare sia il bene sia il male. Se gli viene tolto questo aiuto, egli diventa del tutto impotente. Ecco perché, nelle sacre Scritture, si parla di aiuto e di assistenza di Dio. Questa condizione può essere paragonata a quella di una nave, mossa dalla forza del vento o del vapore. Se la forza cessa, la nave non può più muoversi. Ma, in qualsiasi direzione il timone sia rivolto, la forza del vapore la spinge in quella direzione. Se il timone è diretto verso est, la nave va a est e se è diretto verso ovest, la nave punta a ovest. Il movimento non proviene dalla nave, ma dal vento o dal vapore.

Allo stesso modo, tutte le azioni dell’uomo sono sostenute dal potere dell’assistenza divina, ma la scelta fra il bene e il male appartiene a lui soltanto. È come quando un re nomina un uomo governatore di una città, gli conferisce pieni poteri e gli mostra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto secondo la legge. Ora, se il governatore commette un’ingiustizia, benché egli agisca in nome del potere e dell’autorità del re, pure il sovrano non perdonerà la sua ingiustizia. E se il governatore agisce secondo giustizia, anche in questo caso lo farà in nome dell’autorità del re, e il re sarà compiaciuto e soddisfatto della sua giustizia.

Intendiamo dire che la scelta del bene e del male appartiene all’uomo, ma egli dipende in ogni caso dall’assi-stenza sostenitrice della divina Provvidenza. La sovranità di Dio è immensa e tutti sono prigionieri nella stretta del Suo Potere. Il servo non può fare nulla di propria volontà. Dio è forte e onnipotente e dona la Sua assistenza a tutto il creato.

Questo problema è stato spiegato e delucidato chiaramente.

71
VISIONI E COMUNICAZIONI CON GLI ESSERI SPIRITUALI

Domanda. Alcuni credono di ricevere rivelazioni spirituali, cioè, credono di parlare con gli spiriti. Come accade?

Risposta. Le rivelazioni spirituali sono di due tipi: le une, alle quali si fa comunemente riferimento fra la gente, sono pura immaginazione, le altre sono autentiche visioni spirituali, come le rivelazioni di Isaia, Geremia e Giovanni.

Riflettete, i poteri contemplativi dell’uomo producono due tipi di concezioni. Le une sono concezioni solide e vere, che, quando si combinino con la decisione, si realizzano nel mondo esterno, come le disposizioni corrette, le opinioni sagge, le scoperte scientifiche e le invenzioni tecnologiche. Le altre sono le idee false e le immaginazioni infondate, che non danno frutto e non hanno alcuna realtà. Esse sorgono come onde del mare dell’illusione e scompaiono come vani sogni.

Allo stesso modo le rivelazioni spirituali sono di due tipi. Le prime sono le visioni dei Profeti e le rivelazioni spirituali degli eletti di Dio. Le visioni dei Profeti non sono sogni, ma vere visioni spirituali. Così, quando essi dicono: «Ho visto una persona in una certa forma e ho detto la tal cosa ed ella mi ha dato la tale risposta», questa visione avviene nello stato di veglia e non nel regno del sonno. È una scoperta spirituale che si esprime sotto forma di visione.

L’altro tipo di rivelazione spirituale è pura illusione, ma queste illusioni assumono nella mente una forma così concreta che molte persone dal cuore semplice le credono reali. Lo dimostra chiaramente il fatto che questo supposto coinvolgimento o evocazione degli spiriti non ha mai prodotto alcun risultato o esito tangibile. No, si tratta solo di favole e invenzioni.

Sappiate dunque che la realtà umana abbraccia le realtà di tutte le cose e ne scopre la vera natura, le proprietà e i misteri. Per esempio, tutti i mestieri, le invenzioni, le scienze e i rami del sapere sono stati scoperti dalla realtà umana. Un tempo essi erano tutti misteri celati e nascosti, ma poi a poco a poco la realtà dell’uomo li ha scoperti e li ha portati dal mondo invisibile al regno visibile. È quindi evidente che la realtà dell’uomo abbraccia tutte le cose. Essa si trova in Europa e scopre l’America, si trova sulla terra e fa scoperte nei cieli. Rivela i misteri di tutte le cose e apprende le realtà di tutti gli esseri. Queste vere rivelazioni che corrispondono alla realtà sono come le visioni, che sono comprensione spirituale, ispirazione celeste e intima comunione di spiriti umani. E così, chi le ha avute dice di aver visto, o detto, o sentito una data cosa.

È pertanto evidente che lo spirito ha anche potenti percezioni che non sono mediate dagli organi dei cinque sensi, come gli occhi o le orecchie. E, per quanto riguarda la comprensione spirituale e le rivelazioni interiori, tra le anime spirituali vi è un’unità che supera ogni immaginazione e paragone e una comunione che trascende il tempo e lo spazio. Così, per esempio, quando è scritto nel Vangelo che Mosè ed Elia andarono da Cristo sul monte Tabor, è chiaro che non fu una comunione materiale, ma una condizione spirituale, espressa come incontro fisico.

L’altro tipo di evocazione, conversazione e comunicazione con gli spiriti è vana immaginazione e pura illusione, anche se può sembrare reale. A volte, la mente e il pensiero dell’uomo scoprono alcune verità e questo pensiero e questa scoperta producono risultati e benefici ben precisi. Questi pensieri hanno un solido fondamento. Ma alla mente si presentano molte cose che sono come le onde del mare dell’illusione. Esse non danno frutto e non producono nessun risultato. Anche nel mondo del sonno, si può fare un sogno che poi si avvera, mentre, un’altra volta, si può fare un sogno che non ha il benché minimo risultato.

Ciò che intendiamo è che questa condizione, che definiamo conversazione o comunicazione con gli spiriti, è di due tipi: una è puro inganno, l’altra, ossia le visioni menzionate nella Bibbia, come quelle di Isaia e di san Giovanni e l’incontro di Cristo con Mosè ed Elia, è reale. Essa produce effetti meravigliosi sulla mente e sul pensiero e produce forti attrazioni nei cuori.

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GUARIRE CON I MEZZI SPIRITUALI

Domanda. Alcuni guariscono gli ammalati con mezzi spirituali, cioè, senza medicine. Come può accadere?

Risposta. Una spiegazione dettagliata di questo tema è già stata offerta. Non avete capito bene, perciò la ripeteremo perché capiate. Sappiate che vi sono quattro modi di curare e guarire senza medicine. Due sono dovuti a cause materiali e due a cause spirituali.

Quanto ai due modi materiali, uno è dovuto al fatto che in realtà tanto la salute quanto la malattia sono contagiose. Il contagio della malattia è rapido e violento, mentre quello della salute è estremamente lento e debole. Se due corpi vengono a contatto, è certo che alcune particelle microbiche si trasmettono dall’uno all’altro. Come la malattia si trasmette rapidamente e violentemente da un corpo a un altro, può anche darsi che la salute robusta di una persona sana dia sollievo a una lieve indisposizione di un malato. Intendiamo dire che il contagio della malattia è rapido e violento, mentre quello della salute è lentissimo e ha un effetto limitato che può essere avvertito soltanto nel caso di disturbi molto lievi. In questi casi la forza del corpo sano sopraffà la lieve debolezza del corpo ammalato e gli porta la salute. Questa è un modo di guarire.

Un altro modo di guarire è con la forza del magnetismo corporeo, per cui la forza magnetica di un corpo agisce su un altro e lo cura. Anche questa forza ha solo un lieve effetto. Così qualcuno può posare la mano sulla testa o sullo stomaco di un paziente e questi ne potrebbe trarre beneficio. Perché? Perché l’effetto del magnetismo e l’impressione esercitata sulla psiche del paziente possono scacciare il male. Ma anche questo effetto è assai lieve e debole.

Gli altri due modi sono spirituali, cioè lo strumento della guarigione è una forza spirituale. Uno è quando una persona sana concentra tutta la sua attenzione su una persona ammalata e quest’ultima si aspetta di essere guarita dal potere spirituale dell’altra e ne è pienamente convinta, a tal punto che fra i loro cuori si crea un forte legame. Se la persona sana fa ogni possibile sforzo per curare quella ammalata e costei ha fede di ricevere la guarigione, si può produrre un eccitamento dei nervi a causa di queste influenze da anima a anima e si può ottenere una guarigione. Così, per esempio, quando un ammalato improvvisamente riceve la buona notizia che il suo più ardente desiderio si è realizzato, se ne può produrre un eccitamento nervoso, che fa scomparire completamente la malattia. Allo stesso modo, se all’improvviso accade un evento terrificante, si può produrre un tale eccitamento nei nervi di una persona sana, da farla subito ammalare. La causa della malattia non è una cosa materiale, perché quella persona non ha ingerito nulla e non è venuta in contatto con nulla. L’eccitamento nervoso da solo ha prodotto la malattia. Allo stesso modo, l’improvvisa realizzazione di un grande desiderio può produrre una tale gioia da eccitare i nervi e restituire la salute.

In breve, un collegamento completo e perfetto fra il medico spirituale e il paziente – cioè, un legame per cui il medico spirituale concentri tutta l’attenzione sul paziente e anche il paziente concentri l’attenzione sul medico spirituale e si aspetti la guarigione – questo legame provoca un eccitamento nervoso per cui si riacquista la salute. Ma questo funziona soltanto entro certi limiti e non in tutti i casi. Per esempio, se una persona contrae una grave malattia, oppure è ferita fisicamente, questi mezzi non scacciano il male né guariscono la ferita, cioè, questi mezzi non hanno potere sulle malattie gravi, a meno che non venga in aiuto la tempra del paziente, perché spesso una forte tempra vince la malattia. E questo è il terzo modo di guarire.

Ma il quarto modo è quando la guarigione è prodotta per il potere dello Spirito Santo. Questo non dipende dal contatto fisico, dalla vista o dalla presenza. Non dipende da nessuna condizione. Sia la malattia lieve o grave, vi sia o meno un contatto dei corpi, sussista o meno un rapporto fra il paziente e il medico, sia il paziente presente o assente, la guarigione ha luogo grazie al potere dello Spirito Santo.

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GUARIRE CON I MEZZI MATERIALI

Ieri a tavola abbiamo detto, parlando del tema della medicina e della guarigione spirituale, che la malattia può essere curata mediante i poteri spirituali.

Parliamo ora della guarigione materiale. La scienza medica è ancora nell’infanzia e non ha ancora raggiunto la maturità. Ma quando l’avrà raggiunta, le cure saranno praticate con cose che non siano ripugnanti ai sensi del gusto e dell’olfatto, cioè con alimenti, frutta e piante che abbiano un buon sapore e un buon odore. Infatti la causa dell’intrusione delle malattie nel corpo umano o è un agente fisico oppure un eccitamento e una stimolazione dei nervi.

Quanto agli agenti fisici, che sono le principali cause delle malattie, i loro effetti sono dovuti a quanto segue: il corpo umano è composto di numerosi elementi secondo un particolare stato di equilibrio. Finché l’equilibrio si mantiene, l’uomo è immune da malattie. Ma, se questo equilibrio essenziale, che è il requisito centrale di una costituzione sana, è turbato, la costituzione ne è dissestata e sopravviene la malattia.

Per esempio, se c’è una carenza di una delle parti che costituiscono il corpo umano e un eccesso di un altro, lo stato di equilibrio è disturbato e insorge una malattia. Per esempio, l’equilibrio può richiedere che un componente sia presente nella quantità di mille grammi e un altro di cinque. Se il primo diminuisce fino a settecento e il secondo aumenta fino a rompere lo stato di equilibrio, insorge una malattia e se, grazie a medicine e trattamenti, si ristabilisce l’equilibrio, la malattia è vinta. Così, se la componente zuccherina diventa eccessiva, la salute è compromessa. Ma quando il medico proibisce dolci e amidi, la componente zuccherina diminuisce, l’equilibrio si ristabilisce e la malattia è debellata.

Ora, il riequilibrio di queste componenti corporali si ottiene in due modi, o con le medicine o con gli alimenti. Quando la costituzione ha riacquistato l’equilibrio, la malattia è debellata. Poiché tutti gli elementi costitutivi del corpo umano si trovano anche nelle piante, quando uno di queste componenti diminuisce, se uno si nutre di cibi che sono ricchi di quell’elemento, l’equilibrio si ristabilisce e si guarisce. Se lo scopo è quello di riequilibrare le parti componenti del corpo, si può ottenerlo tanto con le medicine quanto con vari cibi.

La maggior parte delle malattie che colpiscono l’uomo colpisce anche gli animali, ma l’animale non le cura con farmaci. Nelle montagne e nelle foreste, il medico degli animali è la facoltà del gusto e dell’olfatto. L’animale ammalato annusa le piante che crescono nella foresta, mangia quelle dolci e profumate al gusto e all’olfatto e guarisce. La ragione è questa. Quando, per esempio, la componente zuccherina diventa insufficiente nel suo corpo, egli ha voglia di cose dolci e quindi mangia le piante che hanno un sapore dolce, perché la natura lo stimola e lo guida. Così, poiché l’animale mangia cose gradite all’olfatto e al gusto, la componente zuccherina aumenta nella sua natura ed esso riacquista la salute.

È quindi evidente che è possibile curare le malattie con frutta e altri cibi. Ma poiché la scienza della medicina è ancora imperfetta, questo fatto non è stato ancora del tutto compreso. Quando la scienza giungerà alla perfezione, le terapie saranno somministrate con frutta e piante fragranti e con altri cibi e con acque calde e fredde di varie temperature.

Questa è solo una breve spiegazione. A Dio piacendo, circostanze permettendolo, un’altra volta daremo una spiegazione più dettagliata.

Argomenti Diversi

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LA NON ESISTENZA DEL MALE

La vera spiegazione di questo tema è molto difficile. Sappiate che le cose create sono di due specie: materiali e spirituali, sensibili e intellegibili. Cioè, alcune cose sono percepite dai sensi, altre sono percepite solo dalla mente.

Le realtà sensibili sono quelle percepite dai cinque sensi esterni. Così, per esempio, si dicono sensibili le cose esteriori visibili all’occhio. Le realtà intellegibili sono quelle che non hanno esistenza esteriore, ma sono percepite dalla mente. Per esempio, la mente è una realtà intellegibile e non ha esistenza esteriore. Similmente, le virtù e gli attributi umani non hanno un’esistenza sensibile, ma intellegibile, cioè sono realtà percepite dalla mente e non dai sensi.

In breve, le realtà intellegibili, come tutti gli attributi e le perfezioni dell’uomo degne di lode, sono essenzialmente buone e hanno un’esistenza positiva. Il male è semplicemente la loro inesistenza. Così l’ignoranza è mancanza di sapere, l’errore mancanza di guida, la dimenticanza mancanza di memoria, la stupidità mancanza di comprensione. Tutte queste cose sono nulla in se stesse e non hanno un’esistenza positiva.

Quanto alle realtà sensibili, anche loro sono essenzialmente buone e il male non è altro che la loro inesistenza. Vale a dire, la cecità è la mancanza della vista, la sordità è una mancanza di udito, la povertà mancanza di ricchezze, la malattia mancanza di salute, la morte mancanza di vita, la debolezza mancanza di forza.

Ma sorge un dubbio nella mente: gli scorpioni e i serpenti sono velenosi. È una cosa buona o cattiva, dato che hanno un’esistenza positiva? Sì, è vero che gli scorpioni e i serpenti sono un male, ma lo sono solo rispetto a noi, non rispetto a se stessi, dato che il veleno è la loro arma e il pungiglione il loro mezzo di difesa. Ma siccome gli elementi costitutivi del veleno sono incompatibili con quelli del nostro corpo, cioè, siccome questi elementi costitutivi sono reciprocamente opposti, perciò, il veleno è un male, o piuttosto, quegli elementi sono un male per gli altri, ma in realtà, per quanto li riguarda, essi sono tutti buoni.

Riassumendo, una cosa può essere un male nei confronti di un’altra e nello stesso tempo non essere un male nei limiti della propria esistenza. Ne consegue che nell’esistenza non esiste nulla di male. Tutto ciò che Dio ha creato, l’ha creato buono. Il male non è altro che inesistenza. Per esempio la morte è mancanza di vita. Quando un uomo non è più sorretto dal potere della vita, muore. Il buio è mancanza di luce. Quando non c’è più luce, regna l’oscurità. La luce è una cosa che ha un’esistenza positiva, ma il buio no, non è altro che mancanza di luce. La ricchezza ha un’esistenza positiva, ma la povertà non è altro che la sua assenza.

È dunque evidente che tutti i mali non sono altro che inesistenza. Il bene ha un’esistenza positiva, il male non è altro che la sua assenza.

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DUE SPECIE DI TORMENTO

Sappiate che vi sono due specie di tormenti: sottili e tangibili. Per esempio, l’ignoranza è un tormento, ma è un tormento sottile. Anche l’indifferenza verso Dio è un tormento e altrettanto la falsità, l’iniquità e la slealtà. In verità tutte le imperfezioni umane sono tormenti, ma sono tormenti sottili. Un uomo che abbia una coscienza preferisce certamente essere ucciso che peccare e farsi tagliare la lingua piuttosto che proferire menzogne o calunnie.

L’altra specie di tormento è tangibile, come, per esempio, le punizioni fisiche, la prigionia, le percosse, l’espul-sione e l’esilio. Ma per il popolo di Dio, il massimo tormento è essere separati da Dio come da un velo.

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GIUSTIZIA E MISERICORDIA DI DIO

Sappiate che giustizia significa dare a ciascuno quello che gli spetta. Per esempio, se un operaio lavora dalla mattina alla sera, la giustizia impone che gli sia pagato un salario. La generosità consiste nel ricompensarlo anche se non ha svolto nessun lavoro e non ha fatto nessuno sforzo. Così quando date l’elemosina a un povero, che non ha fatto alcuno sforzo e che non ha fatto nulla per voi per meritarlo, questa è generosità. Così Cristo invocò il perdono dei responsabili della Sua morte. Questa è generosità.

Ora, la questione dell’eccellenza o dell’infamia delle cose può essere decisa in base alla ragione o in base alla legge religiosa. Alcuni credono che la questione si basi sulla legge religiosa. Così pensano gli ebrei, i quali credono che tutti i comandamenti della Torà siano vincolanti e che non siano una questione di ragione, ma di legge religiosa. Essi dicono che uno dei comandamenti della Torà stabilisce che è illecito mangiare carne e burro insieme, perché questo è «trefah» (e «trefah» in ebraico significa impuro, mentre «kosher» significa puro). Non è una questione di ragione, dicono, ma di legge religiosa.

Ma i filosofi divini pensano che l’eccellenza o l’infamia delle cose dipendano tanto dalla ragione quanto dalla legge religiosa. Così, la proibizione dell’omicidio, del furto, dell’inganno, della falsità, dell’ipocrisia e dell’iniquità si basa sulla ragione. Qualsiasi mente razionale capisce che queste sono cose spregevoli e condannabili. Infatti, se pungete un uomo con una spina, egli grida per il dolore. Perciò egli può capire bene che l’omicidio è spregevole e condannabile secondo ragione. E se commette questo crimine, ne deve essere considerato responsabile, tanto se il messaggio dei Profeti lo ha raggiunto quanto in caso contrario, perché è la ragione che comprende la reprensibilità dell’azione. Quando un uomo commetta una tale cattiva azione, dovrà sicuramente essere chiamato a renderne conto.

Ma se i comandamenti dei Profeti non sono giunti in un luogo e, di conseguenza, le persone non seguono gli insegnamenti divini, esse non sono ritenute responsabili in base alle leggi della religione. Per esempio Cristo ha ingiunto di rispondere alla crudeltà con la gentilezza. Se una persona è ignara di questa ingiunzione e agisce secondo gli impulsi della natura, cioè, se ferisce chi la ferisce, secondo le leggi della religione essa non è ritenuta responsabile, perché questa ingiunzione divina non le è pervenuta. Sebbene questa persona non meriti il dono e il favore di Dio, tuttavia Dio la tratta con misericordia e le concede il perdono.

Ora la vendetta è condannabile anche secondo ragione, perché non è di beneficio al vendicatore. Se un uomo colpisce un altro e la vittima decide di vendicarsi restituendo il colpo, quale vantaggio ne ricava? Sarà forse questo un balsamo per la sua ferita o un rimedio per il suo dolore? No, Dio non voglia! In verità le due azioni sono identiche, sono entrambe un’offesa. L’unica differenza è che una ha preceduto l’altra. Perciò, se la vittima perdona, o meglio ancora, se agisce in modo contrario, questo è degno di lode.

Quanto alla legge della comunità, essa punisce l’ag-gressore, ma non per vendetta. Lo scopo della punizione è scoraggiare e dissuadere, contrastare l’iniquità e l’aggres-sione, per impedire agli altri di alzare le mani per opprimere. Ma se la vittima decide invece di perdonare e di mostrare grandissima misericordia, questo è approvato agli occhi di Dio.

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GIUSTO METODO DI TRATTARE I CRIMINALI

Domanda. I criminali devono essere puniti oppure perdonati e i loro delitti ignorati?

Risposta. Vi sono due specie di azioni retributive. L’una è la vendetta e la ritorsione, l’altra è la punizione e il castigo. L’individuo non ha il diritto di vendicarsi, ma la comunità ha il diritto di punire i criminali. La punizione serve a dissuadere e scoraggiare gli altri dal commettere delitti analoghi. Serve a proteggere i diritti umani e non è una vendetta, perché la vendetta è quella gratificazione interiore che proviene dal restituire pan per focaccia. Ciò non è lecito, perché nessuno ha il diritto di vendicarsi. Ma se i criminali fossero completamente abbandonati a se stessi, l’ordine del mondo ne sarebbe scompaginato. Perciò la punizione è uno dei requisiti essenziali della comunità, ma la parte danneggiata e lesa non ha il diritto di vendicarsi. Deve invece mostrare clemenza e magnanimità, perché questo atteggiamento è degno del mondo umano.

La comunità, invece, deve punire l’oppressore, l’as-sassino e l’aggressore, per dissuadere e scoraggiare gli altri dal commettere delitti analoghi. Ma la cosa più essenziale è che le masse siano educate in modo tale che non si commettano delitti. Infatti è possibile educare la gente in modo tale che essa rifugga dal commettere delitti e che consideri il delitto come il massimo castigo, il peggior tormento e la peggiore punizione. Perciò non si commetterà più nessun delitto che comporti una punizione.

Dobbiamo parlare di cose che si possano realizzare in questo mondo. Vi sono molti ideali e sentimenti eccelsi che non sono realizzabili. Dobbiamo quindi parlare soltanto di cose fattibili.

Per esempio, se una persona offende, ferisce e aggredisce un’altra persona e quest’ultima reagisce facendo altrettanto, questo è vendetta ed è riprovevole. Se Pietro uccide il figlio di Paolo, Paolo non ha il diritto di uccidere il figlio di Pietro. Se lo facesse, sarebbe un atto di vendetta, molto riprovevole. Invece, deve fare l’opposto e mostrare clemenza e, possibilmente, essere d’aiuto all’aggressore. Questo è degno di un uomo, perché quale vantaggio si trae dalla vendetta? Le due azioni si equivalgono. Se una è riprovevole, lo è anche l’altra. L’unica differenza è che l’una ha preceduto l’altra.

Ma la comunità ha il diritto di tutelarsi e di difendersi. Essa non nutre rancore o inimicizia verso l’assassino, ma decide di metterlo in prigione e di punirlo unicamente per assicurare la protezione degli altri. Lo scopo non è la vendetta, ma una punizione che serva a proteggere la comunità. Altrimenti, se tanto la comunità quanto gli eredi della vittima perdonassero e rendessero bene per male, i trasgressori non cesserebbero mai le loro violenze e si commetterebbero molti omicidi, anzi le persone sanguinarie distruggerebbero totalmente il gregge di Dio, come se fossero lupi. La comunità, quando infligge una pena, non è spinta dal malanimo, agisce senza pregiudizi e non cerca di placare un sentimento di vendetta. Punendo si prefigge soltanto di proteggere gli altri e di impedire che in futuro siano commesse altre azioni spregevoli.

Così, quando Cristo disse: «se alcuno ti percuote in su la guancia destra, rivolgigli ancor la sinistra»,153 lo fece per educare la gente e non per dire che si debba aiutare un lupo che ha assalito un gregge di pecore e le sta divorando. No, se Cristo avesse saputo che un lupo fosse entrato nell’ovile e stesse per uccidere le pecore, glielo avrebbe certamente impedito.

Come il perdono è uno degli attributi della misericordia di Dio, così anche la giustizia è uno degli attributi della Sua signoria. La tenda dell’esistenza è sorretta dal palo della giustizia e non da quello della misericordia e la vita dell’umanità non dipende dalla misericordia, ma dalla giustizia. Perciò se ora tutti i paesi emanassero un decreto di amnistia, il mondo intero ne sarebbe dissestato e le fondamenta della vita umana si sgretolerebbero. Allo stesso modo, se le potenze europee non si fossero opposte al famigerato Attila, egli non avrebbe lasciata viva una sola anima.

Alcune persone sono veramente lupi assetati di sangue. Se non si aspettassero una punizione, ucciderebbero per puro piacere e diversivo. Uno dei tiranni della Persia uccise il suo tutore per puro divertimento, per spasso, per sport. Il celebre Mutavakkil, il famoso califfo abbaside, convocava i ministri, i deputati e i funzionari, apriva davanti a loro una scatola piena di scorpioni, proibendo loro di muoversi, e quando uno di loro veniva punto, scoppiava in fragorose risate.

Ricapitolando, il buon funzionamento della collettività non dipende dalla clemenza, ma dalla giustizia. Pertanto ciò che Cristo intendeva per clemenza e magnanimità non è che quando una nazione vi assale, brucia le vostre case, saccheggia i vostri beni, aggredisce le vostre mogli, i vostri figli e i vostri parenti e viola il vostro onore, dovete sottomettervi a quel dispotico esercito e permettergli di commettere atti di malvagità e di oppressione. No, le parole di Cristo si riferiscono alle transazioni private fra due persone, affermando che se una persona assale un’altra, la parte lesa deve perdonare. Ma la comunità deve proteggere i diritti umani. Così, se qualcuno mi assale, mi offende, mi vessa e mi ferisce, non devo contrastarlo ma devo perdonarlo. Ma se una persona vuole assalire Siyyid Manshádí,154 glielo impedirò sicuramente. La non interferenza sarebbe una gentilezza verso il malfattore, ma nei confronti di Manshádí sarebbe un sopruso. Così, se in questo momento un arabo selvaggio entrasse nella sala brandendo una spada, intenzionato ad aggredirvi, ferirvi o uccidervi, glielo impedirei sicuramente. Se vi abbandonassi alla sua mercé, quella non sarebbe giustizia, ma un sopruso. Ma se egli facesse del male a me personalmente, lo perdonerei.

Un ultimo punto: le comunità si occupano giorno e notte di promulgare leggi penali e di organizzare strumenti e mezzi di punizione. Costruiscono prigioni, comprano catene e ceppi e predispongono luoghi di esilio e di confino, di pena e di tortura, cercando così di correggere i criminali, mentre in realtà questo porta alla degradazione della morale e alla sovversione dei caratteri. La comunità deve invece sforzarsi e impegnarsi notte e giorno col massimo zelo per ottenere che le anime siano correttamente educate, che progrediscano giorno dopo giorno, che avanzino nella scienza e nella conoscenza, che acquisiscano lodevoli virtù e modi encomiabili e che dimentichino i comportamenti violenti, in modo che non si commettano delitti. Attualmente succede il contrario. La comunità pensa sempre a rafforzare le leggi penali e a procurarsi mezzi di punizione, strumenti di morte e di castigo e luoghi di prigionia e di esilio, aspettandosi che si commettano delitti. Il che ha un effetto peggiorativo.

Ma, se le masse fossero educate in modo che il sapere e la cultura crescessero giorno dopo giorno, la comprensione si allargasse, la sensibilità si raffinasse, la morale migliorasse e i costumi si correggessero, in breve, in modo che vi fosse progresso in tutti i gradi della perfezione, il numero dei delitti diminuirebbe.

L’esperienza ha dimostrato che i delitti sono meno frequenti fra i popoli civili – vale a dire fra coloro che hanno acquisito la vera civiltà. E la vera civiltà è la civiltà divina, la civiltà di coloro che abbinano perfezioni materiali e spirituali. Infatti la causa dei delitti è l’ignoranza. Tanto maggiori sono la conoscenza e la cultura, tanto meno delitti sono commessi. Pensate alle anarchiche tribù dell’Africa: quante volte si uccidono, quante volte mangiano la carne e bevono il sangue altrui! Perché queste barbarie non accadono in Svizzera? La ragione è, chiaramente, l’educazione e le virtù.

Le comunità devono quindi cercare in primis di prevenire i delitti, piuttosto che escogitare dure punizioni e castighi.

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LO SCIOPERO

Mi avete chiesto dello sciopero. Questo problema è, e sarà ancora per molto tempo, causa di gravi difficoltà. L’origine di queste difficoltà è duplice. L’una è l’estrema avidità e ingordigia dei proprietari delle fabbriche, l’altra, le richieste eccessive, l’avidità e l’intransigenza dei lavoratori. Si deve quindi cercare di rivolgersi a entrambi.

Ma la ragione principale di queste difficoltà risiede nella legge della natura che governa la civiltà attuale, perché essa comporta che un pugno di persone può accumulare immense fortune, di gran lunga superiori ai loro bisogni, mentre la maggior parte resta povera, indigente e indifesa. Il che è l’opposto della giustizia, dell’umanità e dell’equità, il colmo dell’ineguaglianza e contrario al compiacimento divino.

Questa disparità è presente solo nel mondo umano. Fra le altre creature, cioè fra gli animali, c’è una certa forma di giustizia e di uguaglianza. Così c’è uguaglianza in un gregge di pecore o in un branco di daini in campagna e nelle foreste, o fra gli uccelli che vivono sui monti, nelle pianure o nei frutteti. Fra gli animali di tutte le specie c’è una certa uguaglianza, fra loro non esistono differenze nei mezzi di sussistenza e perciò essi vivono nella pace e nella gioia più complete.

Ben altro accade nella specie umana, che persiste nella massima oppressione e ingiustizia. Così potete vedere, da una parte, una persona che ha accumulato una fortuna, che ha fatto di un paese un proprio possedimento, che si è procurata un’immensa ricchezza e si è assicurata un incessante afflusso di introiti e profitti e, dall’altra, centomila sventurati, deboli e impotenti, che non hanno nemmeno un tozzo di pane. Non c’è uguaglianza, qui, non c’è benevolenza. Così vedete che, di conseguenza, mancano la pace e la felicità e il benessere dell’umanità è distrutto, a tal punto che la vita di una vasta moltitudine è stata resa inutile. Infatti, le ricchezze, il potere, il commercio e l’industria sono tutti concentrati nelle mani di poche persone, mentre tutti gli altri faticano sotto il peso di pene e difficoltà infinite, sono privi di vantaggi e benefici e non hanno né agi né pace. Si devono dunque promulgare leggi e norme per regolare le eccessive ricchezze dei pochi e venire incontro ai bisogni fondamentali di miriadi di milioni di poveri, per ottenere un certo grado di moderazione.

Ma l’uguaglianza assoluta è altrettanto impossibile, perché l’assoluta uguaglianza nelle ricchezze, nel potere, nel commercio, nell’agricoltura e nell’industria porterebbe al caos e al disordine, turberebbe i mezzi di sussistenza, susciterebbe un generale scontento e distruggerebbe l’or-dinata conduzione degli affari della comunità. Infatti anche l’immotivata eguaglianza è pericolosa. È perciò preferibile conseguire un certo grado di moderazione e per moderazione si intende l’applicazione di leggi e regolamenti che impediscano un’arbitraria concentrazione di ricchezze nelle mani di pochi e che tutelino i bisogni essenziali delle masse. Per esempio, i proprietari delle fabbriche accumulano una fortuna ogni giorno, ma il salario dei poveri lavoratori non basta nemmeno per le necessità quotidiane. Questo è il colmo dell’ingiustizia e sicuramente nessuna persona giusta può accettarlo. Perciò, si devono promulgare leggi e regolamenti che garantiscano agli operai un salario quotidiano e una partecipazione per un quarto o un quinto degli utili della fabbrica, a seconda dei suoi mezzi, oppure un’altra modalità che riconosca ai lavoratori un’equa partecipazione ai profitti dei proprietari. Infatti, il capitale e la direzione vengono dai proprietari, il lavoro e la fatica dai lavoratori. I lavoratori devono ricevere salari adeguati ai bisogni quotidiani e il diritto di partecipare ai guadagni delle fabbriche, quando sono infortunati, disabili o incapaci di lavorare, oppure devono ricevere un salario che permetta loro sia di soddisfare le necessità quotidiane sia di risparmiare qualcosa per i giorni di debolezza e incapacità.

Se le cose fossero organizzate in questo modo, i proprietari delle fabbriche non ammasserebbero, ogni giorno, ricchezze che a loro non servono. Infatti, se la fortuna cresce oltre misura, si soccombe sotto un enorme peso, ci si trova nella massima difficoltà e preoccupazione, perché la gestione di una ricchezza eccessiva è molto difficile ed esaurisce la forza naturale dell’uomo. Nello stesso tempo i lavoratori non dovrebbero più sopportare fatiche e difficoltà tali da diventare disabili e da essere esposti, alla fine della vita, alle peggiori privazioni.

È quindi chiaro ed evidente che l’appropriazione di ricchezze eccessive da parte di poche persone, a dispetto dei bisogni delle masse, è un’iniquità e un’ingiustizia e che, invece, anche l’uguaglianza assoluta scompaginerebbe l’esistenza, il benessere, la serenità, la pace e la vita ordinata della razza umana. In queste questioni, la cosa migliore è senz’altro la moderazione, che si ottiene quando i ricchi riconoscono i vantaggi della moderazione nel-l’acquisire profitti e del tener conto del benessere dei poveri e dei bisognosi, cioè stabiliscono un salario giornaliero per i lavoratori e concedono loro di partecipare agli utili complessivi della fabbrica.

In breve, quanto ai reciproci diritti comuni dei proprietari delle fabbriche e dei lavoratori, si devono promulgare leggi che concedano ai proprietari ragionevoli profitti e ai lavoratori i mezzi necessari alle necessità presenti e future, così che, se diventano inabili al lavoro, quando invecchiano o muoiono e lasciano figli in tenera età, essi e i loro figli non siano schiacciati da una miseria disperata, ma ricevano una modesta pensione dagli introiti della fabbrica.

Da parte loro, i lavoratori non devono avanzare eccessive pretese, né ostinarsi, né pretendere più di quanto meritino, né scioperare. Devono essere obbedienti e rispettosi e non chiedere salari esorbitanti. Ma i giusti diritti reciproci di ambedue le parti devono essere ufficialmente fissati e stabiliti in base a leggi giuste e compassionevoli e se una delle due parti le viola, essa deve essere condannata dopo un giusto processo e sottoposta a un verdetto definitivo che il braccio esecutivo farà osservare, così che tutti gli affari siano appropriatamente ordinati e tutti i problemi adeguatamente risolti.

L’intervento del governo e della magistratura nelle vertenze fra proprietari e lavoratori è del tutto legale, perché esse non sono questioni private come le ordinarie transazioni fra due persone, che non riguardano il pubblico e nei quali il governo non deve avere alcun diritto di interferire. Infatti, sebbene sembrino questioni private, le vertenze fra proprietari e lavoratori nuocciono al bene comune, perché gli affari commerciali, industriali e agricoli e gli affari generali del paese sono tutti strettamente collegati. Il danno di uno è una perdita per tutti. E poiché le vertenze fra i proprietari e i lavoratori sono nocive al bene comune, il governo e la magistratura hanno il diritto di intervenire.

Anche in caso di vertenze fra due persone, quando esse coinvolgano particolari diritti, è necessario che intervenga una terza parte, cioè il governo, per risolvere la disputa. Questo è compito dello Stato. Come si potrebbe trascurare, dunque, il problema degli scioperi, che disturbano tutta la nazione, tanto se dipendono dalle richieste eccessive dei lavoratori, quanto se sono dovuti all’avidità eccessiva dei proprietari?

Buon Dio! È mai possibile che, vedendo un suo simile affamato, indigente e bisognoso, un uomo possa vivere in pace e tranquillo in una splendida villa? Com’è possibile vedere gli altri in miseria e godere della propria fortuna? Ecco perché nelle religioni divine è prescritto che i ricchi offrano ogni anno una parte delle loro ricchezze per il sostentamento dei poveri e dei bisognosi. Questa è una delle basi della religione di Dio ed è vincolante per tutti. Dato che attualmente nessuno è obbligato dall’esterno o costretto dal governo a farlo, ma che ciascuno aiuta i poveri spinto dal proprio buon cuore in uno spirito di gioia e di radiosità, questa azione è altamente lodevole, approvata e gradita.

Questo è il significato delle buone azioni menzionate nei Libri celestiali e nelle sacre Scritture.

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LA REALTÀ DEL MONDO ESTERIORE

I sofisti pensano che l’esistenza sia tutta illusoria, che ogni essere sia un’assoluta illusione affatto priva di esistenza – in altre parole, che l’esistenza delle cose create sia come un miraggio, come il riflesso di un’immagine nell’acqua o in uno specchio, una mera apparenza priva in sé di una base, di un fondamento o di una realtà accertabile.

Questa teoria è sbagliata perché, sebbene l’esistenza delle cose sia illusoria rispetto a quella di Dio, tuttavia nel mondo contingente essa è stabilita, dimostrata e innegabile. Per esempio, l’esistenza del minerale è inesistenza rispetto a quella dell’uomo, perché quando l’uomo muore fisicamente, il suo corpo diventa un minerale, ma – nel regno minerale – il minerale esiste. È quindi chiaro che, in relazione all’esistenza dell’uomo, la terra è inesistente o ha un’esistenza illusoria, ma, in relazione al regno minerale, essa esiste.

Allo stesso modo, confrontata con l’esistenza di Dio, l’esistenza delle cose create è pura illusione e assoluta inesistenza, è una mera apparenza come un’immagine riflessa in uno specchio. Ma, sebbene questa immagine sia illusoria, la sua sorgente e la sua realtà è la persona rispecchiata, la cui immagine appare nello specchio. In breve, nei confronti di ciò che si rispecchia il riflesso è un’illusione. È pertanto evidente che, sebbene, in relazione all’esistenza di Dio, le cose create non abbiano esistenza, ma siano invece come un miraggio o un’immagine riflessa in uno specchio, pure nel loro grado esistono.

Questa è la ragione per cui di coloro che erano incuranti di Dio e negavano la Sua verità, Cristo disse che erano morti, sebbene fossero, evidentemente, vivi, perché, confrontati con i fedeli, essi erano morti, ciechi, sordi e muti. Questo intese dire Cristo quando esclamò: «Lascia i morti seppellire i loro morti».155

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LA VERA PREESISTENZA

Domanda. Quante specie di preesistenza e di originazione esistono?

Risposta. Alcuni sapienti e alcuni filosofi ammettono due specie di preesistenza, essenziale e temporale, e due specie di originazione, essenziale e temporale.

La preesistenza essenziale è quella che non è preceduta da una causa, l’originazione essenziale è preceduta da una causa. La preesistenza temporale non ha principio, l’originazione temporale ha un principio e una fine. Infatti l’esistenza di ciascuna cosa dipende da quattro cause: la causa efficiente, la causa materiale, la causa formale e la causa finale.156 Per esempio, questa sedia ha un fabbricante, che è il falegname, una materia, che è il legno, una forma, che è quella di una sedia e uno scopo, che è quello di essere usata come sedile. Perciò, questa sedia è essenzialmente originata, in quanto è preceduta da una causa e la sua esistenza dipende da essa. Si dice che questa originazione è essenziale o intrinseca.

Il mondo dell’esistenza, nei confronti del suo Creatore, è intrinsecamente originato. Parimenti, il corpo, poiché dipende dallo spirito e ne è sostenuto, è, nei confronti dello spirito, essenzialmente originato. Invece, lo spirito può fare a meno del corpo e, perciò, è essenzialmente preesistente rispetto al corpo. Sebbene i raggi siano sempre inseparabili dal sole, il sole è preesistente e i raggi sono originati. Infatti l’esistenza dei raggi dipende da quella del sole, ma l’esistenza del sole non dipende da quella dei raggi. Il sole è il donatore della grazia e i raggi sono la grazia.

La seconda considerazione è che l’esistenza e l’inesistenza sono entrambe relative. Se diciamo che una certa cosa è stata portata all’esistenza dall’inesistenza, non s’intende inesistenza assoluta, ma s’intende che la condizione precedente, confrontata con quella attuale, era inesistenza. Infatti l’inesistenza assoluta non può diventare esistenza, in quanto non ha in sé la capacità di esistere. L’uomo esiste, come esiste il minerale, ma l’esistenza del minerale è inesistenza nei confronti di quella dell’uomo, perché il corpo umano, quando è distrutto, diventa polvere e minerale e quando la polvere progredisce nel mondo umano e questo esanime corpo materiale diventa vivo, l’uomo accede all’esistenza. Sebbene la polvere, cioè il minerale, esista nel proprio stadio, in relazione all’uomo essa è inesistenza. Intendiamo dire che entrambi esistono, ma, nei confronti dell’uomo, l’esistenza della polvere e del minerale è inesistenza, perché quando muore, l’uomo diventa polvere e minerale.

Perciò il mondo contingente esiste, ma nei confronti dell’esistenza di Dio è inesistenza e nullità. L’uomo e la polvere esistono entrambi, ma quale differenza fra l’esistenza del minerale e quella dell’uomo! Paragonata alla seconda, la prima è inesistenza. Allo stesso modo, in relazione all’esistenza di Dio, l’esistenza del creato è inesistenza. Così, sebbene l’universo esista, nei confronti di Dio esso è inesistente.

Appare quindi chiaro ed evidente che le cose create esistono, ma in relazione a Dio e alla Sua Parola sono inesistenti. Queste sono la «primità» e «l’ultimità» della Parola di Dio, Che dice: «Io sono l’Alfa e l’Omega», perché Egli è la fonte della grazia e la sua meta finale. Il Creatore ha sempre avuto una creazione, i raggi sono sempre emanati e hanno brillato dal Sole della Verità, perché un sole senza luce sarebbe buio impenetrabile. I nomi e gli attributi di Dio esigono l’esistenza delle cose e non si può prevedere la possibilità che l’effusione dell’antica grazia di Dio cessi, perché questo sarebbe contrario alle perfezioni divine.

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REINCARNAZIONE

Domanda. Che dire della reincarnazione, una credenza sostenuta dai seguaci di alcune religioni?

Risposta. Quanto stiamo per esporre intende spiegare la verità, non già denigrare le credenze altrui. Vogliamo soltanto illustrare i fatti e niente altro. Altrimenti, non siamo inclini a contestare le credenze alle quali alcuni sono profondamente legati e non approviamo questo tipo di comportamento.

Sappiate, dunque, che coloro che credono nella reincarnazione sono di due tipi. Gli uni non credono nella punizione o nel premio spirituali nel mondo avvenire e suppongono invece che l’uomo ottenga punizioni e ricompense, reincarnandosi e ritornando in questo mondo. Essi ritengono che il paradiso e l’inferno si trovino in questo mondo materiale e non credono nell’esistenza del mondo al di là. Anche questo gruppo è diviso in due. Una parte pensa che l’uomo possa ritornare in questo mondo sotto forma animale in caso di una severa punizione e che, dopo aver sopportato questo doloroso tormento, egli proceda dal regno animale a quello umano. Essi la chiamano trasmigrazione. L’altra parte crede che l’uomo ritorni a vivere nello stesso mondo umano dal quale è partito e che in questo ritorno egli ottenga ricompense e punizioni meritate nella vita precedente. Essi la chiamano reincarnazione. Entrambe queste divisioni non credono a un mondo al di là di questo.

Il secondo gruppo di coloro che credono nella reincarnazione crede in un altro mondo e considera la reincarnazione uno strumento di perfezionamento, cioè crede che con questo andirivieni dal mondo l’uomo acquisisca gradualmente le perfezioni fino a raggiungere la massima perfezione. In altri termini, gli uomini sono composti di materia e di energia. All’inizio, vale a dire nel primo ciclo, la materia è imperfetta, ma, ritornando ripetutamente in questo mondo, progredisce e acquisisce raffinatezza e sottigliezza fino a diventare come uno specchio levigato. Allora l’energia, che è lo spirito, vi si realizza pienamente con tutte le sue perfezioni.

Questa è una breve presentazione delle credenze di coloro che credono nella reincarnazione e nella trasmigrazione. Se dovessimo entrare nei dettagli, si perderebbe troppo tempo. Questo riassunto è sufficiente. Essi non hanno nessuna argomentazione e nessuna prova logica a sostegno della loro credenza, che non si basa argomenti conclusivi, ma su semplici congetture e su prove indiziarie. A coloro che credono nella reincarnazione non si devono congetture e premonizioni, ma prove.

Mi avete chiesto argomentazioni sull’impossibilità della reincarnazione. Dobbiamo dunque spiegare perché essa è impossibile. La prima prova è che l’esteriore è espressione dell’interiore. Il regno terreno è lo specchio del Regno celeste, il mondo materiale corrisponde al mondo spirituale. Osservate come nel mondo sensibile le apparizioni divine non si ripetano, perché nessuna cosa creata può essere, in nessun aspetto, identica a un’altra. Il segno dell’Unità divina è presente e visibile in tutte le cose. Se tutti i granai del mondo fossero pieni di grano, avreste difficoltà a trovare due chicchi assolutamente identici e indistinguibili sotto ogni aspetto. È certo che fra i vari chicchi vi sono differenze e distinzioni. Ora, poiché la prova dell’Unità divina è presente in tutte le cose e l’unicità e la singolarità di Dio sono visibili nelle realtà di tutte le cose, la ripetizione di una medesima apparizione divina è assolutamente impossibile. Perciò la reincarnazione, che è la ripetuta manifestazione in questo mondo dello stesso spirito nella sua essenza e nella sua condizione precedenti, sarebbe la medesima apparizione e perciò è impossibile. E poiché la ripetizione della stessa apparizione è impossibile per le cose materiali, la ripetuta assunzione dello stesso stadio, tanto nell’arco discendente quanto in quello ascendente, è preclusa anche agli esseri spirituali, poiché il mondo materiale corrisponde a quello spirituale.

Per quanto riguarda la specie, il ritorno e le ricorrenze sono chiaramente visibili nelle realtà materiali. Cioè, gli alberi che hanno prodotto foglie, boccioli e frutti negli anni precedenti producono le stesse foglie, gli stessi boccioli e gli stessi frutti negli anni successivi. Questo si chiama ricorrenza della specie. Se qualcuno obiettasse che le foglie, i boccioli e i frutti si sono decomposti, sono discesi dal mondo vegetale al mondo minerale e poi sono ritornati a quello vegetale e quindi c’è stata una ricorrenza, risponderemmo che i boccioli, le foglie e i frutti dell’anno scorso si sono decomposti e che i loro elementi componenti si sono disintegrati e dispersi. Non è accaduto che le stesse particelle delle foglie e dei frutti dell’anno scorso, che si erano decomposte, si sono ricomposte e sono ritornate. È l’essenza della specie che è ritornata grazie alla combinazione di nuovi elementi. Analogamente, il corpo umano si disintegra completamente dopo la decomposizione e la dispersione delle parti che lo costituiscono. Se quel corpo dovesse ritornare dal mondo minerale o vegetale, non sarebbe formato dagli stessi costituenti che formavano la precedente persona, perché i suoi elementi si sono decomposti, disintegrati e dispersi nello spazio. In seguito altri costituenti elementari si combinano e si forma un nuovo corpo. E se può accadere che alcuni costituenti del corpo precedente entrino nella composizione del corpo formatosi in seguito, quei costituenti non si sono conservati esattamente e completamente, senza aggiunte o diminuzioni, per potersi ricomporre e dare origine a un altro individuo grazie alla loro composizione e combinazione. Non si può dunque dedurre che quel corpo sia ritornato con tutte le sue parti costituenti, che l’uomo precedente sia divenuto quello susseguente e che di conseguenza vi sia stata una ricorrenza, che anche lo spirito, come il corpo, sia ritornato e che la sua essenza sia ritornata in questo mondo dopo la morte.

E se diciamo che la reincarnazione serve a conseguire la perfezione, affinché la materia si purifichi e si raffini e la luce dello spirito vi si manifesti nella massima perfezione, anche questo è pura fantasia. Infatti, anche accettando questa supposizione, il rinnovamento dell’esistenza di un oggetto non può comportare la trasformazione della sua essenza. Infatti, la sostanza dell’imperfezione, ritornando, non diventa la realtà della perfezione. L’assoluta oscurità non può diventare sorgente di luce. La totale debolezza non può diventare potenza e forza e un’essenza terrena non può diventare una realtà celeste. L’albero infernale,157 per quante volte ritorni, non darà mai frutti dolci e l’albero buono non darà mai frutti amari. È quindi evidente che la ricorrenza e il ritorno nel mondo materiale non sono strumenti per conseguire la perfezione e che questa supposizione non si basa su prove o testimonianze. È una semplice congettura. No, in realtà il conseguimento della perfezione dipende dalla grazia di Dio.

I teosofi credono che l’uomo riappaia molte volte nell’arco ascendente fino a raggiungere il Centro Supremo, nel quale la materia diventa come uno specchio immacolato, la luce dello spirito risplende nella pienezza del suo potere e si consegue la perfezione essenziale. Ma coloro che hanno esaminato approfonditamente i temi della teologia sanno per certo che i mondi materiali terminano alla fine dell’arco discendente, che la condizione dell’uomo si trova alla fine dell’arco discendente e al principio di quello ascendente, che è opposto al Centro Supremo e che dal principio alla fine dell’arco ascendente i gradi del progresso sono di natura spirituale. L’arco discendente è detto «ciò che produce» e quello ascendente «ciò che ricrea». L’arco discendente finisce nelle realtà materiali e quello ascendente in quelle spirituali. Nel descrivere un cerchio la punta del compasso non compie alcun movimento retrogrado, perché questo sarebbe contrario al movimento naturale e all’ordine divino, altrimenti sciuperebbe la regolarità del cerchio.

Inoltre, questo mondo materiale non è così prezioso o vantaggioso che l’uomo, una volta liberato da questa gabbia, debba cercare di ricadere nella sua trappola. No, mercé la grazia eterna di Dio, la vera capacità e la vera recettività della realtà umana non diventano chiare e apparenti mediante la ricorrenza e il ritorno, ma attraversando i gradi dell’esistenza. Non appena la conchiglia si apre, diventa chiaro ed evidente se essa contiene una perla fulgente oppure una materia priva di valore. Una volta cresciuta, la pianta produce fiori oppure spine. Non occorre che ricresca. A parte questo, avanzare nei mondi e attraversarli direttamente secondo l’ordine naturale è causa dell’esistenza e muoversi contro l’ordine naturale e la disposizione delle cose è causa di estinzione. Il ritorno dello spirito dopo la morte è incompatibile con il movimento naturale e contrario all’ordine divino.

Perciò, è assolutamente impossibile ottenere l’esistenza mediante il ritorno. È come se un uomo, dopo essere stato liberato dal mondo del grembo materno, dovesse ritornarvi. Considerate quanto infondati siano i concetti di coloro che credono nella reincarnazione e nella trasmigrazione! Essi considerano il corpo umano un recipiente e lo spirito il suo contenuto, come una tazza e l’acqua e pensano che l’acqua è rimossa da una tazza e versata in un’altra. È una nozione infantile. Essi non riflettono abbastanza per capire che lo spirito è una cosa totalmente incorporea, che non entra e non esce e che, tutt’al più, è collegata con il corpo come il sole lo è con uno specchio. Se lo spirito potesse realmente attraversare tutti i gradi e conseguire la perfezione essenziale ritornando ripetutamente in questo mondo materiale, sarebbe assai meglio che Dio prolungasse la vita dello spirito in questo mondo materiale, affinché possa acquisire virtù e perfezioni e quindi non ci sarebbe bisogno che esso assaggi la coppa della morte ed entri in questa vita una seconda volta.

Questa idea ha origine dal fatto che alcuni di coloro che credono nella reincarnazione s’immaginano che l’esistenza sia circoscritta entro questo mondo perituro e negano l’esistenza degli altri mondi di Dio, mentre in realtà questi ultimi sono infiniti. Se i mondi di Dio culminassero in questo mondo materiale, tutta la creazione sarebbe inutile e l’esistenza sarebbe un trastullo infantile. Infatti il risultato finale di questo sconfinato universo, che è la nobilissima realtà dell’uomo, andrebbe e verrebbe per pochi giorni in questa effimera dimora e riceverebbe premi e ricompense. Alla fine, tutto conseguirebbe la perfezione, la creazione di Dio con i suoi infiniti esseri esistenti giungerebbe a completezza e compimento, cosicché la divinità del Signore e i nomi e gli attributi di Dio cesserebbero di avere effetto e influenza sugli esseri spirituali che ora esistono. «Lungi dalla gloria del tuo Signore, il gloriosissimo, ciò che le Sue creature affermano di Lui!».158

Le limitate menti degli antichi filosofi, come Tolomeo e altri, credevano che il regno della vita e dell’esistenza fosse circoscritto in questo globo terrestre e si immaginavano che questo sconfinato spazio fosse contenuto nelle nove sfere celesti, che erano del tutto vuote e vacue. Considerate i limiti dei loro pensieri e la debolezza dei loro ragionamenti! Anche coloro che credono nella reincarnazione immaginano che i mondi spirituali siano confinati in quei regni che l’immaginazione umana può concepire. Alcuni di loro, come i drusi e i nuṣayrí, credono che l’esistenza sia circoscritta in questo mondo materiale. Quale stolta supposizione! Infatti, in questo universo di Dio, che appare nel massimo della perfezione, della bellezza e della grandiosità, i corpi luminosi dell’universo materiale sono infiniti. Ne deduciamo dunque quanto siano illimitati e sconfinati i reami spirituali di Dio, che ne sono le fondamenta essenziali. «Siate attenti, o voi che avete intuito!».159

Ma ritorniamo al tema originario. Nei Libri sacri e nelle Scritture divine si parla di «ritorno», ma gli ignoranti non sono riusciti a comprenderne i significati e si sono immaginati che si riferissero alla reincarnazione. Infatti, ciò che i Profeti intendevano per «ritorno» non è il ritorno dell’essenza, ma degli attributi. Non è il ritorno della Manifestazione, ma delle Sue perfezioni. Nel Vangelo è detto che Giovanni figlio di Zaccaria è Elia. Ma queste parole non stanno a indicare il ritorno dell’anima razionale e della personalità di Elia nel corpo di Giovanni, sibbene che le perfezioni e gli attributi di Elia erano divenute manifeste ed evidenti in Giovanni.160

Ieri sera in questa stanza c’era una lampada accesa. Stasera, quando si accenderà un’altra lampada, diremo che la luce di ieri sera risplende di nuovo. Quando l’acqua che ha cessato di sgorgare da una fonte rincomincia a scorrere, diciamo che quell’acqua è la stessa che scorre ancora, oppure, diciamo che questa luce è identica a quella di prima. Analogamente, la scorsa primavera fiori ed erbe odorose sono sbocciati e sono maturati deliziosi frutti. L’anno venturo diremo che quei deliziosi frutti e quei boccioli, quei fiori e quelle dolci erbe sono ritornati. Ciò non significa che gli stessi componenti dei fiori dell’anno scorso, dopo essersi decomposti, si siano ricombinati e siano ritornati. No, il significato è che la freschezza e la delicatezza, il delizioso profumo e i meravigliosi colori dei fiori dell’anno scorso si ritrovano esattamente nei fiori di quest’anno. In breve, il punto è la somiglianza esistente tra i fiori precedenti e quelli attuali. Il «ritorno» di cui si parla nelle sacre Scritture è questo. Bahá’u’lláh lo spiega ampiamente nel Kitáb-i-Íqán. Consultatelo, in modo da essere informati della verità dei misteri divini. Lode e salute a voi!

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PANTEISMO

Domanda. Qual è la natura dell’«unità dell’esistenza» proposta dai teosofi e dai sufi e che cosa essi intendono realmente?161 Questa credenza, è vera oppure no?

Risposta. Sappiate che l’idea dell’unità dell’esistenza è antica e non riguarda solo i teosofi e i sufi. Essa è stata adottata anche da alcuni filosofi greci, come Aristotele, il quale disse: «La realtà semplice è tutte le cose, ma non è nessuna di essa».162 In questo caso «semplice» è l’opposto di «composto», vale a dire, la Realtà isolata, purificata e santificata da composizioni e divisioni, si risolve in innumerevoli forme. Perciò l’Esistenza reale è tutte le cose, ma non è nessuna di esse.

I sostenitori dell’unità dell’esistenza ritengono che l’Esistenza reale sia come il mare e che tutte le cose create siano come le onde. Le onde, che stanno a indicare le cose create, sono le forme innumerevoli che l’Esistenza reale assume. Perciò la sacra Realtà è il mare preesistente e le innumerevoli forme delle cose create sono le onde che ne hanno origine.

Analogamente, essi paragonano tutto questo all’Uno e agli infiniti numeri, nel senso che l’Uno si manifesta nei gradi degli infiniti numeri, perché i numeri sono la ripetizione dell’Uno. Così il numero due è la ripetizione di uno e altrettanto dicasi degli altri numeri.

Una delle loro prove è questa. Tutte le cose create sono oggetto della conoscenza divina e non può darsi conoscenza senza un oggetto da conoscere, poiché la conoscenza è relativa a ciò che esiste e non a ciò che non esiste. In realtà, come potrebbe l’assoluta inesistenza conseguire specificazione e individuazione nello specchio della conoscenza. Ne consegue che le realtà di tutte le cose create, che sono oggetto della conoscenza dell’Altissimo, hanno un’esistenza intellegibile, in quanto esse sono le forme della conoscenza divina e sono preesistenti, perché la conoscenza divina è preesistente. Se la conoscenza è preesistente, lo è anche il suo oggetto. E le specificazioni e le individuazioni delle cose create, che sono oggetti della conoscenza preesistente dell’Essenza divina, sono identiche alla conoscenza divina. Infatti le realtà, la conoscenza e gli oggetti della conoscenza dell’Essere divino sono in uno stato di assoluta unità. Altrimenti, l’Essenza divina diverrebbe sede di fenomeni multipli e si renderebbe necessaria una molteplicità di preesistenze, il che è assurdo.

Perciò, essi pensano, è dimostrato che gli oggetti della conoscenza sono identici alla conoscenza e che la conoscenza è a sua volta identica all’Essenza, cioè il conoscitore, la conoscenza e gli oggetti della conoscenza sono un’unica realtà. Ogni altra concezione porterebbe necessariamente a una pluralità di preesistenze e a un infinito regresso e, in definitiva, a infinite preesistenze. E poiché le individuazioni e le specificazioni delle cose create nella conoscenza di Dio sono identiche alla Sua Essenza e totalmente indistinguibili da essa, così è prevalsa una vera unità e tutti gli oggetti della conoscenza sono stati compresi e incorporati, in modo semplice e indiviso, nella realtà dell’Essenza divina. In altre parole, esse sono oggetti della conoscenza dell’Altissimo, in modo semplice e indiviso, e identiche alla Sua Essenza. E quando Dio apparve manifestandoSi, queste individuazioni e specificazioni, che avevano un’esistenza intellegibile – che erano, cioè, le forme della conoscenza di Dio – hanno trovato un’esistenza reale nel mondo esterno e così quell’Esistenza reale Si è risolta in infinite forme. Questa è la base della loro argomentazione.

Teosofi e sufi si dividono in due gruppi. L’uno comprende la massa che crede nell’unità dell’esistenza per semplice imitazione senza comprendere il vero significato degli insegnamenti dei loro rinomati capi. Infatti la massa dei sufi crede che «Esistenza» significhi l’esistenza comune, compresa dalla mente e dall’intelletto dell’uomo, quella cioè, che l’uomo può intendere.

Invece, questa esistenza comune è uno degli accidenti che compenetrano le realtà delle cose create, mentre le essenze degli esseri sono la sostanza. L’esistenza accidentale, che dipende dalle cose come le proprietà delle cose dipendono da esse, è un accidente fra gli accidenti.

Ora, certamente la sostanza è superiore all’accidente, perché la sostanza è primaria e l’accidente è secondario. La sostanza esiste da se stessa, mentre l’accidente dipende da altro – cioè richiede una sostanza grazie alla quale possa esistere.

In questo caso, Dio sarebbe secondario al creato e ne avrebbe bisogno e il creato potrebbe fare a meno di Lui.

Per piegare ulteriormente, ogni qual volta gli elementi singoli si combinano secondo l’ordine divino universale, un dato essere viene al mondo dell’esistenza. Vale a dire, quando certi elementi si combinano, si produce un’esistenza vegetale. Quando si combinano altri elementi, nasce un’esistenza animale. Si combinano altri elementi ancora e se ne producono creature diverse. In ciascun caso, l’esi-stenza delle cose è una conseguenza delle loro realtà. Come potrebbe accadere che questa esistenza, che è un accidente fra altri accidenti e che necessita di una sostanza grazie alla quale possa esistere, sia essenzialmente preesistente e l’Autore di tutte le cose?

Ma, dopo aver attentamente esaminato il problema, i veri saggi fra i teosofi e i sufi hanno concluso che esistono due tipi di esistenza. L’una è questa esistenza comune, che è compresa dalla mente dell’uomo. Essa è originata ed è uno dei tanti accidenti, mentre le realtà sono sostanze. Ma ciò che si intende per unità dell’esistenza non è questa esistenza che tutti percepiscono, bensì la vera Esistenza, santificata ed eccelsa al di sopra di ogni espressione, un’Esistenza grazie alla quale tutte le cose esistono. Questa Esistenza è una, grazie ad Essa tutte le cose sono venute al mondo, come la materia, l’energia e questa esistenza comune che è percepita dalla mente umana. Questa è la verità di ciò che i teosofi e i sufi credono.

In breve, tanto i Profeti quanto i filosofi sono d’accordo su un punto, cioè, che la causa grazie alla quale tutte le cose esistono è una sola. La differenza e che i Profeti insegnano che La conoscenza di Dio non ha bisogno dell’esistenza delle cose create, mentre la conoscenza delle creature ha bisogno dell’esistenza degli oggetti della conoscenza. Se la conoscenza divina avesse bisogno di qualche altra cosa, sarebbe come la conoscenza delle creature e non sarebbe la conoscenza di Dio. Infatti ciò che è Preesistente non può essere paragonato a ciò che è originato e ciò che è originato è l’opposto dì ciò che è Preesistente. Ciò che attribuiamo alla creatura fra i requisiti della condizione di essere una creatura lo neghiamo nei confronti di Dio. Infatti essere santificato ed eccelso al di sopra di ogni imperfezione è una delle caratteristiche dell’Essere Necessario.

Per esempio, in ciò che è originato vediamo l’ignoranza, nel Preesistente riconosciamo la conoscenza. In ciò che è originato vediamo la debolezza, nel Preesistente riconosciamo la forza. In ciò che è originato vediamo la povertà, nel Preesistente riconosciamo la ricchezza. Quindi ciò che è originato è la sorgente di tutte le imperfezioni e il Preesistente è il compendio di tutte le perfezioni. E poiché la conoscenza di ciò che è originato ha bisogno di oggetti della conoscenza, la conoscenza del Preesistente deve esserne indipendente. Ne consegue che le specificazioni e le individuazioni delle cose create, che sono gli oggetti della conoscenza divina, non sono preesistenti. Inoltre gli attributi della perfezione divina non sono accessibile agli sforzi della mente umana, a tal punto da consentirci di decidere se la conoscenza divina abbia bisogno di oggetti oppure no.

In breve, quanto si è appena detto è la prova principale dei sufi. Se volessimo accennare a tutte le loro argomentazioni e ribattere, occorrerebbe moltissimo tempo. Quanto è stato detto è la prova decisiva e l’argomentazione più chiara che i dotti fra i sufi e i teosofi hanno proposto.

La vera Esistenza grazie alla quale tutte le cose esistono, cioè la realtà dell’Essenza divina grazie alla quale tutte le cose sono venute all’esistenza, è ammessa da tutti. La differenza consiste nel fatto che i sufi sostengono che le realtà di tutte le cose sono manifestazione dell’Uno, mentre i Profeti dicono che ne emanano. E fra manifestazione ed emanazione c’è una grande differenza. Apparizione come manifestazione significa che una singola cosa appare in infinite forme. Per esempio quando un seme, cioè un singolo oggetto dotato delle perfezioni del regno vegetale, si manifesta, esso si risolve nelle infinite forme dei rami, delle foglie, dei fiori e dei frutti. Si dice che questa è un’apparizione come manifestazione. Invece nell’apparizione per emanazione, l’Uno rimane trascendente nelle vette della sua santità, ma l’esistenza delle creature deriva da Esso per emanazione e non per manifestazione. Si può fare il paragone del sole. I raggi emanano da esso e si riversano su tutte le cose, ma il sole resta trascendente nelle vette della sua santità. Non discende, non si risolve nelle forme dei raggi, non appare nell’identità delle cose grazie alla specificazione e all’individuazione. Ciò che è Preesistente non diventa ciò che è originato, l’assoluta ricchezza non diventa preda della povertà, la pura perfezione non si trasforma in assoluta imperfezione.

Ricapitolando, i sufi parlano solo di Dio e della creazione e credono che Dio Si risolva e Si manifesti nelle infinite forme della Sua creazione, come il mare che appare nelle infinite forme delle onde. Queste onde originate e imperfette sono identiche al Mare preesistente, che è il compendio di tutte le perfezioni divine. Per contro, i Profeti credono che esistano tre cose: il mondo di Dio, il mondo del Regno e il mondo della creazione. La prima emanazione è l’effusione della grazia del Regno, che emana e appare nella realtà di tutte le cose, come i raggi che emanano dal sole si rispecchiano in tutte le cose. E quella grazia, cioè i raggi, appare in infinite forme nelle realtà di tutte le cose e si specifica e si individualizza secondo la loro capacità, la loro recettività e la loro essenza. Ma l’affermazione dei sufi comporta che la ricchezza assoluta discenda nel grado della povertà, che ciò che è Preesistente si limiti alle forme originate e che la quintessenza della forza si rifletta nello specchio della debolezza e si assoggetti alle limitazioni del mondo contingente. E questo è un evidente errore, perché osserviamo che la realtà dell’uomo, che è la più nobile di tutte le creature, non discende nella realtà dell’animale, che l’essenza dell’animale, dotato delle facoltà dei sensi, non si abbassa al grado delle piante e che la realtà delle piante, che è la capacità della crescita, non si degrada nella realtà del minerale.

In breve, le realtà superiori non discendono né si abbassano al grado delle realtà inferiori. Come potrebbe dunque la Realtà universale di Dio, che trascende qualsiasi descrizione e attribuzione, risolverSi, malgrado la Sua assoluta santità e purezza, nelle forme e nelle realtà del mondo contingente, che sono la sorgente dell’imperfezione? Questa è pura fantasia e una congettura insostenibile. E invece, questa santa Essenza è il compendio di tutte le perfezioni divine e signorili e tutte le creature sono illuminate dalla Sua apparizione per emanazione e ricevono le luci della Sua perfezione e della Sua bellezza celestiali, allo stesso modo in cui tutte le creature terrene ricevono la grazia della luce dei raggi del sole, senza che il sole discenda e si abbassi alle realtà degli esseri terreni che la ricevono.

Dopo cena, data l’ora tarda, non c’è tempo per ulteriori spiegazioni.

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QUATTRO METODI PER ACQUISTARE LA CONOSCENZA

I criteri della comprensione che si conoscono sono soltanto quattro, cioè quattro criteri mediante i quali la realtà delle cose può essere compresa.

Il primo criterio è quello dei sensi, cioè tutto ciò che l’occhio l’orecchio, il gusto, l’olfatto e il tatto percepiscono è chiamato «sensibile». Tutti i filosofi europei contemporanei affermano che esso è il criterio più perfetto. Essi affermano che il principale criterio è quello dei sensi e lo considerano sacrosanto. Ma il criterio dei sensi è imperfetto, perché può sbagliare. Per esempio, il senso più importante è la facoltà della vista. Ma la vista vede acqua nel miraggio, vede le immagini riflesse negli specchi come se fossero reali ed esistenti, vede grandi corpi lontani come se fossero piccoli, percepisce un punto rotante come un cerchio, s’immagina che la terra sia ferma e il sole si muova ed è soggetta a molti altri errori analoghi. Perciò non possiamo fidarcene completamente.

Il secondo è il criterio dell’intelletto, che era il principale criterio della comprensione adottato da quelle colonne di saggezza che furono gli antichi filosofi. Essi deducevano le cose mediante il potere della mente e si fidavano delle prove logiche. Tutti i loro argomenti sono basati sulla ragione. Ma, malgrado ciò, fra loro c’erano grandi divergenze di opinione. A volte cambiavano idea. Per vent’anni dimostravano l’esistenza di una data cosa con argomenti razionali, per poi negarla con argomenti altrettanto razionali. Tant’è vero che Platone dimostrò dapprima con argomenti razionali che la terra era immobile e il sole si muoveva e poi – sempre con argomenti razionali – dimostrò che il sole era al centro e che la terra si muoveva. In seguito si diffuse la teoria tolemaica e la teoria di Platone fu completamente dimenticata, finché un moderno astronomo non la riportò in vita. Così, sebbene si affidassero ad argomenti razionali, i matematici dissentirono fra loro.

Allo stesso modo, i filosofi risolvevano in un dato momento un determinato problema con argomenti razionali, per negarne poi la soluzione in un altro momento sempre con argomenti della stessa natura. Talvolta un filosofo sosteneva fermamente, adducendo vari argomenti e prove in appoggio, un’opinione che poi egli stesso contraddiceva con altri argomenti razionali.

È quindi evidente che il criterio della ragione è imperfetto. Lo dimostrano le divergenze degli antichi filosofi, la loro instabilità e la loro propensione a cambiare idea. Se il criterio dell’intelletto fosse perfetto, avrebbero dovuto essere stati tutti uniti nelle idee e concordi nelle opinioni.

Il terzo criterio è quello della tradizione, cioè, il testo delle sacre Scritture, quando si dice: «Dio così parlò nella Torà» oppure: «Dio così parlò nel Vangelo». Anche questo metodo è imperfetto, poiché le tradizioni sono comprese mediante la mente. E poiché la mente è soggetta a commettere errori, come si può dire che consegua la perfetta verità e non sbagli nel comprendere e dedurre il significato delle tradizioni? Infatti, essa è soggetta all’errore e non è certamente in grado di guidarci alla certezza. Questo è il criterio dei capi religiosi. Qualunque cosa essi comprendano del testo del Libro è sempre ciò che la loro mente può comprendere e non è necessariamente la verità della questione, perché la mente è come una bilancia e i significati contenuti nei testi sono come gli oggetti pesati. Se la bilancia non è esatta, come si potrà accertare il peso?

Sappiate quindi che ciò che è nelle mani della gente, ciò che essi credono, è soggetto a errore. Poiché, se la prova addotta per dimostrare o confutare una cosa è presa dall’evidenza dei sensi, questo criterio non è perfetto. Altrettanto dicasi se la prova addotta è razionale. E così anche se le prove sono tradizionali. Perciò è chiaro che l’uomo non dispone di criteri della conoscenza di criteri dei quali si possa fidare.

Ma la grazia dello Spirito Santo è il vero criterio del quale non ci sono né dubbi né incertezze. Quella grazia consiste nelle confermazioni dello Spirito Santo che sono concesse all’uomo e mediante le quali si consegue la certezza.

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NECESSITA’ DI SEGUIRE GLI INSEGNAMENTI DELLE DIVINE MANIFESTAZIONI

Domanda. Coloro che compiono buone azioni, che amano tutti gli esseri umani, che hanno un carattere lodevole, che mostrano amore e gentilezza verso tutti, che si curano dei poveri e lavorano per la pace universale, che bisogno hanno degli insegnamenti divini, dai quali si credono indipendenti? Qual è la condizione di queste persone?

Risposta. Sappiate che modi, parole e azioni come questi devono essere lodati e approvati e sono la gloria del mondo umano. Ma queste azioni, da sole, non bastano. Sono un corpo di grande bellezza, ma privo di spirito. No, ciò che porta alla vita eterna, all’onore imperituro, all’illuminazione universale, al vero successo e alla vera salvezza è, in primo luogo, la conoscenza di Dio. È chiaro che essa precede ogni altra conoscenza ed è la massima virtù del mondo umano. Infatti, la comprensione della realtà delle cose conferisce un vantaggio materiale nel regno dell’essere e comporta il progresso della civiltà esteriore, ma la conoscenza di Dio apporta progresso e attrazione spirituali, vera visione, apparizione della civiltà divina, correzione della morale e illuminazione della coscienza.

In secondo luogo viene l’amore di Dio. La sua luce brilla nella lampada dei cuori grazie alla conoscenza di Dio e i suoi fulgidi raggi illuminano il mondo e conferiscono all’uomo la vita del Regno. In verità, l’amore di Dio è il frutto dell’esistenza umana, perché questo amore è lo spirito della vita eterna e della munificenza imperitura. Se non fosse per l’amore di Dio, il mondo contingente sarebbe immerso nel buio. Se non fosse per l’amore di Dio, i cuori degli uomini sarebbero privi della vita e degli stimoli della coscienza. Se non fosse per l’amore di Dio, le perfezioni del mondo umano svanirebbero. Se non fosse per l’amore di Dio, non esisterebbe alcuna vera connessione fra i cuori umani. Se non fosse per l’amore di Dio, l’unione spirituale andrebbe perduta. Se non fosse per l’amore di Dio, la luce dell’unità del genere umano si spegnerebbe. Se non fosse per l’amore di Dio, l’Oriente e l’Occidente non si abbraccerebbero come due amanti. Se non fosse per l’amore di Dio, la discordia e la divisione non si trasformerebbero in fraternità. Se non fosse per l’amore di Dio, l’estraniamento non cederebbe il passo all’unità. Se non fosse per l’amore di Dio, lo sconosciuto non diverrebbe amico. In verità, nel mondo umano l’amore è un raggio dell’amore di Dio e un riflesso della grazia della Sua munificenza.

È chiaro che le realtà umane differiscono l’una dall’altra, che le opinioni e le percezioni variano e che queste differenze di pensieri, di opinioni, di comprensione e di sentimenti fra le persone sono un requisito essenziale. Infatti le differenze di grado nella creazione sono una delle necessità dell’esistenza che si sviluppa in infinite forme. Perciò abbiamo bisogno di una forza universale che prevalga sui pensieri, sulle opinioni e sui sentimenti di tutti, che possa annullare queste divisioni e portare tutte le anime sotto l’influenza del principio dell’unità del genere umano. Ed è chiaro ed evidente che la massima forza esistente nel mondo umano è l’amore di Dio. Esso porta popoli diversi sotto l’ombra del tabernacolo dell’unità e favorisce il massimo amore e la più perfetta amicizia fra popoli e nazioni ostili e contendenti.

Guardate, dopo l’avvento di Cristo, quante nazioni, quante razze, quante famiglie e quante tribù si unirono all’ombra della Sua Parola grazie alla forza dell’amore di Dio. Differenze e divisioni millenarie furono completamente eliminate. L’inganno della superiorità di una razza e di una nazione sparì. Si conseguì l’unità delle anime e dei sentimenti. Tutti divennero cristiani in spirito e verità.

La terza virtù dell’umanità è la bontà delle intenzioni che è la base di tutte le buone azioni. Alcuni ricercatori della verità hanno considerato l’intenzione superiore all’azione, perché una buona intenzione è luce assoluta, interamente santificata dalla minima traccia di malizia, intrigo o inganno. Ora, un uomo può compiere un’azione che sembra giusta, ma in realtà è dettata dall’interesse personale. Per esempio, il macellaio alleva la pecora e la protegge. Ma la sua buona azione è dettata dalla speranza di trarne profitto e il risultato di tanta cura è la macellazione di quella povera bestia. Quante azioni buone e giuste sono in realtà dettate dall’interesse personale! Ma l’intenzione pura è scevra da queste pecche.

In breve, le buone azioni sono perfette e complete solo dopo che si è acquisita la conoscenza di Dio, che si è manifestato l’amore di Dio e si sono conseguite l’attrazione spirituale e le buone intenzioni. Altrimenti, per quanto lodevole, una buona azione che non scaturisca dalla conoscenza di Dio, dall’amore di Dio e dall’intenzione sincera è imperfetta. Per esempio, l’esistenza umana deve riunire in sé tutte le perfezioni per essere completa. Il potere della vista è estremamente apprezzabile e prezioso, ma dev’essere sorretto dall’udito. L’udito è altamente apprezzabile, ma dev’essere completato dal potere dell’eloquio. L’eloquio è altamente pregevole, ma dev’essere assistito dal potere della ragione e così via, per le altre facoltà, per gli altri organi e per le altre membra dell’uomo. Quando tutte queste facoltà, questi sensi, queste parti e questi organi coesistano, si consegue la perfezione.

Oggi s’incontrano nel mondo anime che desiderano sinceramente il bene di tutti, che fanno tutto ciò che è in loro potere per aiutare i poveri e soccorrere gli oppressi e che sono devote alla pace e al benessere universali. Ma, pur perfette sotto questo aspetto, tuttavia, esse restano prive della conoscenza e dell’amore di Dio e perciò sono imperfette.

Galeno, il medico, nel suo commentario del trattato di Platone sull’arte del governo, scrisse che le credenze religiose hanno una profonda influenza sulla vera civiltà. La prova è la seguente. La moltitudine non può capire una sequenza di argomentazioni logiche e ha perciò bisogno di allusioni simboliche che annuncino ricompense e punizioni in un altro mondo. Ne è la prova che oggi vediamo un popolo, chiamato cristiano, che crede nelle ricompense e nelle punizioni dell’altro mondo e che compie buone azioni simili a quelle del vero filosofo. Così si vede chiaramente che essi non temono la morte e che, in virtù del loro ardente desiderio di giustizia ed equità, devono essere considerati come se fossero veri filosofi.

Riflettete, ora, quali devono essere state la sincerità, l’abnegazione, le emozioni spirituali, le pure intenzioni e le buone azioni dei credente cristiani perché Galeno, un medico-filosofo che non era cristiano, abbia attestato la bontà morale e le perfezioni di quella gente e abbia detto che essi erano veri filosofi. Quelle virtù e quelle qualità non possono essere conseguite soltanto per mezzo delle buone azioni. Se virtù significasse solo ottenere e fare qualcosa di buono, perché non lodiamo questa lampada accesa che illumina la stanza, il che è senza dubbio una buona cosa? Il sole nutre tutte le cose terrene e il suo calore e la sua luce ne favoriscono la crescita e lo sviluppo. C’è maggiore beneficio di questo? Eppure, dato che questo bene non proviene da buoni motivi o dall’amore e dalla conoscenza di Dio, esso non fa la minima impressione. E invece, quando un uomo offre a un altro una coppa d’acqua, gli si mostra apprezzamento e gratitudine. Qualcuno senza riflettere potrebbe dire: «Questo sole che dà luce al mondo e manifesta questa grande munificenza, deve sicuramente essere lodato e glorificato. Infatti, perché dovremmo lodare un uomo per un dono così modesto e non rendere grazie al sole?». Ma se guarderemo con l’occhio della verità, vedremo che il modesto dono offerto da questa persona nasce dagli stimoli della coscienza ed è perciò lodevole, mentre la luce e il calore del sole non sono dovuti a questo e perciò non sono degni della nostra lode e della nostra gratitudine. Allo stesso modo, coloro che compiono buone azioni devono essere lodati, ma queste azioni, se non scaturiscono dalla conoscenza e dall’amore di Dio, sono sicuramente imperfette.

A parte questo, se considerate la questione con giustizia, vedrete che anche le buone azioni dei non credenti hanno origine dagli insegnamenti divini. Vale a dire, gli antichi Profeti esortarono gli uomini a compierle, ne spiegarono i vantaggi e ne esposero gli effetti positivi. In seguito questi insegnamenti si diffusero fra gli uomini, raggiungendo poi anche le anime dei non credenti e indirizzando i loro cuori verso queste perfezioni. E quando essi scoprirono che queste azioni erano lodevoli ed erano motivo di gioia e di felicità fra gli uomini, anch’essi vi si uniformarono. Quindi anche queste azioni nascono dagli insegnamenti di Dio. Ma per vederlo occorre una certa misura di equanimità e non servono dispute e controversie.

Sia lodato Iddio, voi avete visitato la Persia e avete visto la benevolenza che, grazie alle sante brezze di Bahá’u’lláh, i persiani hanno imparato a mostrare verso tutta l’umanità. In precedenza, se incontravano i seguaci di un’altra religione, li maltrattavano, mostravano profonda inimicizia, odio e malanimo, arrivando perfino a considerarli impuri. Bruciavano Vangeli e Torà e, se si contaminavano le mani toccando quei Libri, se le lavavano. Ma oggi, la maggior parte di loro recita e canta – a seconda dei requisiti dell’occasione – il contenuto di questi due Libri nelle assemblee e nelle riunioni e ne spiega i significati interiori e i misteri. Essi mostrano gentilezza verso i nemici e trattano lupi sanguinari con tenera cura, come se fossero gazzelle dei prati dell’amore di Dio. Avete visto il loro comportamento e il loro carattere e avete sentito come era la morale dei persiani nei tempi antichi. Questa trasformazione della morale e questo miglioramento del linguaggio e della condotta sono forse possibili altrimenti che mediane l’amore di Dio? No, in nome di Dio! Se volessimo diffondere questa morale e questi costumi solamente mediante la conoscenza e il sapere, passerebbero migliaia d’anni e non si riuscirebbe a diffonderli fra le masse.

Eppure oggi, grazie all’amore di Dio, ci siamo riusciti con la massima facilità. Siate avvertiti, o voi che avete cuori che comprendono!

`Abdu'l-Bahá

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